Riassunto: Di sera, un geranio

La novella, Di sera, un geranio (L. Pirandello) ci fornisce una magistrale descrizione di come muore un essere umano … o, in altre parole, ciò che accade al corpo e alla mente umano nelle ore appena prima della morte. 

In questo caso, la morte del protagonista della storia è dovuta a ‘cause naturali’. Sebbene la causa esatta non sia rivelata, la sua afflizione è ovviamente pericolosa per la vita; è anche ‘mirato’, nel senso che sebbene la malattia travolga il corpo del protagonista, la sua mente rimane più o meno intatta. Di conseguenza, le ultime ore della sua vita sono tutt’altro che tranquille; invece, il protagonista fatica mentre riflette sul significato della propria identità e anche le implicazioni della sua morte.

***

S’è liberato nel sonno, non sa come;

All’inizio della storia, osserviamo il protagonista (non impariamo mai il suo nome) come riflette silenziosamente sul potere del sonno per liberarlo dalle sue preoccupazioni, anche se non è sicuro proprio perché questo potrebb’esser vero.

Poi, veniamo a capire che il protagonista crede che la su’identità sia in realtà derivata da due ‘componenti’, la sua mente e il suo corpo, che sono interconnessi, naturalmente, ma sono anche in grado di funzionar in modo indipendente.

forse come quando s’affonda nell’acqua, che s’ha la sensazione che poi il corpo riverrà su da sé, e su invece riviene solamente la sensazione, ombra galleggiante del corpo rimasto giù.

Poi, veniamo anche a capire che: 

– il protagonista stava dormendo, e il suo corpo sembra esser vicino ad un ‘crollo completo’;

Dormiva, e non è più nel suo corpo;

– lui potrebb’essersi appena svegliato, ma forse non ancora del tutto;

non può dire che si sia svegliato;

– e, in questo momento, lui non è sicuro della gravità della sua situazione.

e in che cosa ora sia veramente, non sa;

Anzi, mentre si sveglia il protagonista si sente come sta galleggiando, cioè, sospeso nell’aria della sua camera.

è come sospeso a galla nell’aria della sua camera chiusa.

Poi, impariamo che lui ha essenzialmente perso la capacità di percepir il mondo che lo circonda,

Alienato dai sensi,

(Sta morendo, e il suo sistema nervoso periferico non funziona più normalmente.)

… e, di conseguenza, è stata compromessa la sua capacità di ricevere, elaborare ed interpretare nuove informazioni: adesso, quando succede qualcosa di nuovo—un nuovo suono, forse, o c’è qualcosa di nuovo da vedere—il protagonista deve far affidamento sui suoi ricordi per comprenderne il significato.

ne serba più che gli avvertimenti il ricordo, com’erano; non ancora lontani ma già staccati: là l’udito, dov’è un rumore anche minimo nella notte; qua la vista, dov’è appena un barlume;

E poi, impariamo che il protagonista usa la sua memoria anche per riconoscere i particolari della sua camera.

e le pareti, il soffitto (come di qua pare polveroso) e giù il pavimento col tappeto, e quell’uscio, e lo smemorato spavento di quel letto col piumino verde e le coperte giallognole,

Adesso, come il corpo del protagonista viene descritto, comprendiamo la natura devastante della sua afflizione, cioè, il modo in cui il suo corpo è stato consumato;

sotto le quali s’indovina un corpo che giace inerte; la testa calva, affondata sui guanciali scomposti; gli occhi chiusi e la bocca aperta tra i peli rossicci dei baffi e della barba, grossi peli, quasi metallici; un foro secco, nero; e un pelo delle sopracciglia così lungo, che se non lo tiene a posto, gli scende sull’occhio.

… il protagonista, letteralmente, è ‘un’ombra di se stesso’, o, come diremmo, ‘a shadow of his former self’.

Lui, quello! Uno che non è più. Uno a cui quel corpo pesava già tanto.

Poi, impariamo che è anche degradato la funzione del suo sistema respiratorio,

E che fatica anche il respiro! 

… ed arriviamo a capire che lui è costretto a letto. 

Tutta la vita, ristretta in questa camera;

(Sotto ogni punto di vista, e ad effetto devastante, la vita del protagonista è stata gravemente ristretta, non è vero?)

