Riassunto: I nostri ricordi

Questa, la via? questa, la casa? questo, il giardino?

Oh vanità dei ricordi!

Inizia così I nostri ricordi (L. Pirandello), una novella affascinante che si occupa di quello che molti considerano essere un aspetto essenziale dell’esistenza umana, cioè, la capacità di ricordare il passato.

Il protagonista, Carlino Bersi — dopo molti, molti anni (forse una vita quasi intera) — è tornato in un paese della Sicilia dove è nato e poi ha trascorso i primi anni della sua vita (“la prima giovinezza”). Il Bersi ha trascorso una buona parte della sua vita adulta a Roma, dove ha vissuto nel lasso di tempo della novella. Ha avuto una vita di successo (anche se il lettore non sia sicuro della sua professione — lui potrebb’essere un artista o un avvocato). Dopo tutti questi anni, il paese siciliano era completamente immutato (“pur non essendo nulla mutate”); ciononostante il lettore apprende presto che quasi tutti i ricordi del Bersi (ricordi di persone, luoghi e cose) erano o completamente falsi o difettosi.

Il lettore può immaginare che il viaggio in Sicilia sia stato pianificato attentamente: forse sia stato concepito come un ritorno a casa. Il lettore può anche immaginare che il Bersi abbia trascorso del tempo rivedendo i suoi ricordi (cioè, prima della sua partenza da Roma). Dunque il viaggio in Sicilia fosse destinato ad essere pieno di nostalgia, e la disconnessione — tra i ricordi del Bersi e quello che ha scoperto dopo il suo arrivo — fosse particolarmente inquietante.

Ci sono stati, per esempio, luoghi che il Bersi non ricordava (“Questa, la via? questa, la casa? questo, il giardino?”) Tuttavia c’era molto più che luoghi! Il paese (ei suoi abitanti) non avevano la vita registrata per tanto tempo nei suoi ricordi, la vita conservato nella sua memoria, nella sua immaginazione… cioè, la vita che non avrebbe avuto esistito se non fosse per la sua memoria.

Per sé, dunque, il mio paesello non aveva quella vita, di cui io per tanto tempo avevo creduto di vivere; quella vita che per tanto altro tempo aveva nella mia immaginazione seguitato a svolgersi in esso, ugualmente, senza di me; e i luoghi e le cose non avevano quegli aspetti che io con tanta dolcezza di affetto avevo ritenuto e custodito nella memoria.

Disturbato, il Bersi si riferisce alle sue memorie come un’illusione, qualcosa irreale, un sogno. Anche se il paese non era cambiato in alcun modo, il Bersi ha detto che sembrava diverso perché lui era diverso. (Forse lui stesse guardando il paese attraverso un ‘filtro’ dei suoi ricordi e delle sue aspettative?)

Non era mai stata, quella vita, se non in me. Ed ecco, al cospetto delle cose – non mutate ma diverse perché io ero diverso – quella vita mi appariva irreale, come di sogno: una mia illusione, una mia finzione d’allora.

E vani, perciò, tutti i miei ricordi.

Si rende conto che una memoria non può né cambiare né modificare la verità.

Credo sia questa una delle piú tristi impressioni, forse la piú triste, che avvenga di provare a chi ritorni dopo molti anni nel paese natale: vedere i proprii ricordi cader nel vuoto, venir meno a uno a uno, svanire: i ricordi che cercano di rifarsi vita e non si ritrovano piú nei luoghi, perché il sentimento cangiato non riesce piú a dare a quei luoghi la realtà ch’essi avevano prima, non per se stessi, ma per lui.

A questo proposito, il Bersi è particolarmente addolorato per le vite dei suoi amici d’infanzia, che hanno vissuto al di fuori delle sue illusioni. Il Bersi è costretto a “ricominciare” con domande di base.

E provai, avvicinandomi a questo e a quello degli antichi compagni d’infanzia e di giovinezza, una segreta, indefinibile ambascia.

Se, al cospetto d’una realtà cosí diversa, mi si scopriva illusione la mia vita d’allora, que’ miei antichi compagni – vissuti sempre fuori e ignari della mia illusione – com’erano? chi erano?

La natura imperfettissima dei suoi ricordi provoca il Bersi di sentirsi insicuro, incerto, timido.

Ritornavo a loro da un mondo che non era mai esistito, se non nella mia vana memoria; e, facendo qualche timido accenno a quelli che per me eran ricordi lontani, avevo paura di sentirmi rispondere:

“Ma dove mai? ma quando mai?”

I suoi difetti di memoria sono dovuti in parte al fatto che la sua prima giovinezza era più o meno uguale a quelle dei suoi amici. Sembra chiaro al lettore che il Bersi non fosse stato in contatto con i suoi amici d’infanzia da quando ha lasciato la Sicilia. Ha raggiunto una misura del successo nella sua vita, e forse abbia appena assunto che i suoi amici abbiano avuto successo come bene?

