Riassunto: Sopra e sotto

Sopra e Sotto, la novella (fantastica, incredibile!) di L. Pirandello, comincia così:

Eran venuti sú per la buja, erta scaletta di legno; sú, in silenzio, quasi di furto, piano piano.

È tarda sera. Due uomini — uno più vecchio, l’altro più giovane — salgono / si arrimpicano una scala in legno ripida a un alto terrazzo che si affaccia sui tetti degli edifici circostanti.

Conversano e bevevono.

Gli uomini sono amici, si conoscono da tempo. Ciascuno degli uomini è un professore.

(Quando leggo la parola “professore”, penso a “un membro della facoltà universitaria”. Paola, ti fai anche fare questa connessione?)

Gli uomini sono diversi per quanto riguarda i loro aspetti fisici e le loro personalità. L’uomo più vecchio, il professor Carmelo Sabato, è tozzo, pingue e calvo. L’uomo più giovane, professor Enrico Lamella, è biondino, magro, itterico, nervosissimo.

(Quando leggo che un giovane è itterico, penso a una malattia virale (epatite) o una malattia congenita. Paola, ti fai a fare la stessa connessione?)

Il rapporto dei due uomini non è uguale. In precedenza, il Lamella era lo studente (“antico alunno”) del Sabato. Quando si parla del Lamella, il professor Sabato utilizza:

– il “tu”,

– invece di “Enrico”, usa il diminutivo “Enrichetto” e

– ad un certo punto nelle prime fasi della novella, il Sabato si riferisce al Lamella come “figliuolo”.

Al contrario quando si parla del Sabato, il Lamella utilizza il “voi” e si riferisce al Sabato come “professore”.

Sembra chiaro al lettore che i due uomini si rispettano l’un l’altro. Tuttavia fin dall’inizio della novella il lettore comprende che professor Sabato è affetto da un disturbo emotivo estremo che ottunde e limita la sua capacità di esprimere se stesso.

E bevevano.

Vino, il professor Sabato: vino, fino a schiattarne: voleva morire. Il professor Lamella, birra: non voleva morire.

Teneva ciondoloni il testone calvo e raso, socchiusi gli occhi bovini torbidi, venati di sangue, sotto le foltissime sopracciglia spioventi, e parlava con voce languida, velata, stiracchiata, come se si lamentasse in sogno.

Gli uomini litigano.

– Enrichetto, Enrichetto mio, – diceva, – mi fai male… t’assicuro che mi fai male… tanto male…

È vero che il Lamella incoraggia, argomenta, esorta, sostiene. Lui è implacabile, ostinato, forte, premuroso.

– Vi farò male; ne sono persuaso, caro professore; ma apposta lo faccio: voi dovete guarire! vi voglio rialzare! E vi ripeto che le vostre idee sono antiquate, antiquate, antiquate… Rifletteteci bene, e mi darete ragione!

– Enrichetto, Enrichetto mio, non sono idee, – implorava quello, con voce stiracchiata, lamentosa. – Forse prima erano idee. Ora sono il sentimento mio, quasi un bisogno, figliuolo: come questo vino: un bisogno.  

– E io vi dimostro che è stupido! – incalzava l’altro. – E vi levo il vino e vi faccio cangiar di sentimento…  

– Mi fai male…

Dopo leggendo questo, sembra chiaro al lettore che il Lamella sia molto preoccupato per la salute e il benessere del suo amico e mentore. Il Lamella capisce che il Sabato ha raggiunto uno stato di disperazione e che ha perso la voglia di vivere.

A questo punto ho trovato la novella difficile da seguire. Come è il caso quasi sempre, ho dovuto leggere l’intera novella e poi rileggerla per iniziare a capire il “percorso” che il Pirandello ha creato per me da seguire. (Paola, anche per te?)

I due uomini litigano su una questione che, a mio avviso, il Sabato abbia studiato per gran parte della sua carriera professionale, cioè, “Qual è il posto degli esseri umani nell’universo, cioè, nel mondo naturale?”

Penso che la domanda abbia le connotazioni religiose. Mi immagine che, ad un tempo o l’altro durante la sua carriera, il Sabato sia stato interessato nella risposta a diverse domande, come ad esempio:

– “C’è un Dio?”

– “Era fatto l’uomo all’immagine di Dio?”

