Riassunto: Notte

Inizia così Notte (L. Pirandello):

Passata la stazione di Sulmona, Silvestro Noli rimase solo nella lercia vettura di seconda classe.

Volse un’ultima occhiata alla fiammella fumolenta, che vacillava e quasi veniva a mancare agli sbalzi della corsa, per l’olio caduto e guazzante nel vetro concavo dello schermo, e chiuse gli occhi con la speranza che il sonno, per la stanchezza del lungo viaggio (viaggiava da un giorno e una notte), lo togliesse all’angoscia nella quale si sentiva affogare sempre piú, man mano che il treno lo avvicinava al luogo del suo esilio.

Silvestro Noli è esausto dopo più d’un giorno di viaggio. (Il suo viaggio, dal Piemonte all’Abruzzo, in treno, non è ancora finito.) Per il Noli l’esaurimento potrebb’essere sia fisico che emotivo: ha appena viaggiato per 36 ore, probabilmente senza il sonno, e viene a conoscenza del lettore l’angoscia crescente che si sente lui come si avvicina sua casa in Abruzzo. Il Noli spera che possa dormire; come lui, la lanterna nel suo scompartimento del treno anche è esaurita.

Silvestro Noli vive in Abruzzo con sua famiglia (moglie e figlio). Ha viaggiato a Torino per visitare i suoi genitori, i quali non ha visto da sette anni.

Le fonti della sua angoscia sono molte e sono complicate.

In primo luogo il Noli si sente in colpa perché ha lasciato a casa sua, abbandonando i suoi genitori, per intraprendere la carriera di insegnante (prima in Calabria, poi in Basilicata e ora in Abruzzo).

***

È un segno di salute quando un giovanotto fa un taglio netto dai suoi genitori? Oppure è un segno di discordia / cattiva salute? Qual è la responsabilità di un giovanotto per i suoi genitori? Al contrario, i genitori: cosa onere dovrebbero essere consentiti a imporre a un giovanotto?

Dopo mi sono laureato in medicina, sono stato accettato in un posto in formazione a una prestigiosa scuola di medicina lontano da casa mia. Quando mio padre ha capito dei miei piani, era deluso: mi ha chiesto, “Non possa avere la stessa formazione qui (cioè, alla scuola di medicina vicino al nostro paese)?”

Avevo dimenticato questo episodio fino a quando ho letto Notte per la prima volta! Da giovane ero ambizioso: ho pensato solo a me stesso, non di mio padre e dei suoi sentimenti. Oggi, vorrei avessi avuto un po’ di più umanità / un po’ di più empatia quando ero un giovanotto.

***

In secondo luogo il Noli sperimenta il rimpianto e la nostalgia perché ha lasciato alle spalle la vita spensierata della sua gioventù.

Mai piú! mai piú! mai piú! Da quanto tempo il fragor cadenzato delle ruote gli ripeteva nella notte queste due parole?

Mai piú, sí, mai piú, la vita gaja della sua giovinezza, mai piú, là tra i compagni spensierati, sotto i portici popolosi della sua Torino; mai piú il conforto, quel caldo alito familiare della sua vecchia casa paterna; mai piú le cure amorose della madre, mai piú il tenero sorriso nello sguardo protettore del padre.

In terzo luogo il Noli si preoccupa che non possa mai più rivedere i suoi genitori.

Forse non li avrebbe riveduti mai piú, quei suoi cari vecchi! La mamma, la mamma specialmente! Ah, come l’aveva ritrovata, dopo sette anni di lontananza! Curva, rimpiccolita, in cosí pochi anni, e come di cera e senza piú denti. Gli occhi soli ancora vivi. Poveri cari santi occhi belli!

Il viaggio sembra essere un lusso per il Noli, e fa notare quanto i suoi genitori sono invecchiati dall’ultima volta li ha visto. I genitori potevano morire prima che lui sia in grado di tornare a Torino.

L’unico conforto il Noli può “affermare” è che i suoi genitori sembrano aver accettato il fatto che il loro figlio è spostato lontano.

Guardando la madre, guardando il padre, ascoltando i loro discorsi, aggirandosi per le stanze e cercando attorno, aveva sentito bene, che non per lui soltanto aveva avuto fine la vita della casa paterna. Con la sua ultima partenza, sette anni addietro, la vita era finita lí anche per gli altri.

Ci sono due ulteriori fonti dell’angoscia del Noli, entrambi le quale sono legate al concetto di identità.

In quarto luogo il Noli è convinto di aver perso tutti gli aspetti della sua vita a Torino.

Se l’era dunque portata via lui con sé? E che ne aveva fatto? Dov’era piú in lui la vita? Gli altri avevano potuto credere che se la fosse portata via con sé; ma lui sapeva di averla lasciata lí, invece, la sua, partendo; e ora, a non ritrovarcela piú, nel sentirsi dire che non poteva piú trovarci nulla, perché s’era portato via tutto lui, aveva provato, nel vuoto, un gelo di morte.

L’impressione è che il Noli abbia deliberatamente negato la sua storia personale, forse durante il suo tentativo di dare un taglio netto dalla sua famiglia. Ha gettato la sua storia per forgiare una nuova identità, una nuova persona, una nuova professione. Sembra che ora il Noli creda che ha negato troppo della sua storia (questa è la fonte della sua angoscia) e di conseguenza ha cambiato la sua personalità: ha perso una gran parte del suo calore e sua spontaneità e contentezza e affetto.

Per riempire il vuoto, il Noli sceglie di sposarsi.

A città Sant’Angelo, vinto e accecato dal bisogno cocente e smanioso d’un affetto che gli riempisse il vuoto in cui si vedeva sperduto, aveva commesso la follia di prender moglie; e s’era inchiodato lí, per sempre.

Il matrimonio era una delusione. Sua moglie è provinciale; lei rifiuta di lasciare Sant’Angelo, sia fisicamente che emotivamente: la coppia non ha avuto una luna di miele e la moglie non ha mai incontrato i genitori del Noli.

La moglie, nata e cresciuta in quell’alto umido paesello, privo anche d’acqua, coi pregiudizii angustiosi, le gretterie meschine e la scontrosità e la rilassatezza della pigra sciocca vita provinciale, anziché dargli compagnia, gli aveva accresciuto attorno la solitudine, facendogli sentire ogni momento quanto fosse lontano dall’intimità d’una famiglia che avrebbe dovuto esser sua, e nella quale invece né un suo pensiero, né un suo sentimento riuscivano mai a penetrare.

La coppia ha un figlio ma lui sembra solo di fare attenzione alla sua madre.

Gli era nato un bambino, e – cosa atroce! – anche quel suo bambino aveva sentito, fin dal primo giorno, estraneo a sé, come se fosse appartenuto tutto alla madre, e niente a lui.

Pertanto è comprensibile per il lettore quando il Pirandello scrive: “…gli aveva accresciuto attorno la solitudine, facendogli sentire ogni momento quanto fosse lontano dall’intimità d’una famiglia che avrebbe dovuto esser sua, e nella quale invece né un suo pensiero, né un suo sentimento riuscivano mai a penetrare.”

Finalmente, in quinto luogo, il Noli è stato costretto a rinunciare alle sue passioni. Naturalmente c’è di più per l’identità di una storia personale. Il Noli ama l’arte: quest’amore informa la sua personalità e il suo carattere. La sua passione per l’arte include il teatro e la musica, i quali lo sostengono e ispirano.

Purtroppo non c’è l’arte a Sant’Angelo. Come il Pirandello commenta, “(il Noli) aveva commesso la follia di prender moglie; e s’era inchiodato lí, per sempre.”

Il Pirandello descrive Sant’Angelo come una città “privo anche d’acqua” (al contrario descrive le arti come “d’un bicchier d’acqua pura!”).

E ancora, riferendosi a Sant’Angelo, il Pirandello scrive: “Ah, non la poteva bere, lui, quell’acqua greve, cruda, renosiccia delle cisterne. Dicevano che non faceva male; ma egli si sentiva da un pezzo anche malato di stomaco. Immaginario? Già! Per giunta, la derisione.”

Il lettore ha la sensazione che il Noli abbia raggiunto uno stato di disperazione: ha scelto di lasciarsi alle spalle la sua famiglia, la sua gioventù e le sue passioni. La sua propria famiglia non è stata in grado di colmare un vuoto che si sente (cioè, un bisogno di calore e affetto). Avrebbe potuto prendere un po’ di soddisfazione, si supponga, dalla sua carriera; ciononostante, per quanto riguarda la carriera, non sembra essere né una prospettiva per qualche ulteriore avanzamento né un’opportunità di crescita.

Le palpebre chiuse non riuscirono piú a contenere le lagrime, di cui s’erano riempite. Mordendosi il labbro, come per impedire che gli rompesse dalla gola anche qualche singhiozzo, Silvestro Noli trasse di tasca un fazzoletto.

Non pensò che aveva il viso tutto affumicato dal lungo viaggio; e, guardando il fazzoletto, restò offeso e indispettito dalla sudicia impronta del suo pianto. Vide in quella sudicia impronta la sua vita, e prese tra i denti il fazzoletto quasi per stracciarlo.

Poi il Pirandello scrive due bellissimi paragrafi per descrivere i travagli di un viaggiatore. Mi immagino che il viaggiatore sia una metafora per tutti noi che facciamo il “viaggio” per diventare adulti.

Meno male che, nella stazione, c’era il caffè aperto tutta la notte, ampio, bene illuminato, con le tavole apparecchiate, nella cui luce e nel cui movimento si poteva in qualche modo ingannar l’ozio e la tristezza della lunga attesa. Ma erano dipinti sui visi gonfii, pallidi, sudici e sbattuti dei viaggiatori una tetra ambascia, un fastidio opprimente, un’agra nausea della vita che, lontana dai consueti affetti, fuor della traccia delle abitudini, si scopriva a tutti vacua, stolta, incresciosa.

Forse tanti e tanti s’eran sentiti stringere il cuore al fischio lamentoso del treno in corsa nella notte. Ognun d’essi stava lí forse a pensare che le brighe umane non han requie neanche nella notte; e, siccome sopra tutto nella notte appajon vane, prive come sono delle illusioni della luce, e anche per quel senso di precarietà angosciosa che tien sospeso l’animo di chi viaggia e che ci fa vedere sperduti su la terra, ognun d’essi, forse, stava lí a pensare che la follía accende i fuochi nelle macchine nere, e che nella notte, sotto le stelle, i treni correndo per i piani buj, passando strepitosi sui ponti, cacciandosi nei lunghi trafori, gridano di tratto in tratto il disperato lamento di dover trascinare cosí nella notte la follía umana lungo le vie di ferro, tracciate per dare uno sfogo alle sue fiere smanie infaticabili.

A questo punto nella novella Silvestro Noli incontra la signora Nina, la moglie di un ex collega, il professor Ronchi, che è morto improvvisamente. La signora Nina sforza di provvedere a se stessa e al suo bambino.

Ancora una volta il Pirandello mostra come un’angoscia interna potrebbe manifestarsi come un aspetto esterno della personalità.

Ella fremeva in tutta la misera personcina nervosa e pareva andasse a sbalzi e gesticolava a scatti, con le spalle, con le braccia, con le lunghissime mani, quasi scusse di carne. Si mise a parlare affollatamente, e subito le s’infiammarono, di qua e di là, le tempie e gli zigomi. Raddoppiava, per un vezzo di pronunzia, la effe in principio di parola, e pareva sbuffasse, e di continuo si passava il fazzoletto su la punta del naso e sul labbro superiore che, stranamente, nella furia del parlare, le s’imperlavano di sudore; e la salivazione le si attivava con tanta abbondanza, che la voce, a tratti, quasi vi affogava.

I due viaggiatori decidono di lasciare la stazione ferroviaria; camminano verso il mare, e sulla passeggiata sono circondati dalla natura.

Andarono, muti, fino alla spiaggia sabbiosa, e si appressarono al mare.

La notte era placidissima; la frescura della brezza marina, deliziosa.

Il mare, sterminato, non si vedeva, ma si sentiva vivo e palpitante nella nera, infinita, tranquilla voragine della notte.

Solo, da un lato, in fondo, s’intravedeva tra le brume sedenti su l’orizzonte alcunché di sanguigno e di torbo, tremolante su le acque. Era forse l’ultimo quarto della luna, che declinava, avviluppata nella caligine.

Su la spiaggia le ondate si allungavano e si spandevano senza spuma, come lingue silenziose, lasciando qua e là su la rena liscia, lucida, tutta imbevuta d’acqua, qualche conchiglia, che subito, al ritrarsi dell’ondata, s’affondava.

In alto, tutto quel silenzio fascinoso era trafitto da uno sfavillío acuto, incessante di innumerevoli stelle, cosí vive, che pareva volessero dire qualcosa alla terra, nel mistero profondo della notte.

Nonostante Silvestro Noli e la signora Nina hanno sperimentato la disperazione mentre sono stati sul treno e nel caffè, altre emozioni e altri ricordi sono a loro disposizione una volta che sono circondati dalla natura (cioè la natura è l’antidoto al caos e alla mancanza d’umanità associata con la vita moderna).

La signora Nina ricorda un tempo più felice in Basilicata.

– Noli, non cantate piú?

– Io… cantare?

– Ma sí, voi cantavate, un tempo, nelle belle notti… Non vi ricordate, a Matera? Cantavate… L’ho ancora negli orecchi, il suono della vostra vocetta intonata… Cantavate in ffalsetto… con tanta dolcezza… con tanta grazia appassionata… Non ricordate piú?…

Per il Noli questa memoria è una rivelazione. Si tratta della musica! La sua musica da prima! La sua passione! Dopotutto lui non ha completamente gettato la sua storia!

Era dunque vero ch’egli se l’era portata via con sé, la vita, dalla casa paterna di Torino; ancora laggiú la aveva con sé, certo, se cantava… accanto a questa povera piccola amica, a cui forse aveva fatto un po’ di corte, in quei giorni lontani, oh cosí, per simpatia, senza malizia… per bisogno di sentirsi accanto il tepore d’un po’ d’affetto, la tenerezza blanda d’una donna amica.

– Vi ricordate, Noli?

Sia per il Noli che la signora Nina quest’atto di condivisione di una memoria fornisce un estremamente bisogno po’ d’affetto e di calore.

Il Pirandello rafforza il suo messaggio circa i benefici della natura.

Tacquero di nuovo. Guardando entrambi nella notte, sentivano ora che la loro infelicità quasi vaporava, non era piú di essi soltanto, ma di tutto il mondo, di tutti gli esseri e di tutte le cose, di quel mare tenebroso e insonne, di quelle stelle sfavillanti nel cielo, di tutta la vita che non può sapere perché si debba nascere, perché si debba amare, perché si debba morire.

La fresca, placida tenebra, trapunta da tante stelle, sul mare, avvolgeva il loro cordoglio, che si effondeva nella notte e palpitava con quelle stelle e s’abbatteva lento, lieve, monotono con quelle ondate su la spiaggia silenziosa. Le stelle, anch’esse, lanciando quei loro guizzi di luce negli abissi dello spazio, chiedevano perché; lo chiedeva il mare con quelle stracche ondate, e anche le piccole conchiglie lasciate qua e là su la rena.

I due viaggiatori tornano alla stazione con le loro vite rinnovate e rinvigorite: le loro vite hanno le possibilità e la speranza.

Egli si sentí tutto ripreso dalla miseria abituale della sua casa vicina, ove tra poco sarebbe arrivato: la rivide, come se già vi fosse, con tutti i suoi colori, in tutti i suoi particolari, con entro la moglie e il suo piccino, che gli avrebbero fatto festa all’arrivo. E anch’ella, la vedovina, non vide piú cosí nera e cosí disperata la sua sorte: aveva con sé parecchie migliaja di lire, cioè la vita assicurata per qualche tempo: avrebbe trovato modo di provvedere all’avvenire suo e dei tre piccini. Si racconciò con le mani i capelli su la fronte e disse, sorridendo, al Noli:

– Chi sa che ffaccia avrò, caro amico, non è vero?

E si mossero entrambi per ritornare alla stazione.

Nel piú profondo recesso della loro anima il ricordo di quella notte s’era chiuso; forse, chi sa! per riaffacciarsi poi, qualche volta, nella lontana memoria, con tutto quel mare placido, nero, con tutte quelle stelle sfavillanti, come uno sprazzo d’arcana poesia e d’arcana amarezza.

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