Ben consapevole della sua situazione, il protagonista si sente l’ansietà. Crediamo che non voglia morire … al contrario, cerca d’‘ingannarsi’ per rimaner sveglio, in modo da evitare la morte, anche se crede che sarebbe più confortante dormire.

e sentirsi a mano a mano mancar tutto, e tenersi in vita fissando un oggetto, questo o quello, con la paura d’addormentarsi. Difatti poi, nel sonno…

Poi, leggiamo le ultime parole del protagonista, che vengono pronunciate ad un’altra persona presente nella sua camera. Il protagonista chiede se un’operazione rischiosa potrebb’esser efficace, ma la risposta, in così tante parole, è, ‘No, non c’è nient’altro che si possa fare’.

Come gli suonano strane, in quella camera, le ultime parole della vita:

– Ma lei è di parere che, nello stato in cui sono ridotto, sia da tentare un’operazione così rischiosa?

– Al punto in cui siamo, il rischio veramente…

– Non è il rischio. Dico se c’è qualche speranza.

– Ah, poca.

– E allora…

La lampada rosea, sospesa in mezzo alla camera, è rimasta accesa invano.

Il protagonista sembra accettar il suo destino, che è liberatorio,

Ma dopo tutto, ora s’è liberato,

… ma anche esasperante / terrificante.

e prova per quel suo corpo là, più che antipatia, rancore.

Il protagonista poi riconsidera il suo corpo. Ragiona che non abbia mai capito perché gli altri hanno prestato così tanta attenzione al suo corpo. Lui si chiede, ‘Com’è stato che il mio corpo è arrivato a rappresentarmi, cioè, la mi’identità, il mio carattere e la mia personalità?’

Veramente non vide mai la ragione che gli altri dovessero riconoscere quell’immagine come la cosa più sua.

Dopotutto, ragiona, lui era sempre più che il suo corpo,

Non era vero.

… qualcosa che è particolarmente vero in questo momento, dato l’attuale stato ridotto del suo corpo.

Non è vero.

No, il protagonista non nega l’esistenza del suo corpo, il suo punto di vista però è che lui era sempre tanto di più: la sua mente, prima di tutto, e la sua coscienza!

Lui non era quel suo corpo; c’era anzi così poco; era nella vita lui, nelle cose che pensava, che gli s’agitavano dentro, in tutto ciò che vedeva fuori senza più vedere se stesso. Case strade cielo. Tutto il mondo.

(A questo punto della storia, riconosciamo quanto ammiriamo e rispettiamo quest’uomo … non solo per la sua intelligenza ma anche per suo riguardo, sua introspezione, sua logica, suo impegno e sua passione! Sì, è vero che siamo in grado di veder solo una vestigia di ciò che quest’uomo era una volta, ma possiamo facilmente immaginare come dev’esser stato (vivo! cioè, impegnato con il mondo!) e restiamo fiduciosi che la nostra ammirazione sia ben giustificata.)

Adesso, il protagonista sembra intuire che la morte è vicina. Ancora cosciente, la sua mente contempla il momento in cui il suo corpo smette di funzionare del tutto;

Già, ma ora, senza più il corpo, è questa pena ora, è questo sgomento del suo disgregarsi e diffondersi in ogni cosa,

… ma questo, a sua volta, solleva una nuova preoccupazione: dopo la morte del protagonista, e la scomparsa del suo corpo, come sarà rappresentata la su’identità? cioè, come sarà mantenuta la sua memoria?

Sarà rappresentato, ad esempio, dai suoi effetti personali?

a cui, per tenersi, torna a aderire ma, aderendovi, la paura di nuovo, non d’addormentarsi, ma del suo svanire nella cosa che resta là per sé, senza più lui: oggetto: orologio sul comodino, quadretto alla parete, lampada rosea sospesa in mezzo alla camera.

Il protagonista ammette che questo potrebbe benissimo esser vero;

Lui è ora quelle cose;

… e poi, lui sostiene che, dopo la sua morte, queste cose potrebbero effettivamente assumere un significato che lui stesso non avesse mai considerato prima,

non più com’erano, quando avevano ancora un senso per lui; quelle cose che per se stesse non hanno alcun senso

… che, ovviamente, adesso ha poco significato.

e che ora dunque non sono più niente per lui.

Poi, il protagonista sembra realizzare la finalità della morte—perderà semplicemente il controllo di tutto.

E questo è morire.

