Riassunto: Sole e ombra

Tra i rami degli alberi che formavano quasi un portico verde e lieve al viale lunghissimo attorno alle mura della vecchia città, la luna, comparendo all’improvviso, di sorpresa, pareva dicesse a un uomo d’altissima statura, che, in un’ora cosí insolita, s’avventurava solo a quel bujo mal sicuro:

– Sí, ma io ti vedo.

E come se veramente si vedesse scoperto, l’uomo si fermava e, spalmando le manacce sul petto, esclamava con intensa esasperazione:

– Io, già! io! Ciunna!

Inizia così Sole e ombra, una novella in cui L. Pirandello descrive con eleganza la tranquilla disperazione di un anziano signore, il Ciunna.

Signore Ciunna ha 72 anni; è sposato e ha almeno un figlio. Suo figlio ha quattro figli e la moglie è incinta. La famiglia è in una situazione un po’ disperate (la situazione non è esplicitamente descritto).

Signore Ciunna lavora in un magazzino generale dei tabacchi. Mentre, un giorno, sta contando i soldi si prende / si ruba 2.700 lire. Sembra chiaro che signore Ciunna fosse preoccupato per la situazione disperata di suo figlio, e la malversazione (un peculato) fosse un atto sia impulsivo e insolito.

Signore Ciunna è un cittadino rispettato e venerato della città. Un garibaldino, è onorato per il suo servizio. Inoltre, signore Ciunna è amato: è divertente (ha un senso d’umorismo un po’ strano) e ha tanti amici.

All’inizio della novella signore Ciunna è da solo di notte, camminando lungo una strada pericolosa.

Via via, sul suo capo, tutte le foglie allora, frusciando infinitamente, pareva si confidassero quel nome: – Ciunna… Ciunna… – come se, conoscendolo da tanti anni, sapessero perché egli, a quell’ora, passeggiava cosí solo per il pauroso viale. E seguitavano a bisbigliar di lui con mistero e di quel che aveva fatto… ssss… Ciunna! Ciunna!

Lui allora si guardava dietro, nel bujo lungo del viale interrotto qua e là da tante fantasime di luna; chi sa qualcuno… ssss… Si guardava intorno e, imponendo silenzio a se stesso e alle foglie… ssss… si rimetteva a passeggiare, con le mani afferrate dietro la schiena.

Ha passato 15 giorni da quando signore Ciunna ha fatto la malversazione, e teme che presto sarà catturato e mandato in prigione. Immagina il suo incontro con la polizia:

Domani sarebbe arrivato l’Ispettore:

– Ciunna, qui mancano duemila e settecento lire.

– Sissignore. Me le son prese io, signor Ispettore.

– Prese? Come?

– Con due dita, signor Ispettore. 

– Ah sí? Bravo Ciunna! Prese come un pizzico di rapé? Le mie congratulazioni, da una parte; dall’altra, se non vi dispiace, favorite in prigione.

Tuttavia non può immaginare se stesso in carcere — non dopo una vita di rispetto, onore, coraggio, integrità e comunità. Veramente questo sarebbe impossibile.

– Ah no, ah mi scusi, signor cavaliere. Mi dispiace anzi moltissimo. Tanto che, se lei permette, guardi: domani Ciunna se ne scenderà in carrozza giú alla Marina. Con le due medaglie del Sessanta sul petto e un bel ciondolo di dieci chili legato al collo come un abitino, si butterà a mare, signor cavaliere. La morte è brutta; ha le gambe secche; ma Ciunna, dopo sessantadue anni di vita intemerata, in prigione non ci va.

Lui non riesce a dormire, e quindi cammina da solo di notte. Il lettore viene a comprendere che signore Ciunna soffre un’anima torturata (è preoccupato e si sente ansietà, angoscia, vergogna, paura, depressione, imbarazzo, disperazione, mancanza di speranza). Tuttavia nessuno nota il cambiamento nella sua personalità, cioè, dal momento della malversazione, in parte a causa della sua stravagante personalità.

Da quindici giorni, questi strambi soliloquii dialogati, con accompagnamento di gesti vivacissimi. E, come tra i rami la luna, facevan capolino in questi soliloquii un po’ tutti i suoi conoscenti, che eran soliti di pigliarselo a godere per la comica stranezza del carattere e il modo di parlare.

Signore Ciunna decide di fare suicidio. Lui considera l’uso di veleno (e si ottiene l’arsenico), ma eventualmente rifiuta questo metodo. Poi lui decide di annegarsi: impiegherà alcune delle medaglie che ha ricevuto prima, una decisione che secondo me illumina per il lettore il senso di vergogna del signore Ciunna.

Il giorno del suicidio arriva. Signore Ciunna ha fissato una carrozza che lo porterà dalla sua casa (giù per una collina) a una borgata marina. La giornata inizia con un senso di incredulità: anche se lui morirà presto, signore Ciunna segue il suo routine normale.

– C’è già la carrozza?

– Sissignore, è giú che aspetta.

Eccomi pronto! Ma, oh, le scarpe, Rosa! Aspetta: apro l’uscio.

Nello scendere dal letto per prendere le scarpe, altro stupore: aveva lasciato al solito, la sera avanti, le scarpe fuori dell’uscio, perché la serva le pulisse. Come se gli avesse importato d’andarsene all’altro mondo con le scarpe pulite.  

Terzo stupore innanzi all’armadio, dal quale si recò per trarne l’abito, che era solito indossare nelle gite, per risparmiar l’altro, il cittadino, un po’ piú nuovo, o meno vecchio.  

– E per chi lo risparmio adesso?

Signore Ciunna accorge questo comportamento strano. Secondo me si tratta di la prima volta che lui esita prima si suicida.

Insomma, tutto come se lui stesso in fondo non credesse ancora che tra poco si sarebbe ucciso. Il sonno… le scarpe… l’abito… Ed ecco qua, ora sta a lavarsi la faccia; e ora si fa davanti allo specchio, al solito, per annodarsi con cura la cravatta.  

– Ma che scherzo?  

Signore Ciunna scrive una lettera di suicidio a suo figlio e la lascia sul letto, dove è certo di essere trovato. Il viaggio verso la borgata marina offre uno scorcio nella mente di un uomo che morirà presto. La bellezza e la semplicità della campagna e della Natura è menzionato:

Oltrepassate le ultime case, allargò il petto alla vista della campagna che pareva allagata da un biondo mare di messi, su cui sornuotavano qua e là mandorli e olivi.

Vide alla sua destra sbucar da un carrubo una contadina con tre ragazzi; contemplò un tratto il grande albero nano, e pensò: “È come la chioccia che tien sotto i suoi pulcini”. Lo salutò con la mano. Era in vena di salutare ogni cosa, per l’ultima volta, ma senz’alcuna afflizione; come se, con la gioja che in quel momento provava, si sentisse compensato di tutto.

…e si presume che l’intento è quello di paragonare la Natura con la complessità e brutta realtà della vita moderna in paese.

Alla marina signore Ciunna incontra un amico, Tino Imbrò. L’Imbrò è espansivo e felice e vuole trascorrere la giornata con il Ciunna. (L’Imbrò ha di recente separato o divorziato dalla moglie.) Dopo qualche resistenza, il Ciunna consente. (Il Ciunna si sottomise alla vivace, affettuosa tirannía del giovanotto.)

Secondo me si tratta di la seconda volta che signore Ciunna esita.

I due uomini trascorrono la giornata insieme: in un bagno pubblico e una trattoria, e su una barca. La giornata sembra essere festosa e gioiosa e spensierata. È tarde la sera e signore Ciunna è ubriaco ma felice. Forse ha cambiato idea per quanto riguarda fare suicidio?

Il Ciunna si rende conto che ha una responsabilità permanente alla famiglia di suo figlio.

– Non si ha il diritto di rubare, lo so. Ma è da vedere se non se ne ha il dovere, perdio, quando quattro bambini ti piangono per il pane e tu questo schifoso denaro lo hai tra le mani e lo stai contando. La società non te ne dà il diritto; ma tu, padre, hai il dovere di rubare in simili casi. E io sono due volte padre per quei quattro innocenti là! E se muojo io, come faranno? Per la strada a mendicare? Ah no, signor Ispettore; la farò piangere io, con me.

Lui anche immagina che dopotutto non dovrà andare in prigione.

E se lei, signor Ispettore, ha il cuore duro come questo scoglio qua, ebbene, mi mandi pure davanti ai giudici: voglio vedere se avranno cuore loro da condannarmi. Perdo il posto? Ne troverò un altro, signor Ispettore! Non si confonda. Là, io, non mi ci butto! Ecco le paranze! Compro un chilo di triglie grosse cosí, e ritorno a casa a mangiarmele coi miei nipotini!

Signore Ciunna prende la carrozza sulla collina; lui intende tornare a casa. Il lettore spera… dopotutto signore Ciunna è un protagonista simpatico e si spera per il meglio!

Purtroppo questa è una novella di Pirandello. Signore Ciunna ricorda improvvisamente la lettera di suicidio. Immagina il dolore che la lettera ha causato alla famiglia; si rende conto, ancora una volta, una vergogna profonda. Ritorna rapidamente la sua disperazione.

A un tratto un guizzo nel cervello lo fece sobbalzare, e con la mano destra convulsa cominciò a grattarsi celermente la fronte:

– La lettera… la lettera…

Aveva lasciato la lettera per il figliuolo sul guanciale del letto. La vedeva. A quell’ora, in casa lo piangevano morto. Tutto il paese, a quell’ora, era pieno della notizia del suo suicidio. E l’Ispettore? L’Ispettore era certo venuto: “Gli avranno consegnato le chiavi; si sarà accorto del vuoto di cassa. La sospensione disonorante, la miseria, il ridicolo, il carcere”.

Per caso le pillole di veleno sono in tasca. Prende il veleno… morirà presto.

E subito, come se il pensiero gli avesse dato la sensazione attesa, si ritrasse, e con una mano si strinse il ventre. No: non sentiva ancor nulla. Però… Si passò una mano sulla fronte: ah! era già bagnata d’un sudor gelido! Il terrore della morte, alla sensazione di quel gelo, lo vinse: tremò tutto sotto l’enorme, nera, orrida imminenza irreparabile, e si contorse nella vettura, addentando un cuscino per soffocar l’urlo del primo spasimo tagliente alle viscere.

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