Riassunto: Un goj

Definizioni

Goj (plurale in inglese: Goyim)

Molto prima l’epoca romana aveva acquisito il significato di qualcuno che non è ebreo. Quest’ultimo è ancora il significato commune oggi.

Semitico [se-mì-ti-co] A agg.

Dei Semiti, che si riferirisce ai Semiti: popoli semitici.

Lingue semitiche, famiglia di lingue cui appartengono l’arabo, l’ebraico, l’aramaico e il fenicio, aventi un ceppo comune, un tempo.

antisemitico [an-ti-se-mì-ti-co] agg. (pl. m. -ci; f. -ca, pl. -che)

Che concerne l’antisemitismo: persecuzioni antisemitiche.

***

Un Goj (L. Pirandello) è una novella con una trama relativamente semplice; tuttavia solleva le domande e preoccupazioni che provocano il lettore a darsi i giudizi, farsi le opinioni e riflettersi sulle proprie esperienze di vita. Almeno alcuni dei problemi del protagonista riguardano i temi universali… vale a dire, i problemi che erano rilevanti sia prima che al momento è stato scritto la novella e anche restano molto attuali. È sempre affascinante come ancora e ancora, il Pirandello usa solo poche parole per comunicare e illuminare le questioni e preoccupazioni che possono influenzare profondamente la condizione umana.

La novella comincia così:

Il signor Daniele Catellani, mio amico, bella testa ricciuta e nasuta – capelli e naso di razza – ha un brutto vizio: ride nella gola in un certo modo cosí irritante, che a molti, tante volte, viene la tentazione di tirargli uno schiaffo. Tanto piú che, subito dopo, approva ciò che state a dirgli. Approva col capo; approva con precipitosi:

– Già, già! già, già!

Subito il lettore capisce che il protagonista della novella, Daniele Catellani, ha un brutto vizio. Dall’inizio il lettore ha la sensazione che il Catellani è intenso e troppo ansioso; sembra essere sotto pressione e costretto / obbligato.

Il brutto vizio assume tre forme:

– In primo luogo il Catellani ha una risata irritante che ha lo scopo di segnalare il suo accordo / la sua approvazione con qualunque un’altra persona ha appena detto. (vide sopra)

– In secondo luogo, il Catellani annuisce con la testa in segno di approvazione. Tuttavia lo fa il segno prima che l’altra persona ha completato il suo pensiero; così, il Catellani ha l’abitudine di interrompere, nel tentativo di essere d’accordo.

Come se poc’anzi non fossero state le vostre parole a provocargli quella dispettosissima risata.

In terzo luogo, è chiaro a tutti che il Catellani farà sempre ciò che gli viene detto. Lui è sottomesso: non oppone mai i giudizi / le opinioni degli altri.

Naturalmente voi restate irritati e sconcertati. Ma badate che è poi certo che il signor Daniele Catellani farà come voi dite. Non c’è caso che s’opponga a un giudizio, a una proposta, a una considerazione degli altri.

Il lettore può facilmente immaginare quanto irritante questo sarebbe. Confesso che vorrei evitare il Catellani il più possibile! Il suo brutto vizio è un impedimento autolesionista a guadagnare il rispetto e l’ammirazione degli altri. Il lettore ha la sensazione che il Catellani è un “outsider-looking-in” per quanto riguarda la sua comunità / il suo paese… in altre parole, lui è una persona che dev’essere evitata.

Finora purtroppo, da quello che sappiamo a questo punto della novella, la vita del Catellani non sembra essere felice. Poi il narratore condivide l’intuizione che il brutto vizio del Catellani si basa su un difetto del suo carattere.

Della remissione del signor Daniele Catellani e della sua buona volontà d’accostarsi senz’urti al mondo altrui, ci sono del resto non poche prove, della cui sincerità sarebbe, io credo, indizio di soverchia diffidenza dubitare.

Il difetto personaggio si basa sul fatto che il Catellani è ebreo. Il lettore apprende che il Catellani è nato Daniele Levi e che ha cambiato il suo nome a Daniele Catellani.

Cominciamo che per non offendere col suo distintivo semitico, troppo apertamente palesato dal suo primo cognome (Levi), l’ha buttato via e ha invece assunto quello di Catellani.

È facile per il lettore a supporre che il Catellani sia scomodo essere una persona di fede ebraica in una terra dei cattolici. Il Catellani ha scelto di negare la sua razza e religione in modo che possa essere più facilmente accettato.

Ma c’è di più… il Catellani si sposa in una famiglia ultracattolica. Il matrimonio è indicato come un matrimonio misto. Una condizione del matrimonio è che i bambini devono essere allevati come cattolici.

Ma ha fatto anche di piú.