Ciononostante il fatto della materia è che i suoi amici hanno sofferto (e il Pirandello descrive il dolore vividamente)… e questo è in netto contrasto con la vita del Bersi. (Può essere che il Pirandello ci stia dicendo che i ricordi di una precedente esperienza, come la prima giovinezza, possa dipendere dalla propria situazione attuale: il Bersi aveva una misura del successo e si ricorda un’infanzia della ‘suave poesia’; al contrario i suoi amici d’infanzia hanno sofferto e si ricordano la stessa infanzia in modo diverso.

Perché, se pure a quei miei antichi compagni, come a tutti, l’infanzia si rappresentava con la soave poesia della lontananza, questa poesia certamente non aveva potuto mai prendere nell’anima loro quella consistenza che aveva preso nella mia, avendo essi di continuo sotto gli occhi il paragone della realtà misera, angusta, monotona, non diversa per loro, come diversa appariva a me adesso.

Domandai notizia di tanti e, con maraviglia ch’era a un tempo angoscia e dispetto, vidi, a qualche nome, certi visi oscurarsi, altri atteggiarsi di stupore o di disgusto o di compassione. E in tutti era quella pena quasi sospesa, che si prova alla vista di uno che, pur con gli occhi aperti e chiari, vada nella luce a tentoni: cieco.

Poi il Bersi deve affrontare il fatto che dopo aver allontanato — e con il passare del tempo — non è più una parte del paese, della loro vita. Questo è uno shock maleducato! Il Bersi viene indicato come un estraneo.

Mi sentivo raggelare dall’impressione che quelli ricevevano nel vedermi chieder notizia di certuni che, o erano spariti, o non meritavano piú che uno come me se ne interessasse.

Uno come me!

Dopo una breve descrizione di ciò che è accaduto a molti dei suoi amici (uno è morto, un altro è in carcere, ecc), la novella si gira verso il miglior amico del Bersi, il dottor Palumba. Il Palumba è ben noto per essere fissato, quasi ossessionato, sui suoi ricordi d’infanzia del Carlino Bersi. Tuttavia il Bersi non ricorda il Palumba: inaspettatamente lui apprende dagli altri che il Palumba è il suo amico intimo d’infanzia.

Ma una piú viva maraviglia provai nel ritrovarmi d’improvviso intimo amico di tanti che avrei potuto giurare di non aver mai conosciuto, o di aver conosciuto appena, o di cui anzi mi durava qualche ingrato ricordo o d’istintiva antipatia o di sciocca rivalità infantile.

Tutti, con commovente unanimità, mi informarono che non passava giorno che quel dottor Palumba non parlasse di me a lungo, raccontando con particolari inesauribili, non solo i giuochi della mia infanzia, le birichinate di scolaretto, e poi le prime, ingenue avventure giovanili; ma anche tutto ciò che avevo fatto da che m’ero allontanato dal paese, avendo egli sempre chiesto notizie di me a quanti fossero in caso di dargliene.

Alcuni dei ricordi del Palumba hanno provato d’essere imbarranzanti per il Bersi, ma lui si è rifiutato di lamentarsi a causa della possibilità che gli altri potrebbero disapprovare.

…perché, o non riuscivo a riconoscermi in esso o mi vedevo rappresentato in una maniera che piú sciocca e ridicola non si sarebbe potuta immaginare, non ebbi il coraggio d’insorgere e di protestare:

“Ma dove mai? Ma quando mai? Chi è questo Palumba? Io non l’ho sentito mai nominare!”

Ero sicuro che, se cosí avessi detto, si sarebbero tutti allontanati da me con paura, correndo ad annunziare ai quattro venti:

“Sapete? Carlino Bersi è impazzito! Dice di non conoscere Palumba, di non averlo mai conosciuto!”

Tuttavia, invece di rimanere tranquillo il Bersi finge di conoscere bene il Palumba e di essere preoccupato per il suo benessere (è morta la moglie del Palumba di recente).

Zitto, dunque. No, che zitto! M’affrettai a dimostrare anch’io una vivissima premura di conoscere intanto la recente disgrazia di quel mio povero intimo amico.

– Oh, caro Palumba! Ma guarda… Quanto me ne dispiace! La moglie, povero Palumba? E quanti figliuoli gli ha lasciati?

Il Bersi è in grado di sostenere la farsa/parodia/charade anche se, a volte, sia evidente che non ha la più pallida idea di che cosa sta dicendo.

Tre? Eh già, sí, dovevano esser tre. E piccini tutti e tre, sicuro, perché aveva sposato da poco… Meno male, però, che aveva in casa una sorella nubile… Già già… sí sí… come no? me ne ricordavo benissimo! Gli aveva fatto da madre, quella sorella nubile: oh, tanto buona, tanto buona anche lei… Carmela? No. An… Angelica? Ma guarda un po’, che smemorato! An…tonia, già, Antonia, Antonia, ecco: adesso mi ricordavo benissimo! E c’era da scommettere che anche lei, Antonia, non passava giorno che non parlasse di me, a lungo. Eh sí, proprio; e non solo di me, ma anche della maggiore delle mie sorelle, parlava, della quale era stata compagna di scuola fino al primo corso normale.

Tuttavia il Bersi raggiunge presto un punto di rottura (la goccia che fa trabbocare il vaso),

Luoghi, cose e persone – sí – tutto era divenuto per me diverso; ma infine un dato, un punto, un fondamento sia pur minimo di realtà, o meglio, di quella che per me era realtà allora, le mie illusioni lo avevano; poggiava su qualche cosa la mia finzione. Avevo potuto riconoscer vani i miei ricordi, in quanto gli aspetti delle cose mi si eran presentati diversi dal mio immaginare, eppur non mutati; ma le cose erano! Dove e quando era mai stato per me questo Palumba?

Ero insomma come quell’ubriaco che, nel restituire in un canto deserto la gozzoviglia di tutta la giornata, vedendosi d’improvviso un cane sotto gli occhi, assalito da un dubbio atroce, si domandava:

– Questo l’ho mangiato qui; quest’altro l’ho mangiato lí; ma questo diavolo di cane dove l’ho mai mangiato?

…e lui decide che deve soddisfare il Palumba. Nonostante tutte le prove del contrario, il Bersi si rese convinto che loro non hanno mai incontrato prima.

– Bisogna assolutamente, – dissi a me stesso, – ch’io vada a vederlo, e che gli parli. Io non posso dubitare di lui: egli è – qua – per tutti – di fatto – l’amico piú intimo di Carlino Bersi. Io dubito di me – Carlino Bersi – finché non lo vedo. Che si scherza? c’è tutta una parte della mia vita, che vive in un altro, e della quale non è in me la minima traccia. È mai possibile ch’io viva cosí in un altro a me del tutto ignoto, senza che ne sappia nulla? Oh via! via! Non è possibile, no! Questo cane io non l’ho mangiato; questo dottor Palumba dev’essere un fanfarone, uno dei soliti cianciatori delle farmacie rurali, che si fanno belli dell’amicizia di chiunque fuori del cerchio del paesello nativo sia riuscito a farsi, comunque, un po’ di nome, anche di ladro emerito.

Il Bersi decide di far finta che lui stesso è un altra persona; questo è inteso come una prova della veridicità del Palumba. Tuttavia, infatti, dopo un breve periodo il Bersi viene a sapere che il Palumba è sincero e anche bravo.

Ah, che sollievo!

In un salottino fiorito di tutte le eleganze provinciali mi vidi venire innanzi uno spilungone biondastro, in papalina e pantofole ricamate, col mento inchiodato sul petto e le labbra stirate per aguzzar gli occhi a guardare di sui cerchi degli occhiali. Mi sentii subito riavere. No, niente, neppure un briciolo di me, della mia vita, poteva essere in quell’uomo. Non lo avevo mai veduto, di sicuro, né egli aveva mai veduto me.

Inizialmente il trucco del Bersi sembra funzionare: il Palumba non lo riconosce.

Era maraviglioso! Mi guardava fisso fisso, e con gli occhiali, facendomi quelle domande, ma non aveva negli occhi se non l’ansia di scoprirmi nel volto se fosse sincera come la sua la mia amicizia e pari al suo il mio affetto per Carlino.

Inoltre il Palumba esagera e impreziosisce la vita d’infanzia del Bersi.

…un torrente m’investí d’aneddoti stravaganti, di Carlino bimbo, che stava in via San Pietro e tirava dal balcone frecce di carta sul nicchio del padre beneficiale; di Carlino ragazzo, che faceva la guerra contro i rivali di piazza San Francesco; di Carlino a scuola e di Carlino in vacanza; di Carlino, quando gli tirarono in faccia un torso di cavolo e per miracolo non lo accecarono; di Carlino commediante e marionettista e cavallerizzo e lottatore e avvocato e bersagliere e brigante e cacciatore di serpi e pescatore di ranocchie; e di Carlino, quando cadde da un terrazzo su un pagliajo e sarebbe morto se un enorme aquilone non gli avesse fatto da paracadute, e di Carlino…

Io stavo ad ascoltarlo, sbalordito; no, che dico sbalordito? quasi atterrito.

E poi il Pirandello fornisce una bellissima descrizione di come una memoria — lungo nascosta — possa essere evocata: primo: un innesco; poi: un processo; dopo questo, e tutt’a un tratto, da un luogo completamente sconosciuto, un ricordo!

C’era, sí, c’era qualcosa, in tutti quei racconti, che forse somigliava lontanamente ai miei ricordi. Erano forse, quei racconti, ricamati su lo stesso canovaccio de’ miei ricordi, ma con radi puntacci sgarbati e sbilenchi. Potevano essere, insomma, quei racconti, press’a poco i miei stessi ricordi, vani allo stesso modo e inconsistenti, e per di piú spogliati d’ogni poesia, immiseriti, resi sciocchi, come rattrappiti e adattati al misero aspetto delle cose, all’affliggente angustia dei luoghi.

E come e donde eran potuti venire a quell’uomo, che mi stava di fronte; che mi guardava e non mi riconosceva; che io guardavo e… ma sí! Forse fu per un guizzo di luce che gli scorsi negli occhi, o forse per un’inflessione di voce… non so! Fu un lampo. Sprofondai lo sguardo nella lontananza del tempo e a poco a poco ne ritornai con un sospiro e un nome:

– Loverde…

Il Bersi non può più sostenere la farsa. Lui rivela il suo trucco, e il Palumba viene superato per essere in sua presenza.

Fui crudele, lo riconosco. E tanto piú mi dolgo della mia crudeltà, in quanto quel poverino dovette credere senza dubbio ch’io avessi voluto prendermi il gusto di smascherarlo di fronte al paese con quella burla; mentre ero piú che sicuro della sua buona fede, piú che sicuro ormai d’essere stato uno sciocco a maravigliarmi tanto, poiché io stesso avevo già sperimentato, tutto quel giorno, che non hanno alcun fondamento di realtà quelli che noi chiamiamo i nostri ricordi. Quel povero dottor Palumba credeva di ricordare… S’era invece composta una bella favola di me! Ma non me n’ero composta una anch’io, per mio conto, ch’era subito svanita, appena rimesso il piede nel mio paesello natale? Gli ero stato un’ora di fronte, e non mi aveva riconosciuto. Ma sfido! Vedeva entro di sé Carlino Bersi, non quale io ero, ma com’egli mi aveva sempre sognato.

***

A mio parere la novella I nostri ricordi concentri sul potere potenziale, e anche la natura complessa, della memoria umana.

Che cos’è la memoria?

La memoria è la nostra capacità di codificare, archiviare, conservare e, successivamente, recuperare le informazioni e le esperienze passate. Memoria ci dà la capacità d’imparare e adattarsi dalle precedenti esperienze.

In termini più fisiologiche o neurologiche, la memoria è un gruppo dei connessioni codificati neurali nel cervello: è la ricreazione di un’esperienza passata dall’attivazione sincrona dei neuroni che sono stati coinvolti nell’esperienza originale.

Penso che Pirandello voglia illustrare due cose. In primo luogo, ci voglia capire che la nostra memoria sia legato alla nostra identità. La memoria ci permette di capire la nostra storia: quello che abbiamo fatto fino ad ora nella vita, come ci siamo sentiti delle cose, chi abbiamo incontrato, dove siamo andati. Inoltre i nostri ricordi hanno il potere di influenzare le nostre speranze ei sogni e le scelte che faremo nel futuro. Dunque la somma totale dei nostri ricordi possa essere ragionevolmente considerato come un modello di ciò che siamo (cioè, la nostra personalità oppure identità).

Penso che la spiegazione (qui sopra) spiegi perché il Bersi è diventato agitato quando si rese conto che la maggior parte dei suoi ricordi d’infanzia erano falsi.

È interessante quindi considerare che alcune malattie sembrano avere la capacità di distruggere i nostri ricordi. La maggior parte di noi, per esempio, perderà la nostra memoria a breve termine come invecchiamo. Un altro esempio è la malattia di Alzheimer: come la malattia progredisce, sembri essere in grado di distruggere sia la memoria a breve termine e la memoria a lungo termine. (Diciamo che le persone che soffrono una forma grave della malattia di Alzheimer “hanno perso la loro identità”.)

Secondo, penso che il Pirandello voglia farci capire che i ricordi siano malleabili. L’implicazione affiscinante è che la nostra identità sia anche malleabile!

Una memoria potrebb’essere malleabile, nel senso che sia evanescente, cioè, possa essere persa. Ad esempio, i vecchi ricordi possono essere nascosti alla vista, apparentemente perso nel corso del tempo, come li erano per gli amici d’infanzia del Bersi (tutti, cioè, tranne il Palumbo).

Una memoria sia malleabile anche nel senso che i ricordi possano essere difettosi o falsi: come una persona cresce, certe esperienze, e in particolare quelli che hanno un profondo impatto, possano ‘colorare’ i nostri ricordi… come ci ricordiamo, ciò che ricordiamo.

Avevi mai sentito l’espressione, “Il tempo guarisce tutte le ferite”?

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