Riassunto: Con altri occhi

Dall’ampia finestra, aperta sul giardinetto pensile della casa, si vedeva come posato sull’azzurro vivo della fresca mattina un ramo di mandorlo fiorito, e si udiva, misto al ròco quatto chioccolío della vaschetta in mezzo al giardino, lo scampanío festivo delle chiese lontane e il garrire delle rondini ebbre d’aria e di sole.

Inizia così Con altri occhi (L. Pirandello), una novella che esplora l’emozione umana di sospetto.

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Definizione: Sospetto

Il sospetto è la sensazione che qualcosa potrebbe non essere vero. Il sospetto è un sentimento di sfiducia, in cui una persona mette in dubbio l’onestà di un’altra o crede un’altra d’essere colpevole di un certo tipo di illecito o reato, ma senza una prova sicura. (Wikipedia)

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Il paragrafo di apertura descrive un giardino quasi perfetto e una mattina quasi perfetta. Il giardino è appena al di fuori una villa, e può servire come una metafora per il mondo naturale. È la primavera e tutto è già stato rinnovato. C’è un senso del pace nel giardino: c’è ordine, bellezza, tranquillo, rifugio, calore, luce, contentezza.

In netto contrasto, tuttavia, il paragrafo successivo ha un tono molto più scuro: c’è un senso vago di qualcosa infausta, minacciosa, inquietante, di malauguria.

Nel ritirarsi dalla finestra sospirando, Anna s’accorse che il marito quella mattina s’era dimenticato di guastare il letto, come soleva ogni volta, perché i servi non s’avvedessero che non s’era coricato in camera sua. Poggiò allora i gomiti sul letto non toccato, poi vi si stese con tutto il busto, piegando il bel capo biondo su i guanciali e socchiudendo gli occhi, come per assaporare nella freschezza del lino i sonni che egli soleva dormirvi. Uno stormo di rondini sbalestrate guizzarono strillando davanti alla finestra.

Il secondo paragrafo trasmette anche un senso di frustrazione, desiderio, disordine e falsità… come tale, il contrasto tra il primo e secondo paragrafo non potrebb’essere più forte.

Questo contrasto avverte il lettore… “Fare attenzione!” (“Che cosa intende il Pirandello?” “Cosa vuole dire?”)

Anna è il protagonista della novella. Tre anni fa Anna si è sposata Vittore Brivio, un uomo più vecchio e un imprenditore di successo — la coppia chiaramente fa parte della classe media — anche se, come impareremo, il suo negozio sembra essere sotto un certo tipo di stress / tensione.

Anna è venuta alla camera da letto di Vittore per aiutarlo preparare per un viaggio d’affari (lui partirà più tardi quel giorno).

Anna si propone di mettere in valigia alcuni vestiti di Vittore. Si avvicina suo armadio ma ferma quando sente un squittío. Forse ci sia un roditore nell’armadio? Anna prepara ad affrontare l’intruso.

Nell’aprire l’armadio, sentí come uno squittío nel cassetto interno e subito si ritrasse, impaurita. Tolse da un angolo della camera un bastone dal manico ricurvo e, tenendosi stretta alle gambe la veste, prese il bastone per la punta e si provò ad aprire con esso, cosí discosta, il cassetto.

Invece, però, Anna scopre una spada e fodero, quali cadono al pavimento. (Lo squittío avrebbe potuto essere un uccello svolazzante fuori dalla finestra della camera.)

Ma, nel tirare, invece del cassetto, venne fuori agevolmente dal bastone una lucida lama insidiosa. Non se l’aspettava; n’ebbe ribrezzo e si lasciò cadere di mano il fodero dello stocco.

Anna muove la spada da parte con un piede e si avvicina l’armadio nuovamente. Veniamo a sapere che una improvvisa curiosità intensa provoca Anna ad esaminare alcuni dei vestiti di Vittore (cioè, vestiti vecchii, logori e immagazzinati — non utilizzati — per molti anni).

Poi un’altra cosa cade sul pavimento: una foto che era nella tasca di una giacca. La foto è l’immagine della prima moglie di Vittore, Almira. Inizialmente, Anna si accorge solamente lo stile dell’abbigliamento di Almira. Poi si accorge la sua bellezza.

