Riassunto: Quando si comprende

I passeggeri arrivati da Roma col treno notturno alla stazione di Fabriano dovettero aspettar l’alba per proseguire in un lento trenino sgangherato il loro viaggio su per le Marche.

All’alba, in una lercia vettura di seconda classe, nella quale avevano già preso posto cinque viaggiatori, fu portata quasi di peso una signora così abbandonata nel cordoglio che non si reggeva più in piedi.

Inizia così Quando si comprende (L. Pirandello) una novella destinata o precede o seguire Jeri e oggi, un’altra novella che abbiamo di recente letto.

La novella Jeri e oggi è scritta dal punto di vista di Marino Lerna, un giovanotto che è stato recentemente arruolato nell’esercito Italiano. (Abbiamo ragione di credere che la storia si svolga durante la prima guerra mondiale). Ci è spiegata che Lerna si trasferirà presto in guerra, con i rischi connessi di cattura, lesioni e morte. Una delle trame della novella era gli sforzi dei suoi genitori per fargli visita prima del suo trasferimento.

Ad un punto della storia di Jeri e oggi, il padre di Lerna ha affirmato che durante il viaggio da Roma alle Marche (dove è stato di stanza il figlio) ha parlato con alcuni uomini i cui figli erano anche nell’esercito Italiano.

La novella Quando si comprende si concentra su queste conversazioni. Qui, di sicuro, la storia è ancora una volta guidato dall’imminente partenza di Lerna per la guerra… ma questa volta è basata la storia sul punto di vista dei genitori.

All’inizio di Quando si comprende i genitori di Lerna hanno completato un viaggio in treno da Roma a Fabriano, dove dovranno aspettare fino all’alba per un secondo treno che li porterà alle Marche.

Il secondo treno (“un lento trenino sgangherato”) è un disastro: sporco, un casino, squallido. I genitori di Lerna salgono sul treno e condividono uno spazio con cinque altri passeggeri adulti.

Impariamo ancora una volta che la mamma di Lerna era devastata dall’emozione… capiamo che lei teme per suo figlio, cioè, per la sua salute e il suo benessere.

Il viaggio è già stato difficile, a dire lo meno, per gli altri passeggeri, in gran parte a causa delle sistemazioni orribili del trenino lento: a quanto pare nessuno dei cinque viaggiatori è riuscito a dormire la notte prima. Poi quest’incubo è stato amplificato dalla presenza dei genitori di Lerna. (È giusto dire che entrambi, a modo loro, erano sopraffatti dalla paura!)

Lo squallor crudo della prima luce, nell’angustia opprimente di quella sudicia vettura intanfata di fumo, fece apparire come un incubo ai cinque viaggiatori che avevano passato insonne la notte, tutto quel viluppo di panni, goffo e pietoso, issato con sbuffi e gemiti su dalla banchina e poi su dal montatojo.

Gli sbuffi e i gemiti che accompagnavano e quasi sostenevano, da dietro, lo stento, erano del marito, che alla fine spuntò, gracile e sparuto, pallido come un morto, ma con gli occhietti vivi vivi, aguzzi nel pallore.

Il padre di Lerna sembra essere capabile riconoscere che il comportamento della moglie è intrusivo ed irritante. (Memorabilmente il narratore descrive “il pesante fardello di quella moglie”.) Abbiamo la sensazione che lui sia imbarazzato e frustrato di fronte agli altri passeggeri,

L’afflizione di veder la moglie in quello stato non gl’impediva tuttavia di mostrarsi, pur nel grave imbarazzo, cerimonioso; ma lo sforzo fatto lo aveva anche, evidentemente, un po’ stizzito, forse per timore di non aver dato prova davanti a quei cinque viaggiatori di bastante forza a sorreggere e introdurre nella vettura il pesante fardello di quella moglie.

Preso posto, però, dopo aver porto scusa e ringraziamenti ai compagni di viaggio che si erano scostati per far subito posto alla signora sofferente, poté mostrarsi cerimonioso e premuroso anche con lei e le rassettò le vesti addosso e il bavero della mantiglia che le era salito sul naso.

…ma ciònonostante le offre un po’ di conforto alla moglie,

– Stai bene, cara?

…che lei ignora. A questo punto la mamma di Lerna si ritira più lontano dagli altri.

La moglie, non solo non gli rispose, ma con ira si tirò su di nuovo la mantiglia – più su, fino a nascondersi tutta la faccia.

