Riassunto: I due compari

La novella I due compari (L. Pirandello) si svolge a Gasena, un paese nella campagna dell’Italia meridionale. Ci sono due protagonisti, Giglione e Butticè—uomini che coltivano una masseria di un proprietario di terreni (probabile, di un padrone ricco). Giglione e Butticè sono amici e socii commerciali. Hanno lavorato insieme alla masseria per 11 anni.

Motivo di maraviglia, e anche d’invidia in tutte le contrade attorno, era il caso di Giglione e Butticè, socii da undici anni nell’affitto della vecchia masseria della Gasena.

All’inizio, il Pirandello indica (chiaramente) quanto forte, positiva e (quasi) ideale sia l’amicizia;

Eppure, tra quei due, in undici anni di società, non era mai sorto il minimo contrasto, né d’interessi né d’altro.

…poi offre un commento ironico (“motivo anche d’invidia”), notando che a Gasena non c’era precedenza per un partenariato tal duraturo e ben funzionante, certo né un partenariato padre-figlio né un partenariato fratello-fratello. Quindi, i cittadini di Gasena ei dintorni guardavano con stupore Giglione e Butticè: loro sono solamente in grado di concludere che i socii devono essere stranieri!

Non era mai avvenuto che padre e figlio, o due fratelli, durassero a lungo socii nell’affitto d’una terra: figurarsi poi due estranei!

(In altre parole “senza precedenza” = “da un altro posto” e/o “avendo un insieme di idee/atteggiamenti nuovi/stranieri”.)

Scopriamo poi che Giglione e Butticè si conoscevano la maggior parte delle loro vite. Per aiutare il lettore comprendere meglio i due uomini, il Pirandello fornisce una descrizione, sia bellissima che suggestiva, della masseria e come ha cambiato nel tempo.

Le loro famiglie erano cresciute accanto, nel cortile della masseria, in due ampie stanze a terreno dove, al tempo degli antichi massari, si rammontavano i raccolti abbondanti della terra. Quelle due stanze non avevano finestre sulla facciata e prendevano luce soltanto dalla porta sul cortile, ch’era vasto e acciottolato, con la cisterna in mezzo, e cinto tutt’intorno da un muro alto, armato da un’irta e fitta cresta di pezzi di vetro, sfavillanti al sole. La bianchezza accecante della calce faceva sembrar quasi nero l’azzurro intenso e ardente del rettangolo di cielo su quel cortile. Vi si respirava ancora, con le tante galline che lo popolavano, e i polli d’india, i capponi, i porcellini, l’aria dell’antica e ricca masseria, quantunque giú in fondo fosse vuoto da tempo il chiuso delle pecore, e sotto la tettoja, dopo il forno, invece delle vacche ci fossero soltanto due mule e un asinello.

Vaporavano tutt’intorno dalle terre assolate vecchi odori, di tante cose sparse e seccate da anni all’aperto, e qua si mescolavano coi tepori grassi del letame, col tanfo secco delle granaglie, con quello acre della paglia bruciata e bagnata del forno. Com’ebbre, in quell’onda stagnante di odori misti, ronzavano senza fine le mosche; e da lontane aje, nel silenzio dei piani, giungeva il canto di qualche gallo, a cui rispondevano, prima l’uno e poi l’altro, o talvolta insieme, con due diverse voci, i galli del cortile. E quel ronzío e questo canto dei galli e il frusciare degli alberi non rompevano, anzi rendevano piú attonito lo stupore della natura, non turbato mai da vicende che non fossero le solite, lentissime e sicure, su le quali gli uomini, le opere e i buoi regolavano la loro andatura.

E poi, il Pirandello rafforza anche quanto dura era la vita di Giglione e Butticè durante i precedenti 11 anni,

Costantemente, per undici annate, la terra aveva risposto alle dure fatiche dei due socii.

…mentre, col tempo, loro hanno portato ad una misura di successo… a causa del loro impegno risoluto ei loro impervi sforzati condivisi.

Ci ha speiegatio che sia Giglione e Butticè sono sposati, con le famiglie numerose.

