Riassunto: I fortunati

Nella novella I fortunati (L. Pirandello), che si svolge a Montelusa (Sicilia) nel Ottocento, il protagonista, don Arturo Filomarino, è un giovane prete il cui padre è morto di recente.

La novella inizia con una girandola di emozioni: in primo luogo, il Filomarino è in conflitto sulla memoria di suo padre, un usuraio che ha approfitto di tanti altri (ha addebitato un tasso di interesse del 24% per i suoi prestiti). È vero che suo padre era generoso con i suoi profitti, in particolare con la Chiesa cattolica, ma il Filomarino dice, “Non erano però, a dir proprio, denari suoi.” Quando ha ricevuto la notizia che suo padre aveva sofferto una grave malattia, il Filomarino è partito subito da Roma ma è arrivato a Montelusa dopo il padre era morto. In un’espressione di ambiguità Pirandello scrive:

Neanche l’amara consolazione di rivederlo per l’ultima volta! Altrove Pirandello scrive: Egli, da parte sua, s’era votato a Dio per espiare con la rinunzia ai beni della terra il gran peccato in cui il padre era vissuto e morto.

Il Filomarino è anche in conflitto sul suo rapporto con le sue quattro sorelle. Lo risentono per vari motivi, tutti ridicoli; purtroppo, il Filomarino è sconfortevole perché deve passare/trascorrere alcuni giorni con le sorelle mentre la tenuta del padre è diviso tra di loro (è morto intestato). Pirandello scrive:

Ah, quelle quattro sorelle! quelle quattro sorelle! Lo avevano sempre malvisto, fin da piccino, anzi propriamente non lo avevano mai potuto soffrire, forse perché unico maschio e ultimo nato, forse perché esse, poverette, erano tutt’e quattro brutte, una piú brutta dell’altra, mentre lui bello, fino fino, biondo e riccioluto. La sua bellezza doveva parer loro doppiamente superflua, sí perché uomo e sí perché destinato fin dall’infanzia, col piacer suo, al sacerdozio. Prevedeva che sarebbero avvenute scene disgustose, scandali e liti al momento della divisione ereditaria. Già i cognati avevano fatto apporre i suggelli alla cassaforte e alla scrivania nel banco del suocero, morto intestato.

Inoltre il comportamento dei cittadini di Montelusa ha imbarazzato il Filomarino: i cittadini sperano di migliorare le condizioni dei propri prestiti da approfittando della natura del Filomarino. Pirandello scrive:

Tutte quelle visite, intanto, lo imbarazzavano. Per quel che volevano parere, data la qualità dei personaggi, rappresentavano per lui un onore immeritato; per il fine recondito che le guidava, un avvilimento crudele. Temeva quasi d’offendere a ringraziare per quell’apparenza d’onore che gli si faceva; a non ringraziare affatto, temeva di scoprir troppo il proprio avvilimento e d’apparir doppiamente sgarbato.

D’altra parte, non sapeva bene che cosa gli volessero dire tutti quei signori, né che cosa doveva rispondere, né come regolarsi. Se sbagliava? se commetteva, senza volerlo, senza saperlo, qualche mancanza?

Infine il Filomarino è confuso dal comportamento del suo mentore / confessore Monsignor Landolina. Il Monsignore è responsabile di un orfanotrofio ed è descritto come un “…esemplare, fervidissimo zelo di carità. Il Filomarino ha ereditato una quota dei prestiti del padre (le sue sorelle hanno ereditato il resto), e le sorelle hanno deciso di modificare i loro prestiti, riducendo il tasso di interesse dal 24% al 5%. Il Filomarino, commosso dai racconti dei disgraziati cittadini, dice al Monsignore che può semplicemente disfare/restituire i prestiti che lui ha ereditato. In un primo momento il Monsignore rifiuta i prestiti come le opere del diavolo; poi, in una transizione estremamente improvvisa / inaspettata, il Monsignore cambia idea e accetta i prestiti come ‘una buona cosa’. Il Monsignore si rende conto che può manipolare il Filomarino, ottenendo i prestiti per se stesso, e utilizzare i pagamenti dei prestiti per finanziare l’orfanotrofio. Secondo me il Monsignore razionalizza che i prestiti possono essere utilizzati a sostegno di carità… così (e in un momento di estrema ironia), lo scopo / il motivazione / il perché / l’utilità dei prestiti hanno cambiato… hanno divenuto le opere di Dio. Alla fine della novella il significato di ‘fortunati’ ha cambiato in un modo moltissimo ironico.

Secondo me il Pirandello utilizza la metafora in tutta la novella per indicare la natura imprevedibile della vita quotidiana. Fortuna e sfortuna. Es. all’inizio della novella il Pirandello scrive:

Tutto il vicinato stava a spiare dalle finestre e dagli usci di strada il portoncino stinto imporrito fasciato di lutto, che cosí, mezzo chiuso e mezzo aperto, pareva la faccia rugosa di un vecchio che strizzasse un occhio per accennar furbescamente a tutti quelli che entravano, dopo l’ultima uscita – piedi avanti e testa dietro – del padrone di casa.

Un po’ avanti il Pirandello scrive:

E fu una nuova processione alla casa di lui. Tutti pregavano, tutti scongiuravano per esser compresi tra i fortunati, e non rifinivano di porgli sotto gli occhi e di fargli toccar con mano le miserande piaghe della loro esistenza.

Un altro tema della novella è la contraddizione inerente (intrinseca e universale) della Chiesa cattolica. La vita quotidiana per la maggioranza degli esseri umani è sempre grigio. Ci sono sempre interessi in competizione. Il Filomarino è inesperto nelle vie del mondo, e il mondo è sempre e volentieri pronto ad approfittare da lui. Il punto di vista del Pirandello? Per essere immerso nel mondo, per coinvolgere altri esseri umani, un sacerdote debba essere in grado di competere (sia necesario competere per sopravvivere) e anche debba a volte essere pronto a deviare dalla vita ideale che Gesù l’ha insegnato.

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