S’è imparentato con una famiglia cattolica, nera tra le piú nere, contraendo un matrimonio cosiddetto misto, vale a dire a condizione che i figliuoli (e ne ha già cinque) fossero come la madre battezzati, e perciò perduti irremissibilmente per la sua fede.

Il capo della famiglia, il signor Pietro Ambrini, è il padre di sua moglie e anche un fanatico religioso. Il Catellani presuppone che il suo matrimonio nella famiglia Ambrini sarebbe dimostrare e validare il suo rifiuto del giudaismo:

Si vede che, concepita l’idea di contrarre un matrimonio misto, volle attuarla senza mezzi termini; e chi sa poi, forse anche con l’illusione che la scelta stessa della sposa d’una famiglia cosí notoriamente divota alla santa Chiesa cattolica, dimostrasse a tutti che egli reputava come un accidente involontario, da non doversi tenere in alcun conto, l’esser nato semita.

purtroppo quasi nulla che il Catellani spera per viene a passare. Subito dopo il matrimonio, l’Ambrini lo considera un nemico acerrimo. L’Ambrini rivendica il sacrosanto diritto di sorvegliare la famiglia, cioè al fine di garantire che gli insegnamenti della Chiesa sono seguiti con precisione e senza eccezione. Così visita la casa ogni giorno.

Ci sono lotte acerrime tra i due uomini tutti i giorni, ma i combattimenti sembrano essere unilaterali. L’Ambrini insulta e deride e accusa (L’Ambrini è un bullo molto brutto), ma il personaggio del Catellani è tale che lui non reagire.

Esiste questa situazione orrende / terribile per nove anni. Si può facilmente immaginare che le accuse e gli insulti abbiano solo peggiorati nel tempo. Il Pirandello si riferisce alla situazione familiare come una persecuzione religiosa.

Il Pirandello dice al lettore che il Catellani non merita d’essere trattato in questo modo.

Possibile, via, che in un tempo come il nostro, in un paese come il nostro, debba sul serio esser fatto segno a una persecuzione religiosa uno come lui, sciolto fin dall’infanzia da ogni fede positiva e disposto a rispettar quella degli altri, cinese, indiana, luterana, maomettana?

Eppure, è proprio cosí. C’è poco da dire: il suocero lo perseguita. Sarà ridicola, ridicolissima, ma una vera e propria persecuzione religiosa, in casa sua, esiste. Sarà da una parte sola e contro un povero inerme, anzi venuto apposta senz’armi per arrendersi; ma una vera e propria guerra religiosa quel benedett’uomo del suocero gliela viene a rinnovare in casa ogni giorno, a tutti i costi, e con animo inflessibilmente e acerrimamente nemico.

Poi il Pirandello spiega che l’insorgenza del brutto vizio del Catellani è databile all’inizio del matrimonio. In altre parole il brutto vizio è una manifestazione fisica del dolore / rifiuto / derisione / mancanza di rispetto / mancanza di confidenza che il Catellani si fa sentire ogni giorno.

Qual è la base della persecuzione? Indubbiamente le credenze del Ambrini (credenze zelante, fanatiche, rigorose e inflessibili) spiegano molto di quello che traspare tra i due uomini. Il Pirandello suggerisce anche che la sua incapacità a priori di accettare il Catellani si basi sulla dottrina della Chiesa del martirio del Gesú.

…vedendolo passare, come se per le sue nari ultracattoliche il genero non si sia per anche mondato del suo pestilenzialissimo foetor judaicus.

Il buon Dio, il buon Gesú – (ecco, il buon Gesú specialmente!)

E dovrebbe sul serio sentirsi in mezzo alla sua famiglia un goj, uno straniero; e sul serio infine prendere per il petto questo suo signor suocero cristianissimo e imbecille, e costringerlo ad aprir bene occhi e a considerare che, via, non è lecito persistere a vedere nel suo genero un deicida, quando in nome di questo Dio ucciso duemil’anni fa dagli ebrei,

Quest’interpretazione del martirio del Gesú è stato insegnato a me quando ero un bambino. Tuttavia, come ho cresciuto, l’interpretazione sembra più simile a una perversione della verità. In primo luogo, è vero che il Vangelo dice che i sacerdoti ebrei non hanno argomentato davanti al Ponzio Pilato che il Gesù non meritava di morire. (Penso che nel Vangelo questo rifiuto sia ritratto come un tradimento del Gesù, a causa di una paura dei romani.) Tuttavia, i sacerdoti ebrei non erano soli… per ragioni simili San Pietro anche ha tradito tre volte il Gesù.

L’Ambrini si riferisce al Catellani come un deicida. A mio parere questo sia semplicemente falso. I romani hanno ucciso il Gesù! La loro motivazione può essere inteso come un atto politico: doppotutto il Gesù ha minacciato di sconvolgere l’ordine politico, da minacciando la supremazia dei romani. Quindi, secondo me, Lui è stato trattato con severità.

Dopo nove anni il Catellani non può accettare di più la sua situazione. A mio parere la “straw that broke the camel’s back” (“la goccia che fa traboccare il vaso”) avvenga dopo i suoi figli riconoscono che il Catellani è la causa della discordia a casa.

Poi il Catellani comincia a capire l’ironia della sua situazione:

…non è lecito persistere a vedere nel suo genero un deicida, quando in nome di questo Dio ucciso duemil’anni fa dagli ebrei, i cristiani che dovrebbero sentirsi in Cristo tutti quanti fratelli, per cinque anni si sono scannati tra loro allegramente in una guerra che, senza giudizio di quelle che verranno, non aveva avuto finora uguale nella storia.

si rende conto che i cristiani sono altrettanto micidiale come gli ebrei, e questo porta alla rabbia e al risentimento. Il Catellani rivaluta la decisione di rinunciare alla sua fede ebraica.

Ma sí, via! Dovrebbe ammettere altrimenti sul serio d’aver commesso un’inutile vigliaccheria a voltar le spalle alla fede dei suoi padri, a rinnegare nei suoi figliuoli il suo popolo eletto: ‘am olam, come dice il signor Rabbino. E dovrebbe sul serio sentirsi in mezzo alla sua famiglia un goj, uno straniero; e sul serio infine prendere per il petto questo suo signor suocero cristianissimo e imbecille, e costringerlo ad aprir bene occhi e a considerare che, via, non è lecito persistere a vedere nel suo genero un deicida, quando in nome di questo Dio ucciso duemil’anni fa dagli ebrei, i cristiani che dovrebbero sentirsi in Cristo tutti quanti fratelli, per cinque anni si sono scannati tra loro allegramente in una guerra che, senza giudizio di quelle che verranno, non aveva avuto finora uguale nella storia.

No, no, via! Ridere, ridere. Son cose da pensare e da dir sul serio al giorno d’oggi?

Il mio amico signor Daniele Catellani sa bene come va il mondo. Gesú, sissignori. Tutti fratelli. Per poi scannarsi tra loro. È naturale. E tutto a fil di logica, con la ragione che sta da ogni parte: per modo che a mettersi di qua non si può fare a meno d’approvare ciò che s’è negato stando di là.

Approvare, approvare, approvar sempre.

Magari, sí, farci sú prima, colti alla sprovvista, una bella risata. Ma poi approvare, approvar sempre, approvar tutto.

Anche la guerra, sissignori.

Però (Dio, che risata interminabile, quella volta!) però, ecco, il signor Daniele Catellani volle fare, l’ultimo anno della grande guerra europea, uno scherzo al suo signor suocero Pietro Ambrini, uno scherzo di quelli che non si dimenticano piú.

La novella finisce in farsa. Il Catellani si impegna in un atto di ribellione che ha lo scopo di insultare l’Ambrini e di mettere lui in imbarazzo.

…eserciti di soldatini di stagno, d’ogni nazione, francesi e tedeschi, italiani e austriaci, russi e inglesi, serbi e rumeni, bulgari e turchi, belgi e americani e ungheresi e montenegrini, tutti coi fucili spianati contro la grotta di Bethlehem, e poi, e poi tanti cannoncini di piombo, intere batterie, d’ogni foggia, d’ogni dimensione, puntati anch’essi di sú, di giú, da ogni parte, tutti contro la grotta di Bethlehem, i quali avrebbero fatto veramente un nuovo e graziosissimo spettacolo.

Poi si nascose dietro il presepe.

Lascio immaginare a voi come rise là dietro, quando, alla fine della messa notturna, vennero incontro alla meravigliosa sorpresa il nonno Pietro coi nipotini e la figlia e tutta la folla degli invitati, mentre già l’incenso fumava e i zampognari davano fiato alle loro ciaramelle.

***

Ci sono molte situazioni nella vita che ci causano affrontare le minacce… dico le minacce a causa di pregiudizi, concorrenza, ingiustizia, ignoranza, chiusura mentale, paura, ecc. Queste situazioni sono meglio affrontate in modo sofisticato: possiamo postulare che aiutino spesso l’umorismo, l’arguzia, la determinazione, e la perseveranza!

La trama della novella sembra essere uno spreco colossale di vita! Ci si può chiedere: perché sia così difficile per i cittadini di accettare / abbracciare qualcuno della fede ebraica? Non sarebbe meglio per giudicare il Catellani esclusivamente sulla base del suo carattere?

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