Riassunto: La toccatina

Col cappellaccio bianco buttato sulla nuca, le cui tese parevano una spera attorno al faccione rosso come una palla di formaggio d’Olanda, Cristoforo Golisch s’arrestò in mezzo alla via con le gambe aperte un po’ curve per il peso del corpo gigantesco; alzò le braccia; gridò:

– Beniamino!

Così comincia La Toccatina, la meravigliosa, stupenda, incredibile novella di L. Pirandello.

Il primo paragrafo descrive l’incontro casuale di due vecchi amici, Cristoforo Golisch e Beniamino Lenzi. Il Golisch ha circa 40 anni e il Lenzi circa 50 anni. Entrambi gli uomini sono scapoli. Prima, erano amici quando erano ragazzi / uomini vivendo a Roma. Pirandello dice che il Golisch e il Lenzi condivisi insieme in scappatelle (antiche scapataggini). Si rende conto il letore che si trattavano dei episodi fisici: forse non penale, ma piuttosto il tipo delle cose che i giovani potrebbero fare. Penso che il Golisch e il Lenzi non siano né intellettuali né estremamente poveri o ignoranti… vale a dire che loro sono nel bel mezzo della società italiana nel corso del Ottocento.

Il Lenzi è molto cambiato dai effeti di un ictus (colpo apoplettico, infarto cerebrale) che ha sofferto nel recente passato. È debilitato (“secco e tentennante come una canna”) e il suo volto è senza espressione comprensibile (“occhi stranamente attoniti nella squallida faccia”). Il Lenzi può a malapena parlare, e la maggior parte di quello che dice è incomprensibile. (“Sotto i baffi già grigi le labbra, un po’ storte, si spiccicarono e lavorarono un pezzo con la lingua annodata a pronunziare qualche parola: – O… oa… oa sto meo… cammío.) Il Lenzi si muove molto lentamente e cammina… appoggiato a un bastone dalla grossa ghiera di gomma.”)

Il Lenzi ha sofferto un ictus sul lato destro del cervello, tale che il lato sinistro del suo corpo non si muove correttamente. (I tratti dei nervi chr originano nel cervello incrociano a livello del tronco encefalico.) Pirandello è attento a descrivere in dettaglio gli effetti del ictus sul lato sinistro della faccia, del braccio e della gamba. Il Golisch non può credere la condizione terribile-orrende del suo vecchio amico. Vuole dissimulare le sue emozioni, cioè, sorpresa, stupore, dolore, rabbia… quali, nel tempo, lo sopraffanno. Sperimenta anche il desiderio di aiutare il suo amico.

– Beniamino! – ripeté il Golisch; e questa volta la voce espresse, oltre la sorpresa, il dolore di ritrovare in quello stato, dopo tanti anni, l’amico.

Cercando di dissimulare alla meglio la pena, la costernazione strana che a mano a mano lo vinceva nel vedersi accanto quell’uomo toccato dalla morte, quasi morto per metà e cangiato, cominciò a domandargli dove fosse stato tutto quel tempo, da che s’era allontanato da Roma; che avesse fatto; quando fosse ritornato.

Pirandello si riferisce al ictus in termini della Morte… nella novella, una ‘toccatina’ non è la Morte precisamente ma piuttosto una prefigurazione (una malattia grave) di ciò che potrebbe essere all’orizzonte (la morte). Pirandello ricorda anche al lettore che mentre tutti noi moriremo, non possiamo mai sapere il momento preciso della nostra propria morte.

La morte, passando e toccando, aveva fissato cosí la maschera di quell’uomo. Egli doveva aspettare con quel volto, con quegli occhi, con quell’aria di spaurita sospensione, ch’ella ripassasse e lo ritoccasse un tantino piú forte per renderlo immobile del tutto e per sempre.