– “Se l’uomo è stato fatto all’immagine di Dio, sia il centro dell’universo?”

– “È la natura più o meno importante degli esseri umani?”

Ho il sospetto che il Sabato abbia scritto e pubblicato le sue opinioni. Ho anche un sospetto che lui sia considerato un esperto / autorità in questo campo di studio / ricerca / indagine. Per lo meno il Pirandello ci dice che il Sabato ha insegnato questo argomento probabilmente per molti anni. Infatti il Lamella è stato introdotto a quest’idee come uno studente del Sabato.

Chiaramente il Sabato è convinto che la natura è più potente / significativo di quanto gli esseri umani. L’uomo non è il centro dell’universo; la natura è. Ne consegue che il Sabato non crede né in Dio né in cielo. In altre parole, il Sabato non ha la fede religiosa.

Il rapporto dell’uomo con il mondo naturale è un tema che attraversa quasi tutto il mondo Pirandelliano (cioè, quasi tutte le novelle che abbiamo letto finora). Questo è un argomento complicato e complesso e, veramente per me, è affascinante osservare il Pirandello mentre esplora di nuovo e di nuovo la domanda.

In contrasto con il Sabato, il Lamella crede che l’uomo è il centro dell’universo e che la natura è sottomessa all’uomo. Questo è perché l’uomo ha la capacità di impegnarsi in pensiero razionale.

Il Lamella riprese con furia:

– E vi sembra serio, questo, egregio professore? Ma scusate! Se l’uomo può intendere e concepire cosí la infinita sua piccolezza, che vuol dire? Vuol dire ch’egli intende e concepisce l’infinita grandezza dell’universo! E come si può dir piccolo, dunque, l’uomo?

– Piccolo… piccolo – diceva, come da una lontananza infinita, il professor Sabato.

E il Lamella, sempre piú infuriato:

– Voi scherzate! Piccolo? Ma dentro di me dev’esserci per forza, capite? qualcosa di quest’infinito, se no io non lo intenderei, come non lo intende… che so? questa mia scarpa, putacaso, o il mio cappello. Qualcosa che, se io affiso… cosí… gli occhi alle stelle, ecco, s’apre, egregio professore, s’apre e diventa, come niente, piaga di spazio, in cui roteano mondi, dico mondi, di cui sento e comprendo la formidabile grandezza. Ma questa grandezza di chi è? È mia, caro professore!

Perché è sentimento mio! E come potete dunque dire che l’uomo è piccolo, se ha in sé tanta grandezza?

Poi dice il Lamella:

Dimmi ora che significa. Significa che la grandezza dell’uomo, se mai, è solo a patto di sentire la sua infinita piccolezza! significa che l’uomo è solo grande quando al cospetto dell’infinito si sente e si vede piccolissimo; e che non è mai cosí piccolo, come quando si sente grande! Questo significa! E che conforto, che consolazione ti può venir da questo? che l’uomo è dannato qua a questa atroce disperazione: di vedere grandi le cose piccole – tutte le cose nostre, qua, della terra – e piccole le grandi là, le stelle?

…e poi

– E che c’entra? e che c’entra? – gridava intanto il Lamella, tirate le gambe fuori dell’amaca, e agitandole insieme con le braccia, come se volesse lanciarsi sul professore. – Conforto? consolazione? Voi cercate questo, lo so! Voi avete bisogno di vedervi, di sapervi piccolo…

…e poi

– Vergognatevi! Vergognatevi! – inveí il Lamella. – Se la vita ha in sé, se l’uomo ha in sé quella sventura che voi dite, sta a noi di sopportarla nobilmente! Le stelle sono grandi, io sono piccolo, e dunque m’ubriaco, è vero? Questa è la vostra logica! Ma le stelle sono piccole, piccole, se voi non le concepite grandi: la grandezza dunque è in voi! E se voi siete cosí grande da concepir grandi le cose che pajono piccole, perché poi volete vedere piccole e meschine quelle che a tutti pajono grandi e gloriose? Pajono e sono, professore! Perché non è piccolo, come voi credete, l’uomo che le ha fatte, l’uomo che ha qua, qua in petto, in sé la grandezza delle stelle, quest’infinito, quest’eternità dei cieli, l’anima dell’universo immortale. Che fate? ah, voi piangete? ho capito! Siete già ubriaco, professore!