E anche le mogli pareva avessero gareggiato di fecondità con la terra. Desiderio degli uomini era aver figliuoli, e averli maschi, per i lavori della campagna.

Intendiamo che ciascuno Giglione e Butticè ha avuto 5 figli. Possiamo ben immaginare che i bambini siano nati in rapida successione, forse a causa di abitudini/norme della società ma anche a causa della necessità. Inoltre apprendiamo la “divisione del lavoro/travaglio” (gioco di parole inteso!) all’interno delle famiglie, cioè, le donne prendono cura della loro attività senza denuncia, e gli uomini fanno lo stesso.

E cinque ne aveva dati l’una e cinque l’altra, ajutandosi tra loro ogni volta, nei parti, amorosamente, senza dare né un pensiero né un fastidio ai mariti che non avevano tempo da perdere in queste cose. Ritornando a mezzogiorno per il desinare, o la sera per la cena, avevano trovato un figlio di piú:

– Maschio?

(A questo proposito lo stoicismo, l’accettazione e l’impegno delle mogli sembravano essere incredibili!)

Poi il Pirandello fornisce ulteriori intuizioni sulle personalità degli uomini. Sono, a dir lo meno, gli opposti:

-cioè, Giglione era un introverso… laconico e riflessivo,

Giglione non parlava quasi mai. Sempre, quando bisognava, trattando col padrone della terra o coi mercanti di città, lasciava parlare il compagno. Placido e duro, col faccione tondo cotto dal sole e tutto raso, egli si stirava il lobo dell’orecchia manca e stava a sentire e a pensar le risposte di quelli:

poi, se occorreva, diceva la sua: due parole e non di piú.

-mentre Butticè era un estroverso e impulsivo.

Butticè, ricciuto e vivace, col perpetuo riso lucente degli occhi azzurri, mobili e maliziosi, e paroline dolci e ammiccamenti, s’adoperava ad attenuare la durezza del socio; ma il padrone o il mercante guardavano gli occhi impassibili del taciturno irremovibile, e delle maniere graziose di Butticè non solo non sapevano che farsene, ma anzi quasi s’infastidivano.

In una bella sintesi delle loro personalità, Giglione è descritto com’essere stabile maturo autosufficiente, mentre Butticè è descritto come allegro, felice e un po’ instabile.

Giglione era l’albero ben radicato; Butticè, l’uccello che gli svolazzava tra i rami cantando.

Abbiamo imparato che negli affari, Giglione era spesso inscrutabile… e anche che potrebb’essere questo inquietante:

Non s’era ancor potuto capire, se dello svolazzío e del canto di quell’uccello l’albero fosse, o no, contento. Se qualcuno gli domandava:

– Ma, insomma, voi che ne dite?

Giglione alzava una mano e col pollice sotto il lobo e l’indice alzato sul padiglione, mostrava l’orecchia, per significare che a lui toccava sentire e che il parlare era affare del compagno.

La chiave dell’amicizia sembrava essere che i due uomini rispettivano l’un l’altro: ci è spiegato che i ruoli rispettivi del partenariato erano sia ben definiti e anche ben mantenuti.

Il segreto di quel loro accordo era nell’impegno che ciascuno dei due aveva sempre messo di non farsi mai sorpassare dall’altro in nulla.

(In altre parole, c’è stato un equilibrio accuratamente mantenuto… intendo dire cruciale per la loro amicizia e il loro partenariato).

Poi impariamo che non era sempre così: infatti Giglione e Butticè avevano trascorso la maggior parte della loro gioventù come rivali (forti/feroci, cioè, determinati, impervi e implacabili).

Nati e cresciuti insieme nelle lontane alture dei Gallotti sopra Montaperto, erano stati rivali accaniti fino al giorno che i padri, per impedire che anch’essi come quasi tutti i giovani della borgata prendessero la via dell’America, li avevano accasati appena di ritorno dal servizio militare.

(In un certo senso le loro personalità sono rimaste invariate nel tempo… gli uomini hanno semplicemente deciso di cooperarsi piuttosto che combattersi.)

