Riassunto: L’uomo solo

Si riunivano all’aperto, ora che la stagione lo permetteva, attorno a un tavolinetto del caffè sotto gli alberi di via Veneto.

Inizia così L’uomo solo (L. Pirandello), una novella veramente sorprendente per me… sorprendente nel senso che non ho creduto che una novella scritta più di cent’anni fa potrebb’essere così provocante a un uomo americano nel 2015.

Quattro uomini: padre e figlio (i Groa, Mariano e Torellino) e due amici del padre (il vedovo, Filippo Romelli, e uno scapolo, Carlo Spina). Si incontrano tutti e quattro per un aperitivo in un quartiere di lusso (cioè, raffinato, elegante, ricco) di Roma.

Tutti gli uomini hanno un desiderio cocente per un rapporto intimo e affettuoso con una donna:

– Carlo Spina, lo scapolo, è forse l’uomo più spensierato dei quattro uomini. La sua preoccupazione principale è che mentre si invecchia le sue opportunità con le donne diventeranno sempre più ristrette.

Allo Spina, amico suo indivisibile da tanti anni, aveva detto piú volte:

– Verità sacrosanta, amico mio: l’uomo non può esser tranquillo, se non s’è assicurate tre cose: il pane, la casa, l’amore. Donne, tu ne trovi adesso; ti posso anche ammettere che, quanto a questo, tu stai meglio di me, per ora. Ma la gioventú, caro, è assai piú breve della vecchiaja. Lo scapolo gode in gioventú; ma poi soffre in vecchiaja. L’ammogliato, al contrario. Ha piú tempo di goder l’ammogliato dunque, come vedi!

– Il figlio, Torellino Groa, è ancora al liceo; si sente e si riconosce il desiderio (la necessità biologica) di stare con una ragazza, ma lui è ingenuo ed inesperto… per lui, il lettore possa facilmente assumere, sarebbe la sua prima esperienza.

– Il vedovo, Filippo Romelli, è di circa 50 anni. Sua moglie è morta circa 5 mesi fa. Il matrimonio è stato una fonte di gioia e soddisfazione per entrambi i Romelli, e Filippo Romelli è ancora devastato dalla sua perdita: anche se lui è tristissimo e probabilmente ancora soffre la depressione, mi sembra giusto dire che il Romelli non abbia ancora raggiunto uno stato di disperazione.

Filippo Romelli, il vedovo, piccolino di statura, pulito, in quel suo abito nero da lutto ancora senza una grinza, preciso in tutti i lineamenti fini, d’omettino bello vezzeggiato dalla moglie, si recava tutte le domeniche al camposanto a portar fiori alla sua morta, e piú degli altri due sentiva l’orrore della propria casa attufata dai ricordi, dove ogni oggetto, nell’ombra e nel silenzio, pareva stesse ancora ad aspettare colei che non vi poteva piú far ritorno, colei che lo accoglieva ogni volta con tanta festa e lo curava e lo lisciava e gli ripeteva con gli occhi ridenti come e quanto fosse contenta d’esser sua.

Secondo me questo non sembra essere una descrizione di ‘disperazione totale’. Dopotutto si prende cura e energia e focus e forza di carattere a vivere in questo modo. Ciononostante, allo stesso tempo il Romelli si è preoccupato che lui non possa mai più sperimentare l’amore di una donna.

Anche nella sua donna, negli ultimi tempi, aveva amato il ricordo delle gioje passate, che non potevano piú, ormai, esser per lui. Nessuna donna piú lo avrebbe amato, ora, per se stesso. Aveva già quasi cinquant’anni.

(Ammetto io che rimasto senza fiato quando ho letto questo! Non c’è nulla per guardare al futuro dopo i 50 anni? Niente?? Senza ispirazione? Solo la morte? Nessun soddisfazione? Davvero???)

;>)

– Finalmente il padre, Mariano Groa, è stato legalmente divorziato circa un anno fa. Sua moglie era stata infedele per lungo tempo (molti anni). Ciononostante il Groa ha rammaricato il divorzio poco dopo è stato finalizzato. Sfortunatamente per lui, sua moglie non ha nessun interesse a tornare al matrimonio.

Sapeva da tant’anni che la moglie – vezzosa donnettina dal nasino ritto, due fossette impertinenti alle guance e occhietti vivi vivi, da furetto – lo tradiva. Alla fine, un brutto giorno, era stato costretto ad accorgersene, e s’era diviso da lei legalmente. Se n’era pentito subito dopo; ma lei non aveva piú voluto saperne, contenta delle duecento lire al mese ch’egli le passava per mezzo del figliuolo, il quale andava a visitarla ogni due giorni.

Torellino Groa, chi vive qualche giorno della settimana con suo padre, è consapevole della disperazione del padre e cerca di consolarlo.

