Riassunto: Marsina stretta

Marsina stretta (L. Pirandello) è meravigliosa! un vero piacere!

Chiunque abbia letto uno dei nostri riassunti di queste novelle (e Paola, la mia bellissima insegnante generosa e brillante ha pazientemente letto tutte loro!) comprenderà l’ammirazione che proviamo per le opere di Pirandello. Marsina stretta è speciale però a causa del carattere e della personalità del professore Gori, chi è, come noi americani diremmo, ‘a total mensch’ (cioè, è grandissimo). Pensiamo che tutti dovrebbero avere almeno una persona nelle loro vite che li sosterrà, guarderà fuori per il proprio comodità, e lotterà per il proprio benessere allo stesso modo che il Gori ha fatto per la carina Cesara Reis!

***

Marsina stretta inizia da introducendo il lettore al professore Gori, il uber protagonista della novella. Il Gori è di mezza età e un professionista—quindi un membro della classe media della società italiana; è anche uno scapolo, molto intelligente, pensoso / premuroso, e un iconoclasta. (A questo proposito, il Gori sembra essere un protagonista insolito, in quanto non ha paura di nuotare ‘controcorrente’ delle tradizioni e norme della società italiana.) Il Gori è anche impostato nelle sue vie ed emozionale (invece di essere, ad esempio, freddamente razionale); ha le sue priorità in ordine e può essere feroce.

Infine apprendiamo che il professor Gori è gravamente obeso: la scena d’apertura è esilarante, come il Gori cerca di inserirsi in un completo formale, una marsina, che ha noleggiato per una festa imminente.

Di solito il professor Gori aveva molta pazienza con la vecchia domestica, che lo serviva da circa vent’anni. Quel giorno però, per la prima volta in vita sua, gli toccava d’indossar la marsina, ed era fuori della grazia di Dio.

Veniamo a sapere che il Gori ha l’abitudine di improvvisamente diventare irritato, apparentemente, con la minima provocazione.

Già il solo pensiero, che una cosa di cosí poco conto potesse mettere in orgasmo un animo come il suo, alieno da tutte le frivolezze e oppresso da tante gravi cure intellettuali, bastava a irritarlo. L’irritazione poi gli cresceva, considerando che con questo suo animo, potesse prestarsi a indossar quell’abito prescritto da una sciocca consuetudine per certe rappresentazioni di gala con cui la vita s’illude d’offrire a se stessa una festa o un divertimento.

(Irritazione… la capacità del Gori di diventare irritato è un filo che corre molto abilmente in tutta la novella.)

Il professor Gori lotta con forza per trovare una marsina abbastanza grande per accogliere il suo corpo.

E poi, Dio mio, con quel corpaccio d’ippopotamo, di bestiaccia antidiluviana…

E sbuffava, il professore, e fulminava con gli occhi la domestica che, piccola e boffice come una balla, si beava alla vista del grosso padrone in quell’insolito abito di parata, senz’avvertire, la sciagurata, che mortificazione dovevano averne tutt’intorno i vecchi e onesti mobili volgari e i poveri libri nella stanzetta quasi buja e in disordine.

Un commesso da un negozio vicino ha portato un totale delle 12 marsine a casa del Gori per provare,

Quella marsina, s’intende, non l’aveva di suo, il professor Gori. La prendeva a nolo. Il commesso d’un negozio vicino glien’aveva portate su in casa una bracciata, per la scelta; e ora, con l’aria d’un compitissimo arbiter elegantiarum, tenendo gli occhi semichiusi e sulle labbra un sorrisetto di compiacente superiorità, lo esaminava, lo faceva voltare di qua e di là, – Pardon! Pardon! -, e quindi concludeva, scotendo il ciuffo:

– Non va.

…una sempre più stretta rispetto alle altre!

Il professore sbuffava ancora una volta e s’asciugava il sudore.

Ne aveva provate otto, nove, non sapeva piú quante. Una piú stretta dell’altra. E quel colletto in cui si sentiva impiccato! e quello sparato che gli strabuzzava, già tutto sgualcito, dal panciotto! e quella cravattina bianca inamidata e pendente, a cui ancora doveva fare il nodo, e non sapeva come!

Alla fine il commesso si compiacque di dire:

– Ecco, questa sí. Non potremmo trovar di meglio, creda pure, signore.

Il professor Gori ha una serva che sembra aver lavorato per lui per molti anni—sembra capire bene le sue abitudini e gli stati d’animo—ed è ovvio (per lo meno a me) che lei è preoccupata di lui. Penso che il Gori anche prenda cura di lei (anche se questo possa essere difficile da discernere perché le loro interazioni sono destinate a far ridere il lettore).

Il professor Gori tornò prima a fulminar con uno sguardo la serva, per impedire che ripetesse: -Dipinta! Dipinta! -; poi si guardò la marsina, in considerazione della quale, senza dubbio, quel commesso gli dava del signore:

Nessuna delle marsine è abbastanza grande. Ciònonostante il Gori decide di noleggiare l’ultima marsina che ha provato (anche se quella è effettivamente la più stretta di tutte).

poi si rivolse al commesso:

– Non ne ha piú altre con sé?

– Ne ho portate sú dodici, signore!

– Questa sarebbe la dodicesima?

– La dodicesima, a servirla.

– E allora va benone!

Era piú stretta delle altre.

Il commesso (ha un’aria di rispetto di sé e presenta un senso di buone maniere) cerca di fare il meglio di una situazione difficile.

Quel giovanotto, un po’ risentito, concesse:

– Strettina è, ma può andare. Se volesse aver la bontà di guardarsi allo specchio…

– Grazie tante! – squittí il professore. – Basta lo spettacolo che sto offrendo a lei e alla mia signora serva.

Quegli, allora, pieno di dignità, inchinò appena il capo, e via, con le altre undici marsine.

Poi veniamo a sapere che il Gori ha aspettato fino all’ultimo minuto per noleggiare la marsina. L’evento è la sera stessa: in realtà inizia in un’ora e ci vorranno 20 minuti per viaggiare da casa sua al sito! (Nessuna spiegazione viene data, e il lettore è lasciato a speculare: è distratto? procrastina? indifferente di dettagli?)

Il professor Gori ha poche opzioni (ad esempio non c’è tempo per la serva di modificare la marsina) quindi lui deve ‘sorridere e sopportare’ la marsina stretta che ha scelto.

– Ma è credibile? – proruppe con un gemito rabbioso il professore, provandosi ad alzar le braccia.

La serva accompagna il commesso alla porta d’ingresso e poi ritorna.

Rientrò nella stanzetta la vecchia serva che aveva accompagnato fino alla porta il commesso.

– Zitta! – le impose subito il professore. – Provate, se vi riesce, a finir di strozzarmi con questa cravatta.

– Piano piano… il colletto… – gli raccomandò la vecchia serva. E dopo essersi forbite ben bene con un fazzoletto le mani tremicchianti, s’accinse all’impresa.

Il verdetto? Impossibile!!

Regnò per cinque minuti il silenzio: il professore e tutta la stanza intorno parvero sospesi, come in attesa del giudizio universale.

– Fatto?

– Eh… – sospirò quella.

Il professor Gori scattò in piedi, urlando:

– Lasciate! Mi proverò io! Non ne posso piú!

E poi, in fretta e frustrato, il Gori muove mentre guardando se stesso in uno specchio, e si divide la cucitura della marsina.

Ma, appena si presentò allo specchio, diede in tali escandescenze, che quella poverina si spaventò. Si fece, prima di tutto, un goffo inchino; ma, nell’inchinarsi, vedendo le due falde aprirsi e subito richiudersi, si rivoltò come un gatto che si senta qualcosa legata alla coda; e, nel rivoltarsi, trac!, la marsina gli si spaccò sotto un’ascella.

Il professor Gori esplode. La serva cerca di aiutarlo,

Diventò furibondo.

– Scucita! scucita soltanto! – lo rassicurò subito, accorrendo, la vecchia serva. – Se la cavi, gliela ricucio!

…ma lei è respinta!

– Ma se non ho piú tempo! – urlò, esasperato, il professore. – Andrò cosí, per castigo! Cosí… Vuol dire che non porgerò la mano a nessuno. Lasciatemi andare.

Eventualmente il Gori decide d‘indossare un soprabito per nascondere la marsina scucita.

S’annodò furiosamente la cravatta; nascose sotto il pastrano la vergogna di quell’abito; e via.

E poi, come esce, l’irritazione placa—con quasi la stessa rapidità che è cresciuta—una volta che i suoi pensieri rivolgono a Cesara Reis, una ex studente che si sposerà quella sera.

Alla fin fine, però, doveva esser contento, che diamine! Si celebrava quella mattina il matrimonio d’una sua antica allieva, a lui carissima: Cesara Reis, la quale, per suo mezzo, con quelle nozze, otteneva il premio di tanti sacrifizii durati negli interminabili anni di scuola.

Il professor Gori ricorda sia la Reis e il suo fidanzato, Andrea (un uomo ricco e vecchio, un vedovo e il padre di alcune bambine). In realtà il Gori ha introdotto la Reis ad Andrea: quando gli viene chiesto, il Gori ha suggerito che Cesara potrebbe servire come una governante per le bambine; Andrea e Cesara si sono innamorati un po’ di tempo dopo lei ha iniziato a lavorare per lui.

Il professor Gori, via facendo, si mise a pensare alla strana combinazione per cui quel matrimonio s’effettuava. Sí; ma come si chiamava intanto lo sposo, quel ricco signore vedovo che un giorno gli s’era presentato all’Istituto di Magistero per avere indicata da lui una istitutrice per le sue bambine?

– Grimi? Griti? No, Mitri! Ah, ecco, sí: Mitri, Mitri.

(La dimenticanza visto qui è allo stesso tempo divertente e, credo io, in linea con ciò che sappiamo della sua mancanza d’attenzione ai dettagli.)

Allora impariamo sulla personalità e il carattere di Cesara Reis: è giovane e inesperta, fedele, umile, di coscienza, sincera e laboriosa… insomma una bravissima persona, cioè, una persona che il Gori ammira… vuole aiutarla in qualsiasi modo possibile.

Cosí era nato quel matrimonio. La Reis, povera figliuola, rimasta orfana a quindici anni, aveva eroicamente provveduto al mantenimento suo e della vecchia madre, lavorando un po’ da sarta, un po’ dando lezioni particolari: ed era riuscita a conseguire il diploma di professoressa. Egli, ammirato di tanta costanza, di tanta forza d’animo, pregando, brigando, aveva potuto procacciarle un posto a Roma, nelle scuole complementari. Richiesto da quel signor Griti…

In un primo momento la Reis non vuole il lavoro soprattutto a causa d’un senso d’obbligo per sua mamma (è vecchia e fragile).

– Griti, Griti, ecco! Si chiama Griti. Che Mitri! – gli aveva indicato la Reis. Dopo alcuni giorni se l’era veduto tornar davanti afflitto, imbarazzato. Cesara Reis non aveva voluto accettare il posto d’istitutrice, in considerazione della sua età, del suo stato, della vecchia mamma che non poteva lasciar sola e, sopra tutto, del facile malignare della gente. E chi sa con qual voce, con quale espressione gli aveva dette queste cose, la birichina!

E poi ci viene detto quanto segue:

Bella figliuola, la Reis: e di quella bellezza che a lui piaceva maggiormente: d’una bellezza a cui i diuturni dolori (non per nulla il Gori era professore d’italiano: diceva proprio cosí “i diuturni dolori”) d’una bellezza a cui i diuturni dolori avevano dato la grazia d’una soavissima mestizia, una cara e dolce nobiltà.

È facile capire questo come un po’ di autocompiacimento da Pirandello per l’uso della parola ‘diuturni’… diremmo noi, ‘attaboy’! (ben fatto!)

Poi veniamo a sapere che Andrea si è veramente innamorato di Cesara nonostante le obiezioni della sua famiglia,

Certo quel signor Grimi, fin dal primo vederla, se n’era perdutamente innamorato. Cose che capitano, pare. E tre o quattro volte, quantunque senza speranza, era tornato a insistere, invano; alla fine, aveva pregato lui, il professor Gori, lo aveva anzi scongiurato d’interporsi, perché la signorina Reis, cosí bella, cosí modesta, cosí virtuosa, se non l’istitutrice diventasse la seconda madre delle sue bambine. E perché no? S’era interposto, felicissimo, il professor Gori, e la Reis aveva accettato: e ora il matrimonio si celebrava, a dispetto dei parenti del signor… Grimi o Griti o Mitri, che vi si erano opposti accanitamente:

….e che il Gori può essere costante / risoluto di fronte alle avversità

– E che il diavolo se li porti via tutti quanti! – concluse, sbuffando ancora una volta, il grosso professore.

Il Gori ha acconsentito di servire come un testimone al matrimonio e lungo la strada si ferma in un negozio di fiori e compra un mazzo costoso per Cesara. Al suo arrivo presso nel sito della celebrazione, tuttavia, il professor Gori viene a sapere che le cerimonie sono state cancellate perché la mamma di Cesara è morta, inaspettatamente, la sera prima.

Il portinajo, con aria compunta, gli domandò:

– Va sú per il matrimonio, il signore?

– Sí, signore. Invitato.

– Ma… sa, il matrimonio non si fa piú.

– Come?

– La povera signora… la madre…

– Morta? – esclamò il Gori, stupefatto, guardando il portone.

– Questa notte, improvvisamente.

Il professore restò lí, come un ceppo.

Il povero Gori sale le scale per accedere la sala dove le persone hanno raccolto.

Ed entrò. Si provò a salire a balzi la scala; vi riuscí per la prima branca soltanto. All’ultimo piano -maledetto pancione! – non tirava piú fiato.

Quello che segue è una scena—dettagliata e descritta abbastanza attentamente—in cui il professor Gori incontra la famiglia dell’Andrea; si rende conto le loro intenzioni.

Primo il Gori nota l’ombra che la morte della madre ha gettato sugli ospiti.

Introdotto nel salottino, sorprese in coloro che vi stavano radunati un certo imbarazzo, una confusione subito repressa, come se qualcuno, al suo entrare, fosse scappato via; o come se d’un tratto si fosse troncata un’intima e animatissima conversazione.

Il lettore ora capisce che ci sono due gruppi di persone—quelle allineate con Andrea e quelle con Cesara—e che esiste qualche tensione tra di loro. Forse una parte della tensione sia immaginata (dal Gori) ma un’altra parte sembra essere basata sulle differenze dello status economico fra i due gruppi.

Già impacciato per conto suo, il professor Gori si fermò poco oltre l’entrata; si guardò attorno perplesso; si sentí sperduto, quasi in mezzo a un campo nemico. Eran tutti signoroni, quelli: parenti e amici dello sposo. Quella vecchia lí era forse la madre; quelle altre due, che parevano zitellone, forse sorelle o cugine. S’inchinò goffamente. (Oh Dio, daccapo la marsina…) E, curvo, come tirato da dentro, volse un altro sguardo attorno, quasi per accertarsi se mai qualcuno avesse avvertito il crepito di quella maledettissima scucitura sotto l’ascella. Nessuno rispose al suo saluto, quasi che il lutto, la gravità del momento non consentissero neppure un lieve cenno del capo. Alcuni (forse intimi della famiglia) stavano costernati attorno a un signore, nel quale al Gori, guardando bene, parve di riconoscere lo sposo. Trasse un respiro di sollievo e gli s’appressò, premuroso.

– Signor Grimi…

– Migri, prego.

– Ah già, Migri… ci penso da un’ora, mi creda! Dicevo Grimi, Mitri, Griti… e non m’è venuto in mente Migri! Scusi… Io sono il professor Fabio Gori, si ricorderà… quantunque ora mi veda in…

Il fratello del Andrea riconosce il Gori come la persona che li ha introdotto Andrea e Cesara. (Quindi la persona incolpata per la proposta di matrimonio!)

– Piacere, ma… – fece quegli, osservandolo con fredda alterigia; poi, come sovvenendosi: – Ah, Gori… già! lei sarebbe quello… sí, dico, l’autore… l’autore, se vogliamo, indiretto del matrimonio! Mio fratello m’ha raccontato…

– Come, come? scusi, lei sarebbe il fratello?

– Carlo Migri, a servirla.

– Favorirmi, grazie. Somigliantissimo, perbacco! Mi scusi, signor Gri… Migri, già, ma… ma questo fulmine a ciel sereno… Già! Io purtroppo… cioè, purtroppo no: non ho da recarmelo a colpa diciamo… – ma, sí, indirettamente, per combinazione, diciamo, ho contribuito…

(Il maniere sottomesso del Gori è affascinante e divertente ma non riflette la sua capacità di combattere se provocato! Credo che uno degli obiettivi della novella sia illustrare / esplorare la trasformazione nel carattere del Gori.)

Il Gori viene introdotto alla madre del Andrea,

Il Migri lo interruppe con un gesto della mano e si alzò.

– Permetta che la presenti a mia madre.

– Onoratissimo, si figuri!

Fu condotto davanti alla vecchia signora, che ingombrava con la sua enorme pinguedine mezzo canapè, vestita di nero, con una specie di cuffia pur nera su i capelli lanosi che le contornavano la faccia piatta, giallastra, quasi di cartapecora.

– Mamma, il professor Gori. Sai? quello che aveva combinato il matrimonio di Andrea.

…e lei saluta il Gori in un modo un po’ freddo e distaccato.

La vecchia signora sollevò le pàlpebre gravi sonnolente, mostrando, uno piú aperto e l’altro meno, gli occhi torbidi, ovati, quasi senza sguardo.

– In verità, – corresse il professore, inchinandosi questa volta con trepidante riguardo per la marsina scucita, – in verità, ecco… combinato no: non… non sarebbe la parola… Io, semplicemente…

– Voleva dare un’istitutrice alle mie nipotine, – compí la frase la vecchia signora, con voce cavernosa. – Benissimo! Cosí difatti sarebbe stato giusto.

– Ecco, già… – fece il professor Gori. – Conoscendo i meriti, la modestia della signorina Reis.

– Ah, ottima figliuola, nessuno lo nega! – riconobbe subito, riabbassando le pàlpebre, la vecchia signora. – E noi, creda, siamo oggi dolentissimi…

Poi il lettore ha il primo scorcio reale dell’antipatia della famiglia verso il matrimonio.

– Che sciagura! Già! Cosí di colpo! – esclamò il Gori.

– Come se non ci fosse veramente la volontà di Dio, – concluse la vecchia signora.

Il Gori la guardò.

– Fatalità crudele…

Vedremo che le ragioni per l’antipatia della famiglia includono una preoccupazione per le convenzioni e le norme sociali, cioè, loro sembrano essere imbarazzato dal fatto che Andrea ha scelto di sposare una dipendente piuttosto che una donna da una famiglia tanta benestante come la sua. Ci possa anche essere una preoccupazione per l’ereditarietà… dopotutto Cesara erediterà un sacco di soldi quando Andrea muore. Infine, ci possa anche essere una preoccupazione che Andrea non tornerà a casa dopo il matrimonio quindi non riuscirà a soddisfare i suoi obblighi dell’azienda di famiglia.

Il Gori poi viene a sapere che i membri della famiglia (tra cui Andrea) intendono di tornare subito a casa loro.

– Ah! – esclamò allora il Gori, rallegrandosi improvvisamente. – Le nozze dunque si faranno lo stesso?

– No! che dice mai! – scattò la vecchia signora, stupita, offesa. – Oh Signore Iddio! Con la morta in casa? Ooh!

– Oooh! – echeggiarono, miagolando, le due zitellone con orrore.

– Prepararsi per partire, – spiegò il Migri. – Doveva partire oggi stesso con la sposa per Torino. Abbiamo le nostre cartiere lassú, a Valsangone; dove c’è tanto bisogno di lui.

– E… e partirà… cosí? – domandò il Gori.

– Per forza. Se non oggi, domani. L’abbiamo persuaso noi, spinto anzi, poverino. Qui, capirà, non è piú prudente, né conveniente che rimanga.

– Per la ragazza… sola, ormai… – aggiunse la madre con la voce cavernosa. – Le male lingue…

– Eh già, – riprese il fratello. – E poi gli affari… Era un matrimonio…

– Precipitato! – proruppe una delle zitellone.

– Diciamo improvvisato, – cercò d’attenuare il Migri. – Ora questa grave sciagura sopravviene fatalmente, come… sí, per dar tempo, ecco. Un differimento s’impone… per il lutto… e… E cosí si potrà pensare, riflettere da una parte e dall’altra…

Il Gori non ci vuole molto tempo per elaborare e comprendere le implicazioni di ciò che è stato appena detto. Le sue emozioni si spostano insieme con la sua percezione della situazione. Il rischio, quindi, è di Cesara! Il Gori denigra / diffama in silenzio la famiglia di Andrea.

Il professor Gori rimase muto per un pezzo. L’impaccio irritante che gli cagionava quel discorso, cosí tutto sospeso in prudenti reticenze, era pur quello stesso che gli cagionava la sua marsina stretta e scucita sotto l’ascella. Scucito allo stesso modo gli sembrò quel discorso e da accogliere con lo stesso riguardo per la scucitura segreta, col quale era proferito. A sforzarlo un po’, a non tenerlo cosí composto e sospeso, con tutti i debiti riguardi, c’era pericolo che, come la manica della marsina si sarebbe staccata, cosí anche si sarebbe aperta e denudata l’ipocrisia di tutti quei signori.

Sentí per un momento il bisogno d’astrarsi da quell’oppressione e anche dal fastidio che, nell’intontimento in cui era caduto, gli dava il merlettino bianco, che orlava il collo della casacca nera della vecchia signora. Ogni qual volta vedeva un merlettino bianco come quello, gli si riaffacciava alla memoria, chi sa perché, l’immagine d’un tal Pietro Cardella, merciajo del suo paesello lontano, afflitto da una cisti enorme alla nuca.

L’ipocrisia della famiglia di Andrea è scherzosamente ma chiaramente evidenziata, insieme con l’aumento dell’irritazione. (Irritazione Goriosa! Non per nulla il Bonadio è studente d’italiano!)

Gli venne di sbuffare; si trattenne a tempo, e sospirò, come uno stupido:

– Eh, già… Povera figliuola!

Gli rispose un coro di commiserazioni per la sposa. Il professor Gori se ne sentí all’improvviso come sferzare, e domandò, irritatissimo:

– Dov’è? Potrei vederla?

Il Migri gl’indicò un uscio nel salottino:

– Di là, si serva…

E il professor Gori vi si diresse furiosamente.

Il Gori trova la Reis. Lei è sconvolta, ovviamente, consumata dal dolore.

Cesara Reis stava per terra, caduta sui ginocchi; e tutta aggruppata, ora, presso il lettino su cui giaceva il cadavere della madre, non piangeva piú, come sospesa in uno sbalordimento grave e vano. Tra i capelli neri, scarmigliati, aveva alcune ciocche ancora attorte dalla sera avanti in pezzetti di carta, per farsi i ricci.

Il professor Gori intende proteggere Cesara da costringendola a mettere da parte il suo dolore e il concetto della norme sociale sul comportamento giusto durante un periodo di lutto: lui vuole che lei sposarsi, ora! come inizialmente previsto.

Ebbene, anziché pietà, provò anche per lei quasi dispetto il professor Gori. Gli sorse prepotente il bisogno di tirarla su da terra, di scuoterla da quello sbalordimento. Non si doveva darla vinta al destino, che favoriva cosí iniquamente l’ipocrisia di tutti quei signori radunati nell’altra stanza! No, no: era tutto preparato, tutto pronto; quei signori là erano venuti in marsina come lui per le nozze: ebbene, bastava un atto di volontà in qualcuno; costringere quella povera fanciulla, caduta lí per terra, ad alzarsi; condurla, trascinarla, anche cosí mezzo sbalordita, a concludere quelle nozze per salvarla dalla rovina.

Ma stentava a sorgere in lui quell’atto di volontà, che con tanta evidenza sarebbe stato contrario alla volontà di tutti quei parenti. Come Cesara, però, senza muovere il capo, senza batter ciglio, levò appena una mano ad accennar la sua mamma lí distesa, dicendogli: – Vede, professore? – il professore ebbe uno scatto, e:

– Sí, cara, sí! – le rispose con una concitazione quasi astiosa, che stordí la sua antica allieva. – Ma tu àlzati! Non farmi calare, perché non posso calarmi! Àlzati da te! Subito, via! Sú, sú, fammi il piacere!

Il Gori chiede Cesara a stare in piedi, in parte perché vuole che lei si veste per le cerimonie di nozze (e, allegramente, anche perché lui non può piegare verso il basso).

Senza volerlo, forzata da quella concitazione, la giovane si scosse dal suo abbattimento e guardò, quasi sgomenta, il professore:

– Perché? – gli chiese.

– Perché, figliuola mia… ma àlzati prima! ti dico che non mi posso calare, santo Dio! – le rispose il Gori.

Il Gori con forza e chiaramente esprime il suo punto di vista… Qui:

Cesara si alzò. Rivedendo però sul lettino il cadavere della madre, si coprí il volto con le mani e scoppiò in violenti singhiozzi. Non s’aspettava di sentirsi afferrare per le braccia e scrollare e gridare dal professore, piú che mai concitato:

– No! no! no! Non piangere, ora! Abbi pazienza, figliuola! Da’ ascolto a me!

Tornò a guardarlo, quasi atterrita questa volta, col pianto arrestato negli occhi, e disse:

– Ma come vuole che non pianga?

– Non devi piangere, perché non è ora di piangere, questa, per te! – tagliò corto il professore. – Tu sei rimasta sola, figliuola mia, e devi ajutarti da te! Lo capisci che devi ajutarti da te? Ora, sí, ora! Prendere tutto il tuo coraggio a due mani: stringere i denti e far quello che ti dico io!

E qui:

– Brava, cosí! – incalzò il professore. – Poi andar di là a indossare il tuo abitino di scuola; metterti il cappellino, e venire con me!

– Dove? che dice?

– Al Municipio, figliuola mia!

– Professore, che dice?

– Dico al Municipio, allo stato civile, e poi in chiesa! Perché codesto matrimonio s’ha da fare, s’ha da fare ora stesso; o tu sei rovinata! Vedi come mi sono conciato per te? In marsina! E uno dei testimoni sarò io, come volevi tu! Lascia di qua la tua povera mamma; non pensare piú a lei per un momento, non ti paja un sacrilegio! Lei stessa, la tua mamma, lo vuole! Da’ ascolto a me: va’ a vestirti! Io dispongo tutto di là per la cerimonia: ora stesso!

Diventa allora chiaro che Cesara capisce che Andrea sta preparando ad abbandonarla.

– No… no… come potrei? – gridò Cesara, ripiegandosi sul letto della madre e affondando il capo tra le braccia, disperatamente. – Impossibile, professore! Per me è finita, lo so! Egli se ne andrà, non tornerà piú, mi abbandonerà… ma io non posso… non posso…

Questa paura nonostante, Cesara accetta di seguire il piano del Gori.

Il Gori non cedette; si chinò per sollevarla, per strapparla da quel letto; ma come stese le braccia, pestò rabbiosamente un piede, gridando:

– Non me n’importa niente! Farò magari da testimonio con una manica sola, ma questo matrimonio oggi si farà! Lo comprendi tu… – guardami negli occhi! – lo comprendi, è vero? che se ti lasci scappare questo momento, tu sei perduta? Come resti, senza piú il posto, senza piú nessuno? Vuoi dar colpa a tua madre della tua rovina? Non sospirò tanto, povera donna, questo tuo matrimonio? E vuoi ora che, per causa sua, vada a monte? Che fai tu di male? Coraggio, Cesara! Ci sono qua io: lascia a me la responsabilità di quello che fai! Va’, va’ a vestirti, va’ a vestirti, figliuola mia, senza perder tempo…

E, cosí dicendo, condusse la fanciulla fino all’uscio della sua cameretta, sorreggendola per le spalle.

Il Gori torna alla stanza con gli ospiti; annuncia che Cesara ha deciso di proseguire con il matrimonio come inizialmente previsto. La famiglia dell’Andrea è atterrita.

I parenti, gl’invitati si voltarono a guardarlo, sorpresi dal tono imperioso della voce; e il Migri domandò con simulata premura:

– Si sente male la signorina?

– Si sente benone! – gli rispose il professore guardandolo con tanto d’occhi. – Anzi ho il piacere d’annunziare a lor signori che ho avuto la fortuna di persuaderla a vincersi per un momento, e soffocare in sé il cordoglio. Siamo qua tutti; tutto è pronto; basterà – mi lascino dire! – basterà che uno di loro… lei, per esempio, sarà tanto gentile – (aggiunse, rivolgendosi a uno degli invitati) – mi farà il piacere di correre con una vettura al Municipio e di prevenire l’ufficiale dello stato civile, che…

Un coro di vivaci proteste interruppe a questo punto il professore. Scandalo, stupore, orrore, indignazione!

Il Gori è completamente trasformato: è brusco / sbrigativo / asciutto, forte e dominando (al contrario di educato, timido e sottomesso).

– Ma io non permetterò mai, – gridò piú forte di lui, troncandogli la parola, la vecchia signora, -non permetterò mai che mio figlio…

– Faccia il suo dovere e una buona azione? – domandò, pronto, il Gori, compiendo lui la frase questa volta.

– Ma lei non stia a immischiarsi! – venne a dirgli, pallido e vibrante d’ira, il Migri in difesa della madre.

– Perdoni! M’immischio, – rimbeccò subito il Gori, – perché so che lei è un gentiluomo, caro signor Grimi…

– Migri, prego!

E poi, meravigliosamente, miracolosamente, guardiamo il Gori—l’iconoclasta—lottando per Cesara.

Risero tutti, senza volerlo, a quel razzo inatteso, di nuovo genere, mentre il professore, con un gran sospiro di liberazione seguitava:

– E non ostante questa manica che mi ha tormentato finora!

– Lei scherza! – riprese, ricomponendosi, il Migri.

– Nossignore: mi s’era scucita.

– Scherza! Codeste sono violenze.

– Quelle che consiglia il caso.

– O l’interesse! Le dico che non è possibile, in queste condizioni…

Andrea arriva. Il Gori convince.

– No! No! Andrea, no! – gli gridarono subito parecchie voci, di qua, di là. Ma il Gori le sopraffece, avanzandosi verso il Migri.

– Decida lei! Mi lascino dire! Si tratta di questo: ho indotto di là la signorina Reis a farsi forza; a vincersi, considerando la gravità della situazione, in cui, caro signore, lei l’ha messa e la lascerebbe. Piacendo a lei, signor Migri, si potrebbe, senz’alcuno apparato, zitti zitti, in una vettura chiusa, correre al Municipio, celebrare subito il matrimonio… Lei non vorrà, spero, negarsi. Ma dica, dica lei…

Vediamo che Andrea ama Cesara.

Andrea Migri, cosí soprappreso, guardò prima il Gori, poi gli altri, e infine rispose esitante:

– Ma… per me, se Cesara vuole…

Ritorna Cesara, vestita per il matrimonio.

Poco dopo, Cesara entrò nel salotto, pallidissima, col modesto abito nero della scuola, i capelli appena ravviati, tremante dello sforzo che faceva su se stessa per contenersi. Subito lo sposo le corse incontro, la raccolse tra le braccia, pietosamente. Tutti tacevano. Il professor Gori, con gli occhi lucenti di lagrime, pregò tre di quei signori che seguissero con lui gli sposi, per far da testimoni e s’avviarono in silenzio.

La famiglia dell’Andrea esprime la loro opposizione. Ancora una volta il Gori domina la conversazione… lui è furioso, così arrabbiato / determinato / concentrato che toglie il cappotto e rivela la sua marsina scucita.

La madre, il fratello, le zitellone, gl’invitati rimasti nel salotto, ripresero subito a dar sfogo alla loro indignazione frenata per un momento, all’apparire di Cesara. Fortuna, che la povera vecchia mamma, di là, in mezzo ai fiori, non poteva piú ascoltare questa brava gente che si diceva proprio indignata per tanta irriverenza verso la morte di lei.

Ma il professor Gori, durante il tragitto, pensando a ciò che, in quel momento, certo si diceva di lui in quel salotto, rimase come intronato, e giunse al Municipio, che pareva ubriaco: tanto che, non pensando piú alla manica della marsina che s’era strappata, si tolse come gli altri il soprabito.

– Professore!

– Ah già! Perbacco! – esclamò, e se lo ricacciò di furia.

La cerimonia civile si svolta, seguita dalla cerimonia religiosa. Estremamente soddisfatto, dopo tutto quello che è riuscito, il Gori riconosce che il suo successo è dovuto alla sua emozione, la sua passione, la sua trasformazione.

E ravvolgendosela, poco dopo, entro un giornale e andandosene via quatto quatto, si mise a considerare che, dopo tutto, egli doveva soltanto alla manica di quella marsina stretta la bella vittoria riportata quel giorno sul destino, perché, se quella marsina, con la manica scucita sotto l’ascella, non gli avesse suscitato tanta irritazione, egli, nella consueta ampiezza dei suoi comodi e logori abiti giornalieri, di fronte alla sciagura di quella morte improvvisa, si sarebbe abbandonato senz’altro, come un imbecille, alla commozione, a un inerte compianto della sorte infelice di quella povera fanciulla. Fuori della grazia di Dio per quella marsina stretta, aveva invece trovato, nell’irritazione, l’animo e la forza di ribellarvisi e di trionfarne.

 

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