Non voglio dire che abbiano dimenticato com’essere avversari. Invece penso che loro abbiano scelto di mettere da parte i sentimenti negativi per promuovere il suo obiettivo in comune. Ci è spiegato che, in questo, gli uomini sono stati aiutati dalle loro mogli.

Riavvicinati dalle mogli, tra loro cugine, per non danneggiarsi a vicenda ora che avevan famiglia, s’erano appajati, cangiando in emulazione l’antica rivalità. Pronti sempre a qualunque fatica, ciascuno dei due cercava d’esonerare il compagno delle piú gravose; e compenso era a entrambi la soddisfazione di sentirsi pari in tutto e l’uno degno dell’altro.

Poi il Pirandello fornisce al lettore più dei dettagli delle storie materne delle mogli. La moglie di Giglione ha appena dato alla luce suo sesto figlio, una neonata, mentre la moglie di Butticè è incinta e presto darà alla luce il suo sesto.

La prima indicazione di una preoccupazione è notata dalla moglie di Giglione: sospetta che la moglie di Butticè sia fisicamente incapace di fare alla luce il sesto figlio.

Ora, per la sesta volta era incinta la moglie di Butticè. Si aspettava il parto di giorno in giorno. Giglione, due mesi avanti, aveva avuto una femmina; e la sera, nel cortile, mentre le due donne al lume della lucerna a olio raccoglievano le rozze scodelle di terracotta, ove i figliuoli avevano mangiato la minestra, lanciava di sfuggita qualche obliquo sguardo di diffidenza ai fianchi poderosi della moglie del socio, che avrebbe potuto sbilanciar le sorti finora eguali.

Poi la moglie di Butticè comincia il trovaglio. Butticè informa la moglie di Giglione, in modo da poter assistere. Poi i due uomini partono per lavoro,

Finalmente una mattina prima che rompesse l’alba, l’incinta fu colta dalle doglie. Butticè corse a picchiare alla porta accanto, la comare fu pronta in un momento; e i due uomini sotto il cielo ancora stellato, con le zappe in collo, s’avviarono per la costa.

…solo per essere chiamati urgentemente per tornare a casa.

Non passò un’ora che a Giglione parve di sentire la voce del maggiore dei figliuoli, che chiamava dal portone del cortile. Butticè, che lavorava poco discosto, domandò:

– Non ti pare che abbiano chiamato?

– Cosí pare, – rispose Giglione: e, ponendosi le mani attorno alla bocca, diede la voce:

– Aoòh!

Gli uomini arrivano ad una scena terribile/orrende (cioè, di confusione e paura). La moglie di Butticè ha dato alla luce un figlio, sì, ma ora sta emorragiando in modo incontrollabile nonostante gli sforzi eroici della moglie di Giglione.

Trovarono sú nel cortile una gran confusione: dietro la porta socchiusa della stanza di Butticè s’affollavano i ragazzi, reggendo a stento e strascicando per terra bracciate di ruvida biancheria, lenzuola, tovaglie, sottane, camice, che la moglie di Giglione, sporgendo il capo scarmigliato e le mani tremanti e insanguinate, strappava loro di furia.

Il parto era avvenuto. Un maschio. Ma la puerpera perdeva sangue, perdeva sangue in spaventosa abbondanza, e non c’era verso d’arrestarlo. Bisognava correr subito al paese di Favara per un medico.

***

È ben noto che avere molti bambini in rapida successione può essere problematico sia per la madre che per il neonato; ci sono, ad esempio, complicazioni che possono sviluppare durante il parto.

‘Atonia uterina’ è una tale complicazione:

Atony of the uterus, also called uterine atony, is a serious condition that can occur after childbirth. It occurs when the uterus fails to contract after the delivery of the baby, and it can lead to a potentially life-threatening condition known as postpartum hemorrhage. (Wikipedia)

High parity and reduced inter-pregnancy interval are reported to be risk factors for poor maternal and perinatal outcome. These factors together or independently may predispose the mother to anemia, diabetes mellitus (DM), hypertension, malpresentation, abruptio placentae, placenta previa, post-partum hemorrhage due the uterine atony, and uterine rupture.