…e finalmente

– Per carità… per carità… – gemeva, implorava il professor Carmelo Sabato, tra le lagrime, sussultando. – Enrichetto… Enrichetto mio… no, per carità… non mi dire che ho un’anima immortale… Fuori! fuori! Ecco, sí, ecco quello che io dico: fuori; sarà fuori l’anima immortale… e tu la respiri, tu sí, perché non ti sei ancora guastato… la respiri come l’aria, e te la senti dentro… certi giorni piú, certi giorni meno… Ecco quello che io dico! Fuori… fuori… per carità, lasciala fuori, l’anima immortale… Io, no… io, no… mi sono guastato apposta per non respirarla piú… m’empio di vino apposta, perché non la voglio piú, non la voglio piú dentro di me… la lascio a voi… sentitevela dentro voi… io non ne posso piú… non ne posso piú…

Che cosa c’è dietro questo litigio?

Verso la fine della novella ci apprendiamo che la disperazione del Sabato è perché sua moglie sta morendo. Quando i due uomini salgono alla terrazza, la moglie è in punto di morte, un piano sotto nel suo appartamento.

Secondo me il matrimonio è stato lungo e felice. (Pirandello scrive che la moglie sta morendo nel suo “letto matrimoniale”.)

A questo punto, secondo me, il lettore capisce che il Lamella vuole sostenere il suo mentore, vuole aiutarlo a ritrovare il suo equilibrio, vuole aiutare il Sabato spostarsi dalla disperazione a qualcos’altro stato di più positivo.

A prima vista, può sembrare strano che il Lamella impegna il Sabato in una discussione filosofica… non è vero che questo sia un modo goffo e controproducente per sostenere un amico la cui moglie sta morendo?

Ma, per me, fa buon senso… e per due motivi.

In primo luogo, credo che il Pirandello voglia approfondire l’argomento: i protagonisti sono due uomini ben istruiti, con punti di vista opposti. Raccontando la loro storia così il Pirandello può esplorare e illuminare il tema del posto dell’uomo nel mondo naturale in modo altamente sofisticato.

In secondo luogo, credo che “Sopra e Sotto” sia una continuazione delle idee che sono state esplorate in “I tre pensieri della sbiobbina”. In entrambe le novelle un protagonista deve fare i conti con i sentimenti di disperazione.

– In “I tre pensieri” Clementina utilizza la fede religiosa come un fonte del conforto e della consolazione. Lei non scende nella disperazione. (La sua fede però non elimina il peso della sua vita. Alla fine della novella, quando il Pirandello scrive, “Ah, ecco perché! Clementina, ascoltando questo racconto della sorella, sente riempirsi gli occhi di lagrime. Per quel giovine o per sé?”, il lettore capisce quanto soffre Clementina (e poi il cuore del lettore si spezza.) Al contrario il ragazzo si utilizza né la scienza né la fede religiosa come un fonte della consolazione e il ragazzo cade in uno stato di disperazione accanto al bordo della pazzia. (Non esiste una spiegazione per la mancanza del ragazzo di un sistema di supporto.)

– In “Sopra e Sotto” il professor Sabato non ha inoltre un sistema di supporto. Non è uno scienziato, è un filosofo, e sembra chiaro che abbia trascorso la sua carriera intera sostenendo il primato del mondo naturale. È agnostico. Come il ragazzo in “I tre pensieri”, il professor Sabato raggiunge uno stato di disperazione e perde la voglia di vivere.

(Non è vero che l’argomento del professor Sabato sia analogo a quello di Galileo?)

Il finale di “Sopra e Sotto” è pura ironia: ci sono due suore che assistono alla moglie del Sabato! (Ci si chiede se avesse la fede religiosa la moglie?)

Quando si confronta con la morte di sua moglie, dice il Sabato:

Poi si volse al Lamella, come a fargli una domanda:

– Ah?  

La suora, senza sdegno, con umiltà dolente e paziente gli fe’ cenno di mettersi in ginocchio, ecco, cosí come faceva lei.

– L’anima, eh? – disse alla fine il Sabato, con un sussulto. – L’anima immortale, eh?  

– Signore! – supplicò l’altra suora piú anziana.

Di fronte alla morte di sua moglie, il Sabato chiama il Lamella un idealista!! (cioè, la realtà è che tutti noi moriremo; Dio e il cielo reppresentano un sogno.)

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