Riassunto: Il professor terremoto

Quanti, di qui a molti anni, avranno la ventura di rivedere risorte Reggio e Messina dal terribile disastro del 28 dicembre 1908, non potranno mai figurarsi l’impressione che si aveva, allorché, passando in treno, pochi mesi dopo la catastrofe, cominciava a scoprirsi, tra il verde lussureggiante dei boschi d’aranci e di limoni e il dolce azzurro del mare, la vista atroce dei primi borghi in rovina, gli squarci e lo sconquasso delle case.

 

Inizia così Il professore terremoto (L. Pirandello), una novella che prende in esame un’importante domanda filosofica, cioè, “Perché essere buono?” Un altro modo di fare questa domanda è: “Perché eseguire un atto altruistico di aiutare qualcun altro, soprattutto quando c’è un grande pericolo, cioè, grande rischio personale?”

***

Un treno viaggia da Roma verso al sud. Si tratta di 1909, pochi mesi dopo un terremoto catastrofico ha devastato le città di Reggio e Messina. La devastazione è facilmente visibile dal treno.

La novella si svolge in uno scompartimento di prima classe. Diverse persone sono presenti, la maggior parte (se non tutto) di chi sono gli italiani del sud. Ci sono tre protagonisti: un vecchio signore barbuto, un giovanotto, e la voce del narratore.

Il primo paragrafo della novella è particolarmente ben costruito. Il lettore viene immediatamente trasportato alla scena della devastazione. (Paola: immagino che questo paragrafo lasci un altrettanto forte impressione su entrambi un’italiana e un americano… è sufficiente sentirsi ‘’’’tremare’’’’ la terra una volta per comprendere il potere e il terrore di un terremoto!)

Alla fine del paragrafo il lettore può apprezzare il punto di vista del Pirandello che le case e gli edifici (cioè, le strutture artificiali) sono state distrutte dal terremoto, mentre la campagna (la natura) è stata risparmiata.

…cominciava a scoprirsi, tra il verde lussureggiante dei boschi d’aranci e di limoni e il dolce azzurro del mare, la vista atroce dei primi borghi in rovina, gli squarci e lo sconquasso delle case.

I viaggiatori lamentano la lentezza dei progressi fatto finora per rimuovere le macerie. Ovviamente questo è un primo passo necessario verso la ricostruzione delle città, in modo che un giorno le loro vite possano tornare alla normalità.

I viaggiatori raccontano anche le storie del periodo immediatamente successivo al terremoto… alcune storie della devastazione ed altre storie dell’eroismo sublime di fronte agli ostacoli enormi e di grande rischio personale.

Il vecchio signore ascolta in silenzio queste storie, ma eventualmente lui si manifesta una violenta reazione negativa. Lui scatta / erutta.

Se non che, di tratto in tratto, nei punti piú salienti del racconto, scattava, scrollando tutta la magra persona irrequieta, in un’esclamazione, che a molti dava ai nervi, perché non pareva encomio degno all’eroismo narrato.

Se l’eroe era un uomo, egli esclamava, con quello scatto strano:

– Disgraziato!

Se donna:

– Disgraziata!

Il vecchio signore si riferisce agli eroi come ‘quelli sfortunati’. Questo è inaspettato datto che gli altri viaggiatori (così come i lettori!) sono abituati a venerare ed onorare gli eroi della società. Infine un giovanotto chiede al signore perché si riferisce agli eroi come quelli sfortunati. Secondo me la risposta iniziale del signore è non-specifica e un po’ arrogante.

Allora quel signore, come se anche lui da un pezzo attendesse quella domanda, protese impetuosamente la faccia verde di bile e sghignò:

– Ah, perché? Perché lo so io, caro signore!

Per lo meno il vecchio signore suggerisce che la sua opinione si basa sul suo esperienza personale… cioè, vuol dire che ha agito eroicamente nel tempo passato e che ha subito le conseguenze.

Il vecchio signore è ben consapevole che il giovanotto non è d’accordo con il concetto di un sfortunato eroe.

Il giovinotto restò balordo, e si volse a guardare intorno, con un sorriso vano, il silenzio di tutti noi rimasti intenti a spiare il volto di quel singolare compagno.

Il vecchio signore si presuppone che il giovanotto ha scelto di contraddirlo a causa dell’invidia. Tuttavia questo non è stato il caso. Poi, per sostenere il suo punto di vista, il signore racconta la storia di una signora che ha agito eroicamente e poi ha subito le conseguenze delle sue azioni.

La signora era la moglie di un conduttore del treno. La coppia aveva quattro figli; qualche tempo dopo la nascita del quarto figlio la donna è stata diagnosticata d’avere una grave malattia cronica. Dopo un disastro di qualche tipo le vite di tutti e quattro bambini sono stati in pericolo. Da sola, la signora li ha salvato tutti nonostante la sua malattia e il rischio di un grave lesione personale. Il marito è tornato a casa dopo il disastro… impara cos’è successo ed è sopraffatto con l’emozione e l’ammirazione per sua moglie!

Allora… dopo ricevendo la diagnosi della malattia cronica, la donna è stata avvertita dai suoi medici che avrebbe dovuto mai più una gravidanza (perché una gravidanza nel contesto della sua malattia cronica potrebbe causare la sua morte). Di conseguenza la coppia non aveva avuto le relazioni sessuali per molti anni (e questo, a sua volta, ha causato notevole tensione e amarezza tra marito e moglie). Questo nonostante, dopo l’eroismo di sua moglie il marito non poteva controllare se stesso e lui ha fatto l’amore con lei. Di sicuro la signora è rimasta incinta… e poi lei è morta dopo un aborto spontaneo nel primo trimestre. Il vecchio signore ha concluso la storia da dicendo: “Signori, quella poveretta morí dopo tre mesi, d’un aborto, naturale conseguenza del suo sublime eroismo!”

Gli altri viaggiatori sono stati storditi dalla storia. Certamente i viaggiatori non erano d’accordo con la conclusione del vecchio signore, quindi loro lo hanno impegnato il signore in un argomento filosofico per quanto riguarda il concetto di un’eroe sfortunato.

– Per revisione, l’argomento (ironico) del vecchio signore è che la moglie è morta a causa della sua gravidanza, che a sua volta è stata la conseguenza dell’ammirazione e della gratitudine di suo marito.

– Tutti gli altri viaggiatori credono che la moglie non sia morta a causa del suo eroismo; invece la sua gravidanza nel contesto della sua malattia cronica è stata la causa della sua morte.

– Il vecchio signore risponde da chiedendo agli altri viaggiatori se siano d’accordo che la gravidanza era direttamente correlata all’eroismo della moglie.

– I viaggiatori dicono “sì” (cioè, sono stati d’accordo).

-Poi il signore risponde che se la gravidanza sia stata direttamente correlata all’eroismo della moglie poi è anche stata direttamente correlata alla sua morte.

-Poi Il vecchio signore gli rimprovera gli altri viaggiatori per aver fabbricato un argomento teorico:

Sissignori. Perché bisognava prender la donna com’era, col suo male; non già fabbricarsene una sana apposta, capace di mettere al mondo pacificamente un figliuolo, per il solo gusto di contraddire.

-Ma allora il signore fa il suo proprio argomento teorico! Qui, la moglie non muore come conseguenza del suo eroismo ma la sua vita è molto peggio di prima… in altre parole dopo le sue azioni eroiche, lei era meglio morta che viva (diciamo “better off dead than alive”).

Il male, ella, lo aveva in sé. Ma, né fin allora ne era morta, né forse mai ne sarebbe morta, se quel suo eroismo non avesse tutt’a un tratto, dopo tanti anni d’abbandono e di maltrattamenti, ispirato al marito un tal desiderio di lei, da non fargli piú tener conto del divieto dei medici. Questo divieto, solo questo divieto era conseguenza del male; il divieto, e dunque l’abbandono, e dunque i maltrattamenti del marito. Invece, il desiderio improvviso e naturalissimo, il non tener conto di quel divieto e la morte erano conseguenza dell’eroismo. Tanto vero che, se ella non lo avesse compiuto, il marito, non solo non l’avrebbe ammirata né desiderata, ma la avrebbe trattata anche peggio di prima, e lei non sarebbe morta.

– Poi il giovanotto risponde che se la moglie non avesse agito eroicamente, tutt’e quattro i figli sarebbero stati morti… che sia innaturale immaginare una madre che avrebbe avuto permesso a morire i suoi figli.

– Bella cosa! – esclamò a questo punto, acceso di fervido sdegno, il giovinotto. – E avrebbe fatto morire i quattro figliuoli senza nemmeno tentare di salvarli in qualche modo. Sarebbe stata una madre indegna e snaturata.

– Il vecchio signore è d’accordo! La moglie ha anzi agito in un modo che era comprensibile. Lei è stato eroica — ha salvato la vita dei suoi figli — ed è stata ammirata per il suo eroismo. Ma poi ha sofferto.

***

Perché presenta questo argomento tra il vecchio signore e gli altri viaggiatori in modo così dettagliato? Secondo me il Pirandello utilizza l’argomento per illustrare come gli italiani del sud far fronte alle difficoltà delle loro vite quotidiane. Dunque: discutono, spiegano, litigano, interpretano e opinano. E lo fanno tutto questo nel tentativo di dare un senso alle loro vite, che sono fondamentalmente assurde:

Sono cosí tormentosamente dialettici questi nostri bravi confratelli meridionali. Affondano nel loro spasimo, a scavarlo fino in fondo, la saettella di trapano del loro raziocinio, e fru e fru e fru, non la smettono piú. Non per una fredda esercitazione mentale, ma anzi al contrario, per acquistare, piú profonda e intera, la coscienza del loro dolore.

***

Dopo aver racconta la storia della moglie eroica, il vecchio signore si lancia in un solliloquio. In primo luogo spiega il motivo per cui qualcuno agirebbe eroicamente e disinteressatamente al momento della catastrofe: un atto eroico è quasi istintivo, impulsivo (diciamo “spur-of-the-moment”). Poi lui spiega che anche se un atto eroico sarebbe ovviamente beneficare all’altra persona, lo sarebbe anche beneficiare l’eroe: fornisce l’eroe con una fuga dalla routine, la noia, la frustrazione e la futilità della vita quotidiana!

“Perché lei deve riconoscere che un eroismo è l’affare di un momento. Un momento sublime, d’accordo! un’esaltazione improvvisa di tutte le energie piú nobili dello spirito, un subito insorgere e infiammarsi della volontà e del sentimento, per cui si crea o si compie un atto degno di ammirazione, e diciamo pur di gloria, anche se sfortunato.

“Ma sono momenti, signori miei!

“(Scusatemi, se ora vi pare ch’io faccia una lezione: sono, di fatti, professore. Purtroppo!)

“La vita non è fatta di questi momenti. La vita ordinaria, di tutti i giorni, voi sapete bene com’è: irta sempre di piccoli ostacoli, innumerevoli e spesso insormontabili, e assillata da continui bisogni materiali, e premuta da cure spesso meschine, e regolata da mediocri doveri.

“E perché si sublima l’anima in quei rari momenti? Ma appunto perché si libera da tutte quelle miserie, balza sú da tutti quei piccoli ostacoli, non avverte piú tutti quei bisogni, si scrolla da addosso tutte quelle cure meschine e quei mediocri doveri; e, cosí sciolta e libera, respira, palpita, si muove in un’aria fervida e infiammata, ove le cose piú difficili diventano facilissime; le prove piú dure, lievissime; e tutto è fluido e agevole, come in un’ebbrezza divina.

“Respirando, palpitando, muovendosi nell’aerea sublimità di quei momenti, sa lei però, signor mio, che bei tiri le gioca, che razza di scherzetti le combina, che graziose sorprese le prepara la sua anima libera e sciolta da ogni freno, destituita d’ogni riflessione, tutta accesa e abbagliata nella fiamma dell’eroismo?

Dunque l’eroismo della moglie può essere inteso come un impulso naturale per salvare i suoi figli e anche come un modo per lei di sfuggire dalla tensione, la bruttezza e la brutalità del suo matrimonio.

(Più tardi nella novella il signore fornisce un esempio della futilità della sua vita quotidiana: “Guardi: torno da Roma, ove al Ministero da cui dipendo mi hanno inflitto una solenne riprensione: ove i miei maestri della Sapienza mi hanno accolto col piú freddo sdegno, perché son venuto meno, dicono, a tutto ciò che s’aspettavano da me; e qua, guardi qua, ho un giornale ove si dice, a proposito d’un mio libercolo, che sono un vilissimo cinico grossolano, che mi pascolo nelle piú basse malignità della vita e del genere umano: io, sissignori. Vorrebbero da me, ne’ miei scritti, luce, luce d’idealità, fervor di fede, e che so io…”)

Il vecchio signore conclude il solliloquio con un secondo esempio di un ‘eroe sfortunato’. Questa volta è la sua storia personale (e molto ironica).

Molti anni prima il signore viveva con una famiglia allargata (i nonni, una figlia-vedova e tre bambini). Un terremoto è accaduto e la casa della famiglia è stata gravemente danneggiata. Il signore è stato in grado di salvare primo i bambini e poi il nonno, che è stato disabilitato. Tuttavia la nonna era in preda dal panico: lei ha tentato di scappare da sola ma è caduta da una terrazza-balcone e ha fratturato il suo femore. (Ha sopravvissuto la frattura.) In seguito il signore ha salvato la figlia-vedova.

Il vecchio signore è stato trattato come un eroe. Gli hanno dato un posto di vivere, e lui ha invitata la famiglia allargata di vivere con lui. Alla fine si è sposato la figlia-vedova e loro hanno avuto cinque figli dei loro.

Quindi… il vecchio signore ha subito le conseguenze del suo eroismo: la suocera non lo perdonava mai per la frattura!

“Signori, se in qualche momento di tregua io tento di raccogliermi e cedo alla vana speranza di potermi rimettere a conversare con l’anima mia d’un tempo, ecco quella vecchia sciancata, quella mia suocera immortale a cui è rimasta in corpo una rabbia inestinguibile contro di me, presentarsi alla soglia del mio studiolo, arrovesciar le mani sui fianchi con le gomita appuntate davanti e, chinandosi quasi fino a terra, ruggirmi tra le gengive bavose, non so se per imprecazione, o per ingiuria, o per condanna:

“Terremoto! Terremoto! Terremoto!”

“I miei scolari l’hanno risaputo. E sapete come mi chiamano? Il professor Terremoto.”

 

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