  1. Nicholson WK, Asao K, Brancati F, Coresh J, Pankow JS, Powe NR. Parity and risk of type 2 diabetes: the Atherosclerosis Risk in Communities Study.Diabetes Care.2006;13(11):2349–2354. [PubMed]
  2. Andrejevic A, Cvetkovic S, Vitosevic Z, Andrejevic L, Relic G. Multiparity, perinatal morbidity and mortality.Clin Exp Obstet Gynecol.2011;13(1):71–75.[PubMed]
  3. Agrawal S, Agarwal A, Das V. Impact of grandmultiparity on obstetric outcome in low resource setting.J Obstet Gynaecol Res.2011;13(8):1015–1019.[PubMed]

***

Butticè è stordito e (sorprendentemente!) arrabbiato.

Butticè, alla vista della moglie in quello stato, restò; ma quasi piú stizzito che addolorato.

(La rabbia è difficile da capire: è arrabbiato Butticè, per esempio, perché l’equilibrio che ha mantenuto le vite condivise delle due famiglie è adesso spezzato?)

Giglione esorta Butticè all’azione,

Butticè, alla vista della moglie in quello stato, restò; ma quasi piú stizzito che addolorato. Tanto che, come Giglione lo trasse fuori e lo alzò sú le braccia a dosso della mula e gli diede in mano la fune della cavezza, gridandogli:

– Scappa! – adirato da quella violenza, gli rispose col viso sbiancato e senza muoversi:

– E se non volessi scappare?

– Scappa, in nome di Dio! Dici sul serio?

E Giglione spinse a due mani per di dietro la mula e le allungò un calcio.

…finalmente Butticè lascia la casa; tuttavia dal tempo che Butticè rientra casa con un medico la moglie è morta.

Tre ore dopo, Butticè ritornò col medico. Appena entrato nel cortile, alla vista del socio e della comare e di tutti i ragazzi, lí muti e abbattuti ad aspettarlo, comprese ch’era finita. Lo aveva immaginato; aveva preveduto quella scena al suo arrivo. Provò una fiera irritazione; avvilimento e rabbia. Gli occhi ilari gli lucevano di follia.

Le emozioni di Butticè sono una miscela potente e confusa di tristezza, dolore, risentimento, rabbia e sentimenti di tradimento.

– Come siete belli tutti! – disse; e scavalcò dalla mula e s’arrestò davanti la soglia della sua stanza.

Stesa lunga sul letto, come se non le fosse restato nelle vene neppure una goccia di sangue, sua moglie era lí, piú rigida e piú bianca del marmo.

La mirò un pezzo, quasi che, cosí lunga, cosí tesa, cosí bianca, non la riconoscesse piú: poi varcò la soglia, s’accostò alla morta, e le domandò in un tono quasi derisorio:

– Che hai fatto?

Giglione tenta di consolare, rassicurare e sostenere l’amico,

Giglione, entrato zitto zitto nella stanza con la moglie e col medico, alzò una mano e glie la posò su la spalla in atto di commiserazione. Ma Butticè si scrollò con un fremito animalesco, gridandogli:

– Non mi toccare! – E uscí nel cortile.

Allora i figliuoli gli si fecero attorno, piangendo. Egli si chinò a cingerli con le braccia, come un fascio da prendere e buttar via:

– Che ci fate piú qua, vojaltri, ancora vivi?

Giglione, su la soglia della stanza, disse:

– Ai tuoi figliuoli non ci pensare. Ora mia moglie farà conto di averne dodici, invece di sei; e darà latte al tuo piccolo, e avrà cura di te come di me.

…ma questi sforzi sono ‘incontrati’ con sospetto; sono respinti! (È come se tutt’a un tratto il rapporto fieramente avversario sia stato risorto/risuscitato.) Butticè decide che deve scappare ancora una volta per raggrupparsi/riorganizzarsi.

Butticè, ancora curvo sui figliuoli, gli lanciò da sotto in su uno sguardo, che balenò come una lama di coltello. Gli parve che il socio lo volesse pestare con la sua generosità, appena caduto sotto quell’ingiustizia della sorte; e senza neppur guardare un’ultima volta la morta, quasi che anche lei, quella mattina, a tradimento, avesse voluto diminuirlo, avvilirlo, annichilirlo, scappò via, scostando i figli, scostando tutti, via giú per la campagna, e andò a rintanarsi sotto un carrubo, lontano, come una bestia ferita a morte.

Butticè rimane da solo nel campo per 2 giorni e notti,

Stette lí due giorni e due notti. Sul far della seconda notte, si sentí chiamare a lungo dal socio prima dall’alto, poi a mano a mano piú da presso, per i sentieri della campagna, tra gli alberi; sentí anche i passi di lui; altri passi, forse dei ragazzi; trattenne il fiato e, quando i passi e le voci s’allontanarono, godette di non essere stato scoperto. Levando però gli occhi intravide da uno sforo nel fogliame, ferma in cielo la luna e si sentí guardato da essa, avvertendo nella coscienza oscura come un rimescolío, tra di dispetto e di sgomento.

…e mentre Butticè è stato fuori posto, Giglione ha pensato e parlato a lui.

Pensò allora di risalire alla villa. Certo, il cadavere della moglie era stato, a quell’ora, portato via, il socio lo voleva sú, per fargli vedere che la moglie s’era attaccato al seno il piccino e come faceva da madre agli altri orfani. La carità. Poi, finito come ogni sera di mangiar la minestra, nel cortile, al lume della lucerna a olio:

– Buona notte, compare. Noi ce n’andiamo a letto.

E si sarebbe chiuso con la moglie e con tutta la sua famiglia intatta, là nella sua stanza; mentre lui sarebbe rimasto fuori, nel cortile, solo, scompagnato, coi suoi orfani. Ah, no, perdio! Questa soddisfazione non gliel’avrebbe data, all’antico rivale.

Alla fine Butticè tornerà a casa. Ha deciso di lasciare completamente/totalmente la sua vita a Gasena per bene.

Risalí alla villa, la mattina all’alba. Ispido, con la faccia scavata, le occhiaje livide, gli occhi da pazzo, svegliò i figliuoli; ordinò ai piú grandi che lo ajutassero a raccogliere la roba e a caricarla su la mula.

Giglione, al rumore, uscí dalla stanza accanto; stette un pezzo a guardare, poi gli domandò:

– Che fai?

Butticè stava a legare per terra un grosso fagotto di panni; si rizzò su la vita, gli piantò gli occhi in faccia e rispose:

– Me ne vado,

– Dove te ne vai? Sei pazzo? – replicò quello.

Butticè non rispose; si ridiede a legare per terra il fagotto. E allora Giglione riprese:

– Ma perché? Tu hai la pena, lo so, e nessuno te la vuol levare. Ma quanto al resto… tu e i tuoi figliuoli, qua…

Butticè tornò a rizzarsi su la vita; si pose un dito su la bocca:

– Zitto. Me ne devo andare.

– Ma perché?

– Per niente. Me ne devo andare.

– Cosí su due piedi? Senza neanche fare i conti?

– Li faremo. Ora me ne devo andare.

Quando la roba fu caricata su la mula e su l’asino, che appartenevano a lui, disse al socio:

– Va’ a prendermi la creatura.

Giglione giunse le mani:

– Ma sei impazzito davvero? L’ha al petto mia moglie. Vuoi che muoja?

– Muoja. Me ne devo andare.

Giglione andò di corsa a prendere il neonato e, con la faccia voltata, glielo porse.

– Tieni. Vattene! Non voglio piú vederti!

– Tu? – disse allora con un ghigno Butticè. – E figúrati io!

Cacciò avanti l’asino e la mula, e s’avviò coi cinque figliuoli dietro, e in braccio il piccino, a cui ancora dalla boccuccia paonazza pendeva una goccia di latte.

***

La fine sembra essere ambigua a dir lo meno! Il lettore può solo indovinare perché Butticè ha improvvisamente deciso di lasciare la vita a Gasena, compreso l’affitto, anche se i suoi figli potrebbero essere messi in pericolo. Un deciso pazzo. È questo una conseguenza dello shock? È questo una conseguenza della mancanza di raggionare a mente freddo??

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