Poi il padre di Lerna spiega agli altri passeggeri che sua moglie (ahem… vuol dire tutt’e due i genitori!) merita qualche considerazione perché ha recentemente compreso che l’unico figlio sarà presto mandato in guerra.

Egli allora sorrise afflitto; poi sospirò:

– Eh… mondo!

E volle spiegare ai compagni di viaggio che la moglie era da compatire perché si trovava in quello stato per l’improvvisa e imminente partenza dell’unico figliuolo per la guerra.

Veniamo a sapere che Marino Lerna, che ha 20 anni, è (come diremmo) un ‘mamma’s boy’: infatti ci spiega che sua mamma ha vissuto gli ultimi 20 anni solo per suo figlio.

Disse che da vent’anni non vivevano più che per quell’unico figliuolo. Per non lasciarlo solo, l’anno avanti, dovendo egli intraprendere gli studii universitari, s’erano trasferiti da Sulmona a Roma.

(Gentile lettore, per un Italiano sarebbe giusto dire che Marino Lerna sia un ‘mammone’, no?!? …mentre noi in America direbbe che sua madre ‘has yet to cut the umbilical cord’!)

Il padre di Lerna racconta agli altri passeggeri gli eventi che hanno portato fino ad oggi,

Scoppiata la guerra, il figliuolo, chiamato sotto le armi, s’era iscritto al corso accelerato degli allievi ufficiali; dopo tre mesi, nominato sottotenente di fanteria e assegnato al 12° reggimento, brigata Casale, era andato a raggiungere il deposito a Macerata, assicurando loro che sarebbe rimasto colà almeno un mese e mezzo per l’istruzione delle reclute; ma ecco che, invece, dopo tre soli giorni lo mandavano al fronte. Avevano ricevuto a Roma il giorno avanti un telegramma che annunziava questa partenza a tradimento. E si recavano a salutarlo, a vederlo partire.

…un racconto che serve solo ad aumentare la sofferenza, l’agitazione, la costernazione della povera moglie.

La moglie sotto la mantiglia s’agitò, si restrinse, si contorse, rugliò anche più volte come una belva, esasperata da quella lunga spiegazione del marito,

(Questo è un esempio vivido, assolutamente meraviglioso di come i nostri manierismi, cioè, i nostri gesti ed espressioni rivelano (‘specchiano’ / ‘riflettono’) il nostro tormento psicologico interiore e la nostra costernazione… un’idea almeno vecchia come Leonardo da Vinci.)

Poi apprendiamo del sospetto della mamma di Lerna che gli altri passeggeri non sono simpatici alla loro situazione,

il quale, non comprendendo che nessun compatimento speciale poteva venir loro per un caso che capitava a tanti,

…forse per nessun altro motivo che tutti gli altri passeggeri abbiano figli o parenti arruolati in guerra.

forse a tutti, avrebbe anzi suscitato irritazione e sdegno in quei cinque viaggiatori che non si mostravano abbattuti e vinti come lei nel cordoglio, pur avendo anch’essi probabilmente uno o più figliuoli alla guerra.

Poi il narratore suggerisce un altro possibilità… un’altro motivo per la divulgazione dettagliata del padre. È vero che la mamma di Lerna era sopraffatta dall’emozione per 3 mesi e che hanno fallito tutti i tentativi di consolarla o di farla accettare ciò che è successo. Miserabilmente / totalmente / completamente fallito.

Ma forse il marito parlava apposta e dava quei ragguagli del figlio unico e della partenza improvvisa dopo tre soli giorni, ecc., perché gli altri ripetessero a lei con dura freddezza tutte quelle parole ch’egli andava dicendo da alcuni mesi, cioè da quando il figliuolo era sotto le armi; e non tanto per confortarla e confortarsi, quanto per persuaderla dispettosamente a una rassegnazione per lei impossibile.

Il suggerimento, quindi, è che il padre di Lerna spera che gli altri passeggeri lo sosterranno nei suoi sforzi con la moglie.

Infatti, gli altri passeggeri mostrano un disprezzo freddo e antipatico per la situazione dei Lerna, precisamente perché, in vario modo, le loro situazioni sono state condivise con i Lerna.

Difatti quelli accolsero freddamente la spiegazione. Uno disse:

– Ma ringrazii Dio, caro signore, che parta soltanto adesso il suo figliuolo! Il mio è già su dal primo giorno della guerra. Ed è stato ferito, sa? già due volte. Per fortuna, una volta al braccio, una volta alla gamba, leggermente. Un mese di licenza, e via di nuovo al fronte.

Un altro disse:

– Ce n’ho due, io. E tre nipoti.

A questo punto, il padre di Lerna rivela chiaramente il proprio tumulto interiore,

– Eh, ma un figlio unico… – si provò a far considerare il marito.

…e ne consegue una conversazione incentrata su due domande… Cosa significa per un genitore se un bambino muoia? ed Importa di più o di meno se il bambino in questione abbia altri fratelli?

– Non è vero, non lo dica! – lo interruppe quello sgarbatamente. – S’avvizia un figlio unico; non si ama mica di più! Un pezzo di pane, quando s’hanno più figliuoli, tanto a ciascuno, va bene; ma non l’amore paterno; a ciascun figliuolo un padre dà tutto quello di cui è capace. E s’io peno adesso, non peno metà per l’uno, metà per l’altro; peno per due.

– È vero, sì, quest’è vero, – ammise con un sorriso timido, pietoso e impacciato, il marito. – Ma guardi… (siamo a discorso, adesso, e facciamo tutti gli scongiuri) ma ponga il caso… non il suo, per carità, egregio signore… il caso d’un padre ch’abbia più figliuoli alla guerra: ne perde (non sia mai!) uno, gli resta l’altro almeno!

– Già, sì; e l’obbligo di vivere per quest’altro, – affermò subito, accigliato, quello. – Il che vuol dire che se a lei… non diciamo a lei, a un padre che abbia un solo figliuolo, capita il caso che questo gli muoja, se della vita lui non sa più che farsene, morto il figliuolo, se la può togliere, e addio; mentr’io, capisce? bisogna che me la tenga io, la vita, per l’altro che mi resta; e il caso peggiore dunque è sempre il mio!

(Questo è un discorso veramente straordinario! Nessuno si arrabbia; a tutti è permesso esprimere il proprio punto di vista, che, a sua volta, è rispettato. Alla fine sembra vero che i passeggeri abbiano accettato di rispettosamente in disaccordo l’uno con l’altro.

A questo punto ci viene presentato, secondo noi, il protagonista della storia, un uomo obeso che finora è rimasto in silenzio. Quest’uomo non tace più.

– Ma che discorsi! – scattò a questo punto un altro viaggiatore, grasso e sanguigno, guardando in giro coi grossi occhi chiari acquosi e venati di sangue.

L’uomo fa una domanda cruciale: “Perché abbiamo figli?” (…in altre parole, “Abbiamo i figli semplicemente per noi stessi?”)

Ansimava, e pareva gli dovessero schizzar fuori, quegli occhi, dalla interna violenza affannosa d’una vitalità esuberante, che il corpaccio disfatto non riusciva più a contenere. Si pose una manona sformata davanti la bocca, come assalito improvvisamente dal pensiero dei due denti che gli mancavano; ma poi, tanto non ci pensò più e seguitò a dire, sdegnato:

– O che i figliuoli li facciamo per noi?

La domanda viene posta dall’uomo obeso con forza. Certo a questo punto lui ha l’attenzione di tutti. Infatti condurrà la conversazione tra tutti gli altri passeggeri da questo punto nella storia in avanti… fino alla fine della novella.

In risposta alla sua domanda, gli altri suggeriscono che i genitori concepiscono e dano alla luce e crescono i figli per il bene del paese.

Gli altri si sporsero a guardarlo, costernati. Il primo, quello che aveva il figlio al fronte fin dal primo giorno della guerra, sospirò:

– Eh, per la patria, già…

L’uomo obeso prende in giro questa risposta ridicola.

– Eh, – rifece il viaggiatore grasso, – caro signore, se lei dice così, per la patria, può parere una smorfia!

            Figlio mio, t’ho partorito

            per la patria e non per me…

Quindi l’uomo obeso continua:

  1. (Domanda) L’uomo obeso chiede agli altri se una mamma pensi al patriottismo quando dà alla luce un bambino? No, ovviamente! Dare alla luce un bambino è normale e naturale per noi. Non è una causa!

Storie! Quando? Ci pensa lei alla patria, quando le nasce un figliuolo? Roba da ridere! I figliuoli vengono, non perché lei li voglia, ma perché debbono venire;

  1. (Commenta) I bambini fanno parte di una famiglia. Inizialmente, loro sono dipendenti e le loro decisioni e scelte di vita (certo la maggior parte) sono fatte per loro dai loro genitori.

e si pigliano la vita; non solo la loro, ma anche la nostra si pigliano. Questa è la verità. E siamo noi per loro; mica loro per noi.

  1. (Commenta) Man mano che crescono è naturale e normale che i giovanotti diventono indipendenti. Infatti sono incoraggiati a prendere le proprie decisioni e scelte, senza necessariamente considerare il punto di vista dei loro genitori.

E quand’hanno vent’anni… ma pensi un po’, sono tali e quali eravamo io e lei quand’avevamo vent’anni. C’era nostra madre; c’era nostro padre; ma c’erano anche tant’altre cose, i vizii, la ragazza, le cravatte nuove, le illusioni, le sigarette, e anche la patria, già, a vent’anni, quando non avevamo figliuoli; la patria che, se ci avesse chiamati, dica un po’, non sarebbe stata per noi sopra a nostro padre, sopra a nostra madre?

  1. (Domanda) L’uomo obeso chiede agli altri passeggeri di considerare come erano se stessi quando avevano 20 anni… li esorta ricordare quanto fosse forte l’urgenza per un giovanotto di prestare servizio militare. Spiega una situazione difficile: sebbene un giovanotto — spesso e per definizione — manca la prospettiva e l’esperienza di vita, ha comunque il diritto di scegliere la sua strada.

Ne abbiamo cinquanta, sessanta, ora, caro lei: e c’è pure la patria, sì; ma dentro di noi, per forza, c’è anche più forte l’affetto per i nostri figliuoli. Chi di noi, potendo, non andrebbe, non vorrebbe andare a combattere invece del proprio figliuolo? Ma tutti! E non vogliamo considerare adesso il sentimento dei nostri figliuoli a vent’anni? dei nostri figliuoli che per forza, venuto il momento, debbono sentire per la patria un affetto più grande che per noi? Parlo, s’intende, dei buoni figliuoli,

In altre parole, anche se gli errori possano essere fatti, sono una parte inevitabile della propria maturazione.

  1. (Commenta) L’uomo obeso espone le complessità delle emozioni del genitore. Naturalmente, un genitore avrà paura per la sicurezza d’un bambino quando il pericolo è vicino. Ma, con l’età, un genitore arriva anche a dipendere dal figlio per la propria sicurezza e protezione e quindi potrebbe anche avere motivi personali per mantenere la salute e il benessere d’un bambino.

e dico per forza, perché davanti alla patria, per essi, diventiamo figliuoli anche noi, figliuoli vecchi che non possono più muoversi e debbono restarsene a casa.

L’uomo obeso riassume, dicendo che per un uomo di 20 anni, scegliere d’andare in guerra per il proprio paese può essere normale (cioè, comune / previsto) come scegliere di mangiare quando si ha fame.

Se la patria c’è, se è una necessità naturale la patria, come il pane che ciascuno per forza deve mangiare se non vuol morir di fame, bisogna che qualcuno vada a difenderla, venuto il momento.

Uno può facilmente immaginare che, a questo punto, l’uomo obeso abbia catturato l’attenzione di tutti… e che gli altri rimangano rispettosamente silenziosi.

Poi…

L’uomo obeso spiega che il suo figlio ha scelto di arruolarsi nell’esercito, e quando (suo padre) gli ha chiesto il suo motivo per la scelta, gli ha spiegato che è stata una sua scelta… se fosse morto, si sarebbe accontentato perché sarebbe stato qualcosa che abbia scelto fare! Ha anche spiegato il figlio che se fosse morto, il padre non sarebbe stato bisogno di indossare vestiti di lutto, cioè, non sarebbe stato bisogno di piangere.

E vanno essi, a vent’anni, vanno perché debbono andare e non vogliono lagrime. Non ne vogliono perché, anche se muojono, muojono infiammati e contenti. (Parlo sempre, s’intende, dei buoni figliuoli!) Ora, quando si muore contenti, senz’aver veduto tutte le brutture, le noje, le miserie di questa vitaccia che avanza, le amarezze delle disillusioni, o che vogliamo di più? Bisogna non piangere, ridere… o come piango io, sissignori, contento, perché mio figlio m’ha mandato a dire che la sua vita – la sua, capite? quella che noi dobbiamo vedere in loro, e non la nostra – la sua vita lui se l’era spesa come meglio non avrebbe potuto, e che è morto contento, e che io non stessi a vestirmi di nero, come difatti lor signori vedono che non mi sono vestito.