Spesso, il figliuolo, che gli dormiva accanto, sentendolo piangere o gemere con la faccia affondata nel guanciale, si levava su un gomito e cercava di confortarlo amorosamente:

– Papà, papà…

Mariano Groa non prende più cura di se stesso. All’inizio della novella la suggestione è che l’apparenza scarmigliata/scapigliata/dissoluta del padre sia una manifestazione della depressione e disperazione.

…mentre quel povero Groa… Eccolo là: panciuto, sciamannato, con una grinta da can mastino con gli occhiali, ispido di una barba non rifatta chi sa da quanti giorni, e con la giacca senza bottoni, il colletto spiegazzato, giallo di sudore, la cravatta sudicia, annodata di traverso.

Poi appare come se il Groa ignori se stesso (o diciamo neghi se stesso) in modo da poter dare a Torellino tutti i suoi beni (cioè, un atto altruistico di compensazione, d’amore, d’umanità).

Si pentiva subito di queste sfuriate, e compensava con carezze, con regali il figliuolo; lo avviziava; gli prodigava le cure di una madre; e non badava a sé, ai suoi abiti, alle sue scarpe, alla sua biancheria, purché il figlio andasse ben vestito, di tutto punto,

Ma poi il lettore capisce che la motivazione del padre è complessa: vuole che il suo figlio fa una bella figura al fine di impressionare l’ex-moglie!

…e si presentasse alla mamma ogni due giorni come un figurino.

Quindi una situazione complessa. Alla fine può essere corretto supporre che tutte queste emozioni del padre (cioè, la depressione, la disperazione, l’amore del Torellino, il desiderio di impressionare sua ex-moglie) contribuiscano al suo aspetto scarmigliato/scapigliato/dissoluto.

La narrazione della novella si concluderà in maniera drammatica con il suicidio di Mariano Groa dopo si arrende alla sua disperazione.

***

Ci sono tre punti supplementari per fare.

Primo:

Uno dei grandi piaceri della novella è che il Pirandello descrive vividamente le donne sulla via Veneto che inducono un senso di bramosia/desiderio nei quattro uomini:

Là attorno al tavolino, dopo i saluti, raramente scambiavano tra loro qualche parola. Sorseggiavano una piccola Pilsen, succhiavano qualche sciroppo con un cannuccio di paglia, e stavano a guardare, a guardar tutte le donne che passavano per via, sole, a coppie, o accompagnate dai mariti: spose, giovinette, giovani madri coi loro bambini; e quelle che scendevano dalla tranvia, dirette a Villa Borghese, e quelle che ne tornavano in carrozza, e le forestiere che entravano al grande albergo dirimpetto o ne uscivano, a piedi, in automobile.

Non staccavano gli occhi da una che per attaccarli subito a un’altra, e la seguivano con lo sguardo, studiandone ogni mossa o fissandone qualche tratto, il seno, i fianchi, la gola, le rosee braccia trasparenti dai merletti delle maniche: storditi, inebriati da tutto quel brulichío, da tutto quel fremito di vita, da tanta varietà d’aspetti e di colori e di espressioni, e tenuti in un’ansia angosciosa di confusi sentimenti e pensieri e rimpianti e desiderii, ora per uno sguardo fuggevole, ora per un sorriso lieve di compiacenza che riuscivano a cogliere da questa o da quella, tra il frastuono delle vetture e il passerajo fitto, continuo che veniva dalle prossime ville.

Poi descrive in dettaglio il senso della bramosia:

Sentivano tutti e quattro, ciascuno a suo modo, il bisogno cocente della donna, di quel bene che nella vita può dar solo la donna, che tante di quelle donne già davano col loro amore, con la loro presenza, con le loro cure, e forse senz’esserne ricompensate a dovere dagli uomini ingrati.

Appena questo dubbio sorgeva in essi per l’aria triste di qualcuna, i loro sguardi s’affrettavano a esprimere un intenso accoramento o un’acerba condanna o una pietosa adorazione. E quelle giovinette? Chi sa com’eran disposte e pronte a dar la gioja del loro corpo! E dovevano invece sciuparsi in un’attesa forse vana tra finte ritrosie in pubblico e chi sa che smanie in segreto.

Ciascuno, con quel quadro fascinoso davanti, pensando alla propria casa senza donna, vuota, squallida, muta, compreso da una profonda amarezza, sospirava.

Secondo:

Secondo me si tratta di una novella delle emozioni: la voglia, il desiderio, la bramosia, la tristezza, la depressione, la disperazione. Per tutti e quattro degli uomini le emozioni sono intentissimamente sentite, e penso che tutti loro siano sopraffati… (cioè, loro non possano più ragionare o adattare e non siano in grado di pensare con chiarezza; quindi ciascuno di loro sia letteralmente un prigioniero al suo stato emozionale).

Mentre ho letto la novella, mi sono chiesto se i due protagonisti principali, Mariano Groa e Filippo Romelli, sarebbero anche intrappolati dalle norme sociali, cioè, ho sospettato che tutti e due non avrebbero trovare l’amore e la felicità di un’altra donna perché sono stati costretti ad onorare i ricordi delle loro mogli.

Tuttavia quello non sembra essere il caso. Alla fine penso che il Pirandello si preoccupi principalmente di mostrarci che i due protagonisti principali sono intrappolati, ciascuno a suo modo, dai loro pensieri (e anche le credenze ei sentimenti ei ricordi) interiori.

Ad esempio, il Romelli:

Filippo Romelli, il vedovo, piccolino di statura, pulito, in quel suo abito nero da lutto ancora senza una grinza, preciso in tutti i lineamenti fini, d’omettino bello vezzeggiato dalla moglie, si recava tutte le domeniche al camposanto a portar fiori alla sua morta, e piú degli altri due sentiva l’orrore della propria casa attufata dai ricordi, dove ogni oggetto, nell’ombra e nel silenzio, pareva stesse ancora ad aspettare colei che non vi poteva piú far ritorno, colei che lo accoglieva ogni volta con tanta festa e lo curava e lo lisciava e gli ripeteva con gli occhi ridenti come e quanto fosse contenta d’esser sua.

In tutte le donne che vedeva passare per via lui badava ora a sorprender la grazia di qualche mossa che gli richiamasse viva l’immagine della sua donna, non com’era ultimamente, ma qual era stata un tempo, quando gli aveva dato quella tal gioja che quest’altra, ora, gli ridestava pungente nella memoria; e subito serrava le labbra per l’impeto della commozione che gli saliva amara alla gola, e socchiudeva un po’ gli occhi, come fanno al vento gli uccelli abbandonati su un ramo.

E questo:

Ah, per lui la sorte era stata veramente crudele! Vedersi strappare la compagna in quel punto, alla soglia della vecchiaja, quando ne aveva piú bisogno, quando anche l’amore, sempre irrequieto nella gioventú, cominciava a pregiar soltanto la tranquillità del nido fedele! Ed ecco che ora gli toccava a risentire l’irrequietezza di esso, fuori tempo, e perciò ridicola e disperata.

Anche per il Groa:

Aveva coscienza di non aver fatto mai, mai, il minimo torto a quell’infame donna che lo aveva trattato cosí!

Che ci poteva far lui se attorno al suo cuore tenero e semplice, di bambino, era cresciuto tutto quel corpaccio da maiale? Nato per la casa, per adorare una donna sola nella vita, che gli volesse – non molto! non molto! – un po’ di bene, quanto compenso le avrebbe saputo dare, per questo po’ di bene!

Terzo:

Questa è anche una novella dell’emozione di ‘solitudine’, un’emozione acutamente e intensamente sentita da Mariano Groa e suo figlio.  Penso che quello che il Pirandello intendi quando scrive, “Venivano prima i Groa, padre e figlio. E tanta era la loro solitudine che, pur cosí vicini, parevano l’uno dall’altro lontanissimi.” è che il padre e il figlio sono soli, o solitari (e a cause, tutt’e due sono dolorosamente tristi).

Tuttavia ‘solitudine’ può anche avere una connotazione positiva, es. vale a dire che può significare ‘tempo personale’ o ‘una pausa per riflettere’ o ‘una fuga dalla vita e troppo occupata’.

Per un esempio della connotazione positiva di ‘solitudine’, vedete questa traduzione di una porzione del testo di un articolo recente del New York Times:

Kate Orff, un’architetta del paesaggio, prima ha catturato l’attenzione del pubblico nel 2010 con la sua appassionata promozione di un piano proposto dal suo impresa, Scape, per portare le ostriche di nuovo a New York Harbor (i bivalvi filtrano l’acqua e formano le barriere che possono tamponare contro una tempesta). Dopo l’uragano Sandy, l’idea è diventata parte di un programma di $60 mil finanziato dal governo federale per costruire una diga seminato con ostriche al largo di Staten Island South Shore. La signora Orff, 43 anni, è anche il direttore del Programma Urban Design presso la Columbia University Graduate School of Architecture, Planning and Preservation. Vive con suo marito, Oded Horodniceanu, 42, un imprenditore e ingegnere, ei loro figli, Adi, 8, e Matias, 4, a Forest Hills, nel Queens, in una comunità rowhouse chiamato Arbor Chiudere – il paesaggio disegnato, opportunamente, per i Fratelli Olmsted.

Per quanto reguarda la solitudine, la signora Orff ha detto,

Ho queste due ore nella settimana a me stesso. Non è nemmeno la decompressione; è la solitudine. Se il tempo è bello, mi sederò al di fuori. In caso contrario, io sono sul divano leggendo la sezione di Travel del New York Times o The New Yorker tra la pulizia di casa e faccendo il bucato.

http://www.nytimes.com/2015/11/08/nyregion/for-landscape-architect-kate-orff-sunday-morning-means-having-to-say-sorry.html?action=click&pgtype=Homepage&version=Moth-Visible&module=inside-nyt-region&region=inside-nyt-region&WT.nav=inside-nyt-region

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