Abbiamo un senso che nel tempo passato il Lenzi era piena di vita. Ha combattuto tre duelli. Era innamorato di una donna. Pirandello contrasta effettivamente questo vecchio sé con una descrizione dettagliata del Lenzi oggi. Quel contrasto ci aiuta a capire come il Golisch nel capitolo 1 è fissato (è ossessionato!) con i cambiamenti irrevocabili nella vita del suo amico.

Pirandello descrive poi la convinzione del Golisch che sarebbe stato meglio per il Lenzi se fosse morto!

– Colpito! Morto per metà! Rimbambito… Come non s’ammazza? Se io fossi medico, lo ammazzerei! Per carità di prossimo… Gli fanno fare il tornio nel cortile… e lui crede che guarirà! Beniamino Lenzi, capite? Beniamino Lenzi che s’è battuto tre volte in duello, dopo aver fatto con me la campagna del ’66, ragazzotto… Perdio, e quando mai l’abbiamo calcolata noi, questa pellaccia? La vita ha prezzo per quello che ti dà… Dico bene? Non ci penserei neanche due volte…

Questo potrebbe essere uno shock per alcuni lettori, ma devo dirti che è un atteggiamento molto comune tra i medici: quando non c’è speranza di recupero da una grave malattia (uno che ha rubato una persona del suo carattere e le sue capacità), forse è più ragionevole considerare di terminare una vita invece di sostenerla.

Verso la fine del capitolo 1 il Golisch riceve la propria toccatina. Infatti è transitoria… una prefigurazione di ciò che verrà.

Nel capitolo 2 Golisch soffre un ictus. In contrasto dal ictus del signor Lenzi, il suo ictus è sul lato sinistro del cervello… quindi è il lato destro del suo corpo che viene compromessa.

***

Il mio paragrafo preferito:

Oggi, intanto, a Cristoforo Golisch è saltata in mente un’idea curiosa; ed ecco, la confida al Lenzi. Tutti e due, appoggiati al fido lampione, si guardano negli occhi e si provano a sorridere, contraendo l’uno la guancia destra, l’altro la sinistra. Confabulano un pezzo, con quelle loro lingue torpide; poi il Golisch fa segno col bastone a un vetturino d’accostarsi. Ajutati da questo, prima l’uno e poi l’altro, montano in vettura, e via, alla casa di Nadina in Piazza di Spagna.

Come una conseguenza del ictus, il Golisch perde la sua capacità di parlare italiano e una gran parte della sua personalità.

Soffiata via, come niente, dal suo cervello ogni memoria della lingua italiana, anzi tutta quanta l’italianità sua.

Al tempo stesso, stranamente, il Golisch acquisisce la capacità di parlare il tedesco. (“Era divenuto tedesco a un tratto, Cristoforo Golisch: cioè, un altro; perché tedesco veramente, lui, non era mai stato.”)

Secondo me Pirandello ci costringe a chiedere:

– Chi siamo in realta?

– Qual è l’essenza del nostro carattere?

– Siamo ancora la stessa persona dopo una malattia catastrofica ci ha derubato della nostra funzionalità, la nostra personalità, i nostri atteggiamenti, e il modo in cui percepiamo e interagiamo con il mondo?

Certo Pirandello sa che abbiamo bisogno di rispondere a queste domande prima che possiamo dire quando una vita non è più degna di essere vissuta!

Un’altra domanda molto interessante è:

– Chi decide quando è migliore per permettere a qualcuno di morire?

– Dovrebbe essere il medico?

– È una persona alterata mai in grado di prendere questa decisione in modo razionale?

Nella novella, Pirandello ci dice che il Golisch è felice… (lui sta facendo progresso verso riacquistare la capacità di muoversi) mentre tutti gli altri vedono solo ciò che lui ha perso e probabilmente non mai recupererà.

Cioè, una persona che è compromessa ma non capisce veramente ciò che ha perso (quindi non soffre):

Chi dovrebbe decidere se questa persona sia un candidato per l’eutanasia?

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