Poi tuttavia, invece di continuare questa linea di pensiero, la mente del protagonista sembra vagare. In rapida successione pensa al muro che circonda la sua villa, poi alle viti che crescono sul muro e poi al serbatoio dell’acqua vicino al muro.

Il muro della villa. Ma come, n’è già fuori? La luna vi batte sopra; e giù è il giardino.

La vasca, grezza, è attaccata al muro di cinta. Il muro è tutto vestito di verde dalle roselline rampicanti.

L’acqua, nella vasca, piomba a stille. Ora è uno sbruffo di bolle. Ora è un filo di vetro, limpido, esile, immobile.

Come chiara quest’acqua nel cadere! Nella vasca diventa subito verde, appena caduta. E così esile il filo, così rade a volte le stille che a guardar nella vasca il denso volume d’acqua già caduta è come un’eternità di oceano.

E poi, considera le foglie (morte) che sono cadute nell’acqua del serbatoio e a terra. Par che il suo destino sia allineato con il destino di queste foglie.

A galla, tante foglioline bianche e verdi, appena ingiallite. E a fior d’acqua, la bocca del tubo di ferro dello scarico, che si berrebbe in silenzio il soverchio dell’acqua, se non fosse per queste foglioline che, attratte, vi fan ressa attorno. Il risucchio della bocca che s’ingorga è come un rimbrotto rauco a queste sciocche frettolose frettolose a cui par che tardi di sparire ingojate, come se non fosse bello nuotar lievi e così bianche sul cupo verde vitreo dell’acqua. Ma se sono cadute! se sono così lievi! E se ci sei tu, bocca di morte, che fai la misura!

La fine è vicina …

Sparire.

… e il protagonista perde tutta sua capacità di percepire il mondo che lo circonda. Agitato e confuso, i suoi pensieri vagano ancora una volta. 

Pensa, all’inizio, della sua morte,

Sorpresa che si fa di mano in mano più grande, infinita: l’illusione dei sensi, già sparsi, che a poco a poco si svuota di cose che pareva ci fossero e che invece non c’erano; suoni, colori, non c’erano; tutto freddo, tutto muto; era niente; e la morte, questo niente della vita com’era.

… e poi, al suo amore per il mondo naturale,

Quel verde… Ah come, all’alba, lungo una proda, volle esser erba lui, una volta, guardando i cespugli e respirando la fragranza di tutto quel verde così fresco e nuovo! Groviglio di bianche radici vive abbarbicate a succhiar l’umore della terra nera. Ah come la vita è di terra, e non vuol cielo, se non per dare respiro alla terra!

(Qui, ci chiediamo se il protagonista non creda nel concetto religioso d’una ‘vita dopo la morte’.)

Adesso, lui sembra aver raggiunto un punto di non ritorno.

Ma ora lui è come la fragranza di un’erba che si va sciogliendo in questo respiro, vapore ancora sensibile che si dirada e vanisce, ma senza finire, senz’aver più nulla vicino; sì, forse un dolore;

E poi, e poi,

… un’ultima volta, il protagonista si ferma a considerare l’oggetto—l’unico vero oggetto—che rappresenterebbe al meglio la sua identità dopo la sua morte. Si chiede, ‘Se non il mio corpo e non i miei effetti personali, qual’altro oggetto o cosa potrebbe rappresentare la mia identità dopo muoio?’

ma se può far tanto ancora di pensarlo, è già lontano, senza più tempo, nella tristezza infinita d’una così vana eternità.

… forse una pietra?

Una cosa, consistere ancora in una cosa, che sia pur quasi niente, una pietra.

… oppure un fiore?

O anche un fiore che duri poco:

Sì! Un fiore! Miracolosamente, lui ricorda un geranio … ecco, quel geranio nel suo giardino che sbocciava di notte! per ragioni transitorie, misteriose e sconosciute.

ecco, questo geranio…

– Oh guarda giù, nel giardino, quel geranio rosso. Come s’accende! perché?

Di sera, qualche volta, nei giardini s’accende così, improvvisamente, qualche fiore; e nessuno sa spiegarsene la ragione.

Sembra a noi che il bellissimo geranio di sera sia una metafora della vita del protagonista. Vorremmo pensare che un’immagine di questo fiore sia stata l’ultima cosa che il protagonista ha ‘visto’ prima di morire.

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