A questo punto (ed è un punto molto molto triste), l’uomo obeso apre il suo soprabito per mostrare agli altri che ha seguito i desideri di suo figlio!

Scosse, così dicendo, la giacca chiara, per mostrarla; le labbra livide sui denti mancanti gli tremavano; gli occhi, quasi liquefatti, gli sgocciolavano; e terminò con due scatti di riso che potevano anche esser singhiozzi.

– Ecco… ecco.

(I cuori dei lettori sono spezzati.)

Questa svolta degli eventi è stata inaspettata, e veniamo a renderci conto che il figlio del povero uomo obeso è di fatto morto. Aprendo il suo soprabito, il pover’uomo mostra agli altri le sue ferite.

Poi il narratore riporta la nostra attenzione alla mamma di Lerna. Impariamo perché ha rifiutato tutti gli sforzi per consiliarla, perché ha rifiutato di accettare quello che sta per accadere a suo figlio.

Da tre mesi quella madre, lì nascosta sotto la mantiglia, cercava in tutto ciò che il marito e gli altri le dicevano per confortarla e indurla a rassegnarsi, una parola, una parola sola che, nella sordità del suo cupo dolore, le destasse un’eco, le facesse intendere come possibile per una madre la rassegnazione a mandare il figlio, non già alla morte, ma solo a un probabile rischio di vita. Non ne aveva trovata una, mai, tra le tante e tante che le erano state dette. Aveva ritenuto perciò che gli altri parlavano, potevano parlare a lei così, di rassegnazione e di conforto, solo perché non sentivano ciò che sentiva lei.

In altre parole, ed in contraddizione con l’uomo obeso, è la sua natura controllare la vita del figlio, per tenerlo al sicuro e protetto a tutti i costi.

La storia dell’uomo obeso le dà una pausa, comunque. Arriviamo a capire che la mamma di Lerna non è affatto sicura del significato della storia dell’uomo obeso.

Le parole di questo viaggiatore, adesso, la stordirono, la sbalordirono. Tutt’a un tratto comprese che non già gli altri non sentivano ciò che ella sentiva; ma lei, al contrario, non riusciva a sentire qualcosa che tutti gli altri sentivano e per cui potevano rassegnarsi, non solo alla partenza, ma ecco, anche alla morte del proprio figliuolo.

Gli altri passeggeri, al contrario, capiscono bene che il figlio dell’uomo obeso era vittima di guerra.

Levò il capo, si tirò su dall’angolo della vettura ad ascoltare le risposte che quel viaggiatore dava alle interrogazioni dei compagni sul quando, sul come gli fosse morto quel figliuolo, e trasecolò, le parve d’esser piombata in un mondo ch’ella non conosceva, in cui s’affacciava ora per la prima volta, sentendo che tutti gli altri non solo capivano, ma ammiravano anzi quel vecchio e si congratulavano con lui che poteva parlare così della morte del figliuolo.

Gli altri passeggeri si lamentano apertamente. La madre di Marino Lerna, tuttavia, ha bisogno di chiedere, direttamente, se il figlio è morto.

Se non che, all’improvviso, vide dipingersi sul volto di quei cinque viaggiatori lo stesso sbalordimento che doveva esser sul suo, allorquando, proprio senza che ella lo volesse, come se veramente non avesse ancora inteso né compreso nulla, saltò su a domandare a quel vecchio:

– Ma dunque… dunque il suo figliuolo è morto?

(Non pensiamo che lei fraintenda perché è stupida, piuttosto pensiamo che lei fraintenda a causa del suo stesso dolore).

L’uomo obeso non parla mai. Tuttavia, i suoi gesti e le sue espressioni esprimono tutto… esprimono chiaramente il dolore e il dispiacere che prova.

Il vecchio si voltò a guardarla con quegli occhi atroci, smisuratamente sbarrati. La guardò, la guardò e tutt’a un tratto, a sua volta, come se soltanto adesso, a quella domanda incongruente, a quella meraviglia fuor di posto, comprendesse che alla fine, in quel punto, il suo figliuolo era veramente morto per lui, s’arruffò, si contraffece, trasse a precipizio il fazzoletto dalla tasca e, tra lo stupore e la commozione di tutti, scoppiò in acuti, strazianti, irrefrenabili singhiozzi.

 

Leave a comment