Riassunto: Un’altra allodola

Luca Pelletta non avrebbe riconosciuto alla stazione di Roma Santi Currao, se questi non gli si fosse fatto avanti chiamandolo ripetutamente:

– Amico Pelletta! Amico Pelletta!

Così inizia Un’altra allodola(L. Pirandello), una novella che esamina, dopo significativa sfortuna e perdita, lo spirito umano. Esplora anche il bisogno e il valore della comunità nelle vite degli esseri umani… nei bei tempi e nei cattivi.

All’inizio ci vengono presentati i due protagonisti della novella, Luca Pelletta e Santi Currao. La storia è ambientata a Roma, vicino alla stazione ferroviaria (la Stazione Termini). Il Pelletta è appena arrivato, e il Currao è alla stazione per salutarlo.

(Anche se non sia esplicitamente affermato, ci sembra chiaro che il Pelletta e il Currao siano amici e che il Pelletta abbia informato il suo amico che aveva programmato di visitarlo. La nostra impressione è che i due uomini si siano conosciuti per qualche tempo, anche se sia stato un po’ di tempo dall’ultima visita.)

Ci viene detto che, a prima vista, il Pelletta non ha riconosciuto il suo amico. Il Pelletta ammette liberamente che lo è intontito dal viaggiare, tuttavia esamina attentamente il Currao, e sembra ancora credere che il suo aspetto è considerevolmente cambiato. Il Currao, a sua volta, non nega che è avvenuto un cambiamento, ma lo attribuisce al passare del tempo!

Intontito dal viaggio, tra la ressa e il rimescolio dei passeggeri che gli davano la vertigine, restò a mirarlo, sbalordito:

– Oh, tu Santi? E come mai? Così…

– Che cosa?

Quantum mutatus ab illo!

– Ma che abillo? Gli anni, amico Pelletta!

Il Pelletta concorda che è passato del tempo da quando si sono visti l’un l’altro, ma rimane dubbioso che ‘l’età’ sia l’unica spiegazione. Apprendiamo che il Currao è (o era) un maestro di musica di grande reputazione / rinomata; la sua apparizione adesso, tuttavia, suggerisce un declino del benessere piuttosto scioccante e profondo.

Gli anni, sì, ma anche… – Luca lo squadrò alla luce delle lampade elettriche. Gli anni? E quel vestito? Un gran maestro di musica, con quella camicia, con quella giacca, con quei calzoni e quelle scarpe? Dunque, nella miseria? E quella barba incolta, già quasi grigia, cresciuta più sulle gote che sul mento? e quella faccia pallida e grassa? e quelle occhiaje gonfie intorno agli occhi acquosi? Come mai? Era divenuto anche più corto di statura?

Il Currao sembra esser in grado di ‘sentirsi’ l’esaminazione del Pelletta: sembra esser ben consapevole di quanto è cambiato — certo, adesso, molto in peggio — il suo aspetto. Il Currao promette che fornirà una spiegazione a tempo debito. Per ora, lo dice, sarebbe meglio lasciare la stazione.

Sotto gli occhi di Luca Pelletta pieni di tanto stupore, le labbra del Currao si allargarono a un ghigno muto:

– Tu sei ricco, amico Pelletta e il tempo non ti deteriora. Andiamo, andiamo! Ma ti pongo questo patto: non una parola sul paesaccio in cui io e tu abbiamo avuto la sciagura di nascere. Chi è vivo è vivo, chi è morto è morto: non voglio saperne nulla.

Il Currao spiega che non c’è bisogno d’una carrozza / vettura, visto che il suo appartamento è abbastanza vicino alla stazione.

Non c’è bisogno di prendere la vettura: sto qua in fondo al viale.

(Il lettore può accettare questa spiegazione al valore nominale, ma il sospetto resta / indugia / attarda che il Currao non possa permettersi il costo d’una carrozza / vettura, cioè, che la sua unica scelta sia quella di camminare.)

Poi veniamo a sapere che il Pellotta non ha portato bagagli con sé… tranne due pacchetti con libri e biancheria intima.

Da’ a me la valigia o la cassetta.

– No, grazie: me le porto da me; non pesano molto.

– Il bagaglio lo lasci in deposito alla stazione?

– Quale bagaglio? – fece Luca Pelletta. – Ho questi due colli soltanto: libri e biancheria.

– Ti tratterrai dunque poco?

– No, perché? Sono venuto forse per sempre.

– Così a mani vuote?

(Anche se non sia esplicitamente dichiarato, il Pelletta sembra aver precedentemente suggerito che intende rimaner a Roma per un lungo periodo di tempo e, di conseguenza, l’assenza di bagagli non sembra aver senso. Tuttavia, quest’impressione cambia abbastanza presto… sospettiamo che, in ogni probabilità, il Pelletta si sia anche sperimentato significativa sfortuna e perdita. Sebbene il Pelletta fornisca pochi dettagli, i due pacchetti possano in realtà rappresentare la somma totale dei suoi possedimenti terreni.)

I due uomini camminano in silenzio verso l’appartamento del Currao. Allora Il Pelletta chiede della moglie del amico. Apprendiamo che il Currao e sua moglie si sono separati, sebbene entrambi hanno scelto di vivere a Roma. Ancora una volta, il Currao promette d’inserire i dettagli in breve tempo.

Andarono per un tratto in silenzio.

– La tua signora? – s’arrischiò a domandare Luca alla fine. Il Currao abbassò la testa e borbottò:

– Sono solo.

– È fuori di Roma?

– È a Roma, amico Pelletta. Ti dirò a casa.

A questo punto della storia, noi sospettiamo fortemente che entrambi gli uomini abbiano sofferto significativa sfortuna e perdita. Sembrano esser ben istruiti, e sospettiamo che, in una volta, loro appartenessero alla classe media. Anche se tutt’e due sembrino adesso esser impoveriti, probabilmente vale la pena notare che nessuno sia senzatetto o sia stato obbligato a mendicare per strada… (dopotutto, il Pelletta ha potuto acquistare un biglietto ferroviario, sebbene non di prima classe, e il Currao vive in modo indipendente — in un appartamento, sebbene, come vedremo, uno decrepito).

Mentre gli uomini camminano, Il Currao chiede al Pelletta della vita sua: sembra ricordare che lui sia ricco, ma il Pelletta lo corregge… lo informa esplicitamente che entrambi gli uomini hanno soffertoun capitombolo. Anche così, diventa evidente l’ottimismo / resilienza del Pelletta: tenta lui di dare un ‘giro positivo’ nelle sue circostanze attuali.

Parliamo ora di te. Ma il pretto necessario e basta. Perché sei venuto a Roma? Sono una bestia. Dimenticavo che tu hai quattrini da buttar via.

– T’inganni… – corresse con un sorrisetto bonario il Pelletta. – Ho sì quanto mi basta: poco; ma io ho bisogno di poco. Nulla da buttar via. È vero che, in compenso, ora sono divenuto padrone del mio. Abbiamo fatto quasi un capitombolo, sai? Per miracolo la miseria non ha battuto alla nostra porta. Ma, in compenso, ti ripeto, ora sono libero e padrone…

A questo punto il Currao chiede al suo amico perché ha deciso di venire a Roma,

– … del tuo. Sta bene. Ma se non sei più ricco, perché sei venuto a Roma?

…e, ancora una volta, il Pelletta rinvia la sua spiegazione fino a dopo.

– Vedrai! – sospirò Luca, socchiudendo di nuovo gli occhi misteriosamente. – È la mia città. L’ho sempre sognata.

Dei due, il Currao è quello più franco / diretto (e forse più amareggiato / meno ottimisto).

– Amico Pelletta, ho un vago sospetto, – riprese Santi Currao. – Ti fiuto: tu puzzi. Di’ la verità, sei più miserabile di me?

Finalmente apprendiamo dalla disperata situazione del Pelletta: potrebbe non aver fatto il bagno da un po’ di tempo, e, in sostanza, non ha alcun reddito.

– No, perché? – fece Luca, istintivamente; subito si riprese: – Forse no…

– Questo tuo, di’ un po’, a quanto ammonta?

– Rendituccia modesta, ma sicura: cinque lire al giorno. Mi bastano.

Il Currao sembra rattristato ed arrabbiato da questa notizia.

Santi Currao sghignò forte, squassando la testa.

– Centocinquanta lire al mese?! E che te ne fai?

Gli uomini arrivano all’appartamento. Per un ragione che non capiamo bene, il Currao lo chiede di parlare sottovoce una volta all’interno dell’appartamento.

Arrivati in fondo al viale, il Currao si cacciò nel portoncino di casa e, prima di mettersi a salire, disse a Luca:

– Ti prego di parlare sottovoce.

L’appartamento è una stanza sola… è squallida e sporca, in disordine ed appena arredata.

Un camerotto squallido, sudicio, in disordine, con un letto in un angolo, non rifatto chi sa da quanti giorni; un tavolino rustico, senza tappeto, presso l’unica finestra; un attaccapanni appeso alla parete; seggiole impagliate; un lavamano.

Il Currao accende una luce, e chiede l’amico se vuole rinfrescarsi.

Santi Currao accese il lume sul tavolino, e invitò l’amico a sedere.

– Se vuoi lavarti, lì c’è l’occorrente.

Il Pelletta chiede se c’è uno specchio, e il Currao risponde dicendo che pensa che ci sia uno da qualche parte… ma non è sicuro perché non ne usa mai.

– E… non hai uno specchio? – domandò afflitto e reso timido da tanta miseria, Luca, guardando in giro le pareti polverose.

Avevo lì, presso l’asciugamani, uno specchio, se non m’inganno. Se lo sono portato via.

– E come fai per guardarti? – domandò Luca, costernato.

– Non ci penso neppure!

Poi vediamo che oltre alla sua discesa nella povertà, il Currao sembra aver subito una perdita di rispetto (statura e importanza), cioè, la nostra impressione è che lui sia isolato / ‘invisibile’, cioè, rimosso dalla sua cerchia sociale di amici e colleghi, e che la vita l’ha superato. (Pensiamo che tutto questo insieme possa esser inteso come una ‘perdita d’identità’.) Il Currao sembra anche esser arrabbiato e amaro, e immaginiamo che possa aver perso il rispetto di sé.

– Pago dodici lire al mese, amico Pelletta, e non sono rispettato. Do qualche lezione di musica, e non mi pagano; viene la fine del mese, e io non pago; e più non pago, e meno sono rispettato.

Il Pelletta sembra esser preso alla sprovvista dal comportamento ed atteggiamento del amico suo. Sembra preoccuparsi che il Currao abbia perso ogni speranza. Il Pelletta tenta di incoraggiare / sostenere l’amico suo, ma lui è in gran parte infruttuoso.

– Fai male, Santi! Perché, il fisico…

– Il vero fisico è il pane, amico Pelletta! – sentenziò bruscamente il Currao.

– Ah, nego, nego… – fece Luca. – Non solo pane vivit homo…

– E intanto, – concluse Santi, – prima base, ci vuole il pane. Non dire sciocchezze e, per giunta, in latino.

Gli uomini rimangono in silenzio per un po’.

Rimasero un buon pezzo in penoso silenzio. Santi Currao sedette presso il tavolino, con la testa bassa e gli occhi fissi sul pavimento.

(A questo punto la nostra impressione è che si siano affezionati a vicenda: sebbene ciascuno degli uomini abbia impiegato del tempo per rivelare tutta la sua sfortuna, nessuno dei due sembra ricorrere alle bugie o gli inganni. Quindi la nostra impressione è che si fidono l’un l’altro .)

Poi il Pelletto chiede al Currao di sua moglie. Impariamo che lei l’ha lasciato.

Luca Pelletta dritto sulla vita, accigliato, lo esaminava.

– E dunque… la tua signora?

Il Currao alzò il testone e guardò un pezzo negli occhi l’amico. – E dalli con la mia signora! – Si scoprì il capo solennemente; si batté più volte l’ampia fronte rischiarata dal lume:

– Vedi? Cervo! – esclamò; e le grosse pallide labbra, allargandosi a un orribile ghigno, scoprirono i denti serrati, gialli dai lunghi digiuni.

(Il povero Currao manifesta alcuni dei segni fisici della fame.)

Il Pelletta non capisce bene cosa stia cercando di dire il Currao (cosa intende “Cervo”?)… ma poi il Currao continua a spiegare che la povertà aveva forzato la moglie a lasciarlo. Il Currao descrive la moglie in termini ambigui: in un soffio la descrive come ‘virtuosa’, ma nel respiro successivo la descrive come ‘inutile’.

Luca Pelletta lo guardò perplesso, quasi consigliandosi con l’espressione del volto del Currao, se dovesse riderne o no.

– Cervo! cervo! – ripeté Santi, confermando col capo più volte di seguito. – E non l’ho cacciata io, sai! Se n’è andata via lei, da sé. Io sono così; – aggiunse, afferrandosi con ambo le mani la barbaccia incolta su le gote, – ma mia moglie era una bella e rispettabilissima signora! La povertà, amico Pelletta. Senza la povertà, forse non l’avrebbe fatto. Non era poi tanto cattiva, in fondo. È vero che io per lei fui marito esemplare: le portavo tutto quel po’ che guadagnavo… tranne qualche soldo per mantenermi l’occhio vivo. Ma è pur vero che l’uomo, per quanto porco sia, vale sempre mille volte più di qualunque donna. Dici di no, amico Pelletta? Ebbene, chi sa? forse no. Non si può dire. La povertà, capisci? Che fa il ferro al fuoco? Si torce. Ebbene, e tu, marito, arrivi fino al punto di dire a tua moglie: M’hai fatto le corna? T’hanno procacciato pane? Sì? E allora hai fatto benone! Danne un pezzetto anche a me!

Si alzò, e si mise a passeggiare per la camera, col testone sul petto e le mani dietro la schiena.

(Mentre spiega cos’è successo, il Currao sembra esprimere la sua profonda amarezza, tristezza, rabbia, risentimento, rammarico. L’aveva tradita. Era la povertà, cioè, la sua incapacità di provvedere a lei, che l’aveva costretta a tradirlo.)

Il Pelletta persiste, chiedendo cosa fa la moglie ora che vive da sola. Scopriamo che è diventata una prostituta.

– E ora… che fa? – domandò timidamente Luca.

Il Currao seguitò a passeggiare, come se non avesse udito la domanda.

– Non sai dov’è?

Il Currao si fermò davanti al lume:

– Fa la puttana! – disse.

A questo punto ci viene suggerito che la sfortuna del Pelletta potrebb’esser stata correlata a una malattia. Il Currao sembra capirlo.

– Non consumiamo petrolio inutilmente! Lavati, se lo credi proprio necessario. E usciamo. Non vuoi cenare?

– No… – rispose Luca. – Ho desinato a Napoli piuttosto bene.

– Non ci credo.

– Parola d’onore. Di’ un po’, come ti sembro?

– Compassionevole, amico Pelletta!

– No, dico! ti pare che stia male in faccia?

– No: ancora non pare, – fece Santi.

Il Pelletta riconosce che ora mangia meno di prima, e che, di conseguenza, soffra forse d’anemia.

– Eh sì, – affermò Luca – è un fatto che, a me, il mangiar poco mi conferisce. Ma forse sono un po’ troppo pallido questa sera, no?

– Sei pallido, perché sei povero! – raffibbiò il Currao.

Gli amici lasciano l’appartamento. Decidono d’andar a vedere il Colosseo di notte. (In ogni probabilità la passeggiata sarebbe in discesa e ci vorebbero 15-20 minuti.) Ancora una volta, il Pelletta tenta di incoraggiare e sostenere il suo amico.

– Via, usciamo! Tu vuoi certo vedere il Colosseo al lume di luna.

Luca accettò con entusiasmo la proposta, e s’avviarono in silenzio.

Davanti alla soglia di casa, il Pelletta trattenne per un braccio l’amico, poi gli batté la spalla con una mano e gli disse, socchiudendo gli occhi:

– Santi, risorgeremo! lascia fare a me!

– Statti quieto… – brontolò il Currao.

E tutti e due si perdettero nell’ombra.

***

“È proprio vero, Roma te divora come una barracuda e spesso non hai difesa.” (trovato sull’Instagram)

Leave a comment