La voluminosa acconciatura del capo e la veste d’antica foggia non le fecero notare in prima la bellezza di quel volto; ma appena poté coglierne le fattezze, astraendole dall’abbigliamento che ora, dopo tanti anni, appariva goffo, e fissarne specialmente gli occhi, se ne sentí quasi offesa e un impeto d’odio le balzò dal cuore al cervello: odio di postuma gelosia; l’odio misto di sprezzo che aveva provato per colei nell’innamorarsi dell’uomo ch’era adesso suo marito, dopo undici anni dalla tragedia coniugale che aveva distrutto d’un colpo la prima casa di lui.

Anna nota anche un’iscrizione sul retro della foto:

Al mio Vittore, Almira sua – 11 novembre 1873.

Le scoperte gemelle della spada e la foto inducono Anna a ricordare gli eventi tragici del primo matrimonio. Undici anni prima Almira ha tradito Vittore, e lui l’ha uccisa senza rimorso poco dopo il tradimento è stato scoperto.

Anna aveva notizie molto vaghe della morta: sapeva soltanto che il marito, scoperto il tradimento, l’aveva costretta, con l’impassibilità di un giudice, a togliersi la vita.

Le gemelle scoperte — forse in combinazione con un senso crescente di disagio verso Vittore e il matrimonio — anche provocano alcune reazioni fisiche ed emotive. Per esempio, dopo Anna:

– si rende conto che la foto è un’immagine di Almira.

Impallidendo, con la vista intorbidata e il cuore sospeso, corse alla finestra, e vi rimase a lungo, attonita, a mirare l’immagine sconosciuta, quasi con un senso di sgomento.

– si rende conto quanto è bella Almira.

…ma appena poté coglierne le fattezze, astraendole dall’abbigliamento che ora, dopo tanti anni, appariva goffo, e fissarne specialmente gli occhi, se ne sentí quasi offesa e un impeto d’odio le balzò dal cuore al cervello: odio di postuma gelosia; l’odio misto di sprezzo che aveva provato per colei nell’innamorarsi dell’uomo ch’era adesso suo marito, dopo undici anni dalla tragedia coniugale che aveva distrutto d’un colpo la prima casa di lui.

– legge l’iscrizione sul retro della foto.

Ora ella si richiamò con soddisfazione alla mente questa condanna del marito, irritata da quel “mio” e da quel “sua” della dedica, come se colei avesse voluto ostentare cosí la strettezza del legame che reciprocamente aveva unito lei e Vittore, unicamente per farle dispetto.

Le emozioni sono contrastanti. Inizialmente Anna sperimenta l’odio, ma dopo un po’ si ferma a considerare la faccia di Almira con più attenzione. Anna nota le molte differenze fisiche tra di loro; si chiede come Vittore potrebb’essere attratto da due donne con tali aspetti diversi.

Esaminandone il volto, Anna notò subito quanto dissomigliasse dal suo; e le sorse a un tempo dal cuore la domanda, come mai il marito che aveva amato quella donna, quella giovinetta certo bella per lui, si fosse poi potuto innamorare di lei cosí diversa.

Sembrava bello, molto piú bello del suo anche a lei quel volto che, dal ritratto, appariva bruno. Ecco: e quelle labbra si erano congiunte nel bacio alle labbra di lui;

Ma poi, Anna sembra accorgersi qualcosa che loro condividono… un senso di dolore, forse? Questo senso sembra essere trasmessa dalla bocca di Almira e, in particolare, dai suoi occhi.

…ma perché mai agli angoli della bocca quella piega dolorosa? e perché cosí mesto lo sguardo di quegli occhi intensi? Tutto il volto spirava un profondo cordoglio; e Anna ebbe quasi dispetto della bontà umile e vera che quei lineamenti esprimevano, e quindi un moto di repulsione e di ribrezzo, sembrandole a un tratto di scorgere nello sguardo di quegli occhi la medesima espressione degli occhi suoi allorché, pensando al marito, ella si guardava nello specchio, la mattina, dopo essersi acconciata.

A questo punto della novella, il personaggio di Vittore sembra essere una questione aperta. Certo Vittore sembra normale quando lo abbiamo primo incontrato.

Ebbe appena il tempo di cacciarsi in tasca il ritratto: il marito si presentò, sbuffando, sulla soglia della camera.

– Che hai fatto? Al solito? Hai rassettato? Oh povero me! Ora non trovo piú nulla!

Vedendo poi lo stocco sguainato per terra:

– Ah! Hai anche tirato di scherma con gli abiti dell’armadio?

E rise di quel suo riso che partiva soltanto dalla gola, quasi qualcuno gliel’avesse vellicata; e, ridendo cosí, guardò la moglie, come se domandasse a lei il perché del suo proprio riso. Guardando, batteva di continuo le pàlpebre celerissimamente su gli occhietti cauti, neri, irrequieti.

Di sicuro, però, noi sappiamo anche che Vittore è capace di freddo-spietato omicidio.

(Domanda: È Vittore un mostro??)

A questo punto della novella, abbiamo la sensazione che Vittore è egocentrico; certo, i suoi affari sembrano più importanti per lui. Inoltre Vittore tratta Anna con disdegno e una mancanza di rispetto. Il matrimonio sembra essere uno di convenienza più che l’amore.

Vittore Brivio trattava la moglie come una bambina non d’altro capace che di quell’amore ingenuo e quasi puerile di cui si sentiva circondato, spesso con fastidio, e al quale si era proposto di prestar solo attenzione di tempo in tempo, mostrando anche allora una condiscendenza quasi soffusa di lieve ironia, come se volesse dire: “Ebbene, via! per un po’ diventerò anch’io bambino con te: bisogna fare anche questo, ma non perdiamo troppo tempo!”

Poi veniamo a sapere un po’ di più sul carattere di Anna. Ha vissuto una vita protetta-riparata dalla famiglia. Era una bambina docile-obbediente che ha sempre amato, rispettato e onorato i suoi genitori e la sua sorella. Da questo, è facile immaginare che Anna (la giovanotta, la moglie) sarebbe immatura e dipendente in materia della protezione e l’amore della sua famiglia.

Vuol dire, fino a quando Vittore ha proposto di sposarla! I genitori di Anna dubitavano il carratere di Vittore e il successo del suo negozio. Inizialmente loro hanno rifiutato di permettere il matrimonio; poi Anna si è ribellata.

Si vide, si sentí sola nella casa: ebbe paura. Viveva, sí, lei; ma da tre anni, dal giorno delle nozze, non aveva piú riveduto, neanche una volta, i suoi genitori, la sorella. Lei che li adorava, e ch’era stata sempre con loro docile e confidente, aveva potuto ribellarsi alla loro volontà, ai loro consigli per amore di quell’uomo; per amore di quell’uomo s’era mortalmente ammalata e sarebbe morta, se i medici non avessero indotto il padre a condiscendere alle nozze. Il padre aveva ceduto, non consentendo, però, anzi giurando che ella per lui, per la casa, dopo quelle nozze, non sarebbe piú esistita. Oltre alla differenza di età, ai diciotto anni che il marito aveva piú di lei, ostacolo piú grave per il padre era stata la posizione finanziaria di lui soggetta a rapidi cambiamenti per le imprese rischiose a cui soleva gettarsi con temeraria fiducia in sé stesso e nella fortuna.

Sembra giusto dire che Anna abbia un carattere debole-dipendente. Detto questo, sembra facile immaginare che Anna abbia subito dopo l’abbandono. (Infatti l’abbandono potrebbe essere la fonte di sua paura, ansia e sospetto all’inizio della novella.)

È anche facile immaginare che Anna speri che il suo amore per Vittore avrebbe riempito il vuoto lasciato dalla sua famiglia.

In tre anni di matrimonio Anna, circondata da agi, aveva potuto ritenere ingiuste o dettate da prevenzione contraria le considerazioni della prudenza paterna, quanto alle sostanze del marito, nel quale del resto ella, ignara, riponeva la medesima fiducia che egli in se stesso; quanto poi alla differenza d’età, finora nessun argomento manifesto di delusione per lei o di meraviglia per gli altri, poiché dagli anni il Brivio non risentiva il minimo danno né nel corpo vivacissimo e nervoso, né tanto meno poi nell’animo dotato d’infaticabile energia, d’irrequieta alacrità.

Purtroppo, però, Vittore non era (a dir poco) un marito solidale o affettuoso. Ad esempio,

Vittore Brivio, frettoloso nel timore di non fare a tempo e tutto assorto nel pensiero dei suoi affari, accolse con mal garbo quel pianto insolito della moglie.

– Come! Perché? Via, via, bambinate!

E andò via di furia, senza neppur salutarla.

Anna sussultò al rumore della porta ch’egli si chiuse dietro con impeto; rimase col lume in mano nella saletta e sentí raggelarsi le lagrime negli occhi. Poi si scosse e si ritirò in fretta nella sua camera, per andar subito a letto.

… e anche questo:

Sentí allora confusamente, smarrendosi, che da tre anni forse, dal momento in cui era partita dalla casa paterna, ella era in quel vuoto, di cui ora soltanto cominciava ad assumer coscienza. Non se n’era accorta prima, perché lo aveva riempito solo di sé, del suo amore, quel vuoto; se ne accorgeva ora, perché in tutto quel giorno aveva tenuto quasi sospeso il suo amore, per vedere, per osservare, per giudicare.

“Non mi ha neppure salutata!” pensò; e si mise a piangere di nuovo, quasi che questo pensiero fosse determinatamente la cagione del pianto.

Dopo tre anni di matrimonio, Anna sembra essere completamente sola. Data la sua mancanza di carattere, è facile immaginare che il suo sospetto di Vittore e suoi dubbi circa il matrimonio avessero aumentato – lentamente ma progressivamente – nel corso del matrimonio.

Dunque… dubbio, sospetto, paura, rabbia, risentimento: queste sono le emozioni latente di Anna (cioè, sotto la superficie) quando lei inaspettatamente ha scoperta la spada e la foto una bella mattina di primavera. Le scoperte hanno provocato questi emozioni e anche l’hanno indotta a provare l’odio e la gelosia.

Anna torna di nuovo e di nuovo per esaminare la faccia di Almira e, in particolare, i suoi occhi. Anna si chiede se Vittore abbia avuto maltrattato Almira così male come lui ha avuto maltrattato lei. Si chiede anche se il maltrattamento sospettato di Vittore l’abbia portata Almira di tradirlo.

Spense il lume, ma invece di posarlo, come soleva, su la mensola, lo posò sul tavolino da notte, presentendo – pur contro la propria volontà – che forse ne avrebbe avuto bisogno piú tardi. Cominciò a svestirsi in fretta, tenendo gli occhi fissi a terra, innanzi a sé. Quando la veste le cadde attorno ai piedi, pensò che il ritratto era là e con viva stizza si sentí guardata e commiserata da quegli occhi dolenti, che tanta impressione le avevano fatto. Si chinò risolutamente a raccogliere dal tappeto la veste e la posò senza ripiegarla, su la poltrona a piè del letto, come se la tasca che nascondeva il ritratto e il viluppo della stoffa dovessero e potessero impedirle di ricostruirsi l’immagine di quella morta.

Anna cerca di dormire ma non riesce. Lei è bisognosa, ansiosa e ossessionata.

Appena coricata, chiuse gli occhi e s’impose di seguire col pensiero il marito per la via che conduceva alla stazione ferroviaria. Se l’impose per astiosa ribellione al sentimento che tutto quel giorno l’aveva tenuta vigile a osservare, a studiare il marito. Sapeva donde quel sentimento le era venuto e voleva scacciarlo da sé.

Ancora una volta Anna esamina il volto di Almira.

Come se la era raffigurata diversamente quella donna! Contemplandone ora la vera effigie, provava rimorso dei sentimenti che la immaginaria le aveva suggeriti. Si era raffigurata una donna, piuttosto grassa e rubiconda, con gli occhi lampeggianti e ridenti, inclinata al riso, agli spassi volgari. E invece, ora, eccola: una giovinetta che dalle pure fattezze spirava un’anima profonda e addolorata; diversa sí, da lei, ma non nel senso sguajato di prima: al contrario, anzi quella bocca pareva non avesse dovuto mai sorridere, mentre la sua tante volte e lietamente aveva riso; e certo, se bruno quel volto (come dal ritratto appariva), di un’aria men ridente del suo, biondo e roseo.

Anna chiede perché Almira sembra essere così triste nella foto? Potrebb’essere perché il suo matrimonio fosse senza l’amore e l’affetto?

Perché, perché cosí triste?

Un pensiero odioso le balenò in mente, e subito staccò gli occhi dall’immagine di quella donna, scorgendovi d’improvviso un’insidia non solo alla sua pace, al suo amore che pure in quel giorno aveva ricevuto piú d’una ferita, ma anche alla sua orgogliosa dignità di donna onesta che non s’era mai permesso neppure il piú lontano pensiero contro il marito. Colei aveva avuto un amante! E per lui forse era cosí triste, per quell’amore adultero, e non per il marito!

Anna cerca di dormire ancora una volta ma non può.

Buttò il ritratto sul comodino e spense di nuovo il lume, sperando di addormentarsi, questa volta, senza pensare piú a quella donna, con la quale non poteva aver nulla di comune. Ma, chiudendo le pàlpebre, rivide subito, suo malgrado, gli occhi della morta, e invano cercò di scacciare quella vista.

Anna esamina il volto di Almira.

Ma dalla tristezza di questi avvenimenti da lei rievocati, dalla viltà del Valli e, dopo tanti anni, dalla dimenticanza del marito, il quale, come se nulla fosse stato, s’era potuto rimettere nella vita e riammogliare, dalla gioja che ella stessa aveva provato nel divenir moglie di lui, da quei tre anni trascorsi da lei senza mai un pensiero per quell’altra, inaspettatamente un motivo di compassione per costei s’impose ad Anna spontaneo; ne rivide viva l’immagine, ma come da lontano lontano e le parve che con quegli occhi, intensi di tanta pena, colei le dicesse, tentennando lievemente il capo:

– Io sola però ne son morta! Voi tutti vivete!

Anna si sente offesa… dopotutto ha sacrificato il suo rapporto con la famiglia per Vittore, ma lui non sembra curarsene.

Di ben altro Anna, ora per la prima volta, guardando (senza neppur sospettarlo) nella sua vita con gli occhi di quella morta, trovava da lagnarsi del marito. Sí, era vero: della noncuranza quasi sdegnosa di lui ella si era altre volte sentita ferire; ma non mai come quel giorno; e ora per la prima volta si sentiva cosí angosciosamente sola, divisa dai suoi parenti, i quali le pareva in quel momento la avessero abbandonata lí, quasi che, sposando il Brivio, avesse già qualcosa di comune con quella morta e non fosse piú degna d’altra compagnia. E il marito che avrebbe dovuto consolarla, il marito stesso pareva non volesse darle alcun merito del sacrifizio ch’ella gli aveva fatto del suo amore filiale e fraterno, come se a lei non fosse costato nulla, come se a quel sacrifizio egli avesse avuto diritto, e per ciò nessun dovere avesse ora di compensarnela. Diritto, sí, ma perché lei se ne era cosí perdutamente innamorata allora; dunque il dovere per lui adesso di compensarla. E invece…

– Sempre cosí! – parve ad Anna di sentirsi sospirare dalle labbra dolenti della morta.

Anna prende in esame il volto di Almira per l’ultima volta.

Riaccese il lume e di nuovo, contemplando l’immagine, fu attratta dall’espressione di quegli occhi. Anche lei dunque, davvero, aveva sofferto per lui? anche lei, anche lei, accorgendosi di non essere amata, aveva sentito quel vuoto angoscioso?

– Sí? sí? – domandò Anna, soffocata dal pianto, all’immagine.

E le parve allora che quegli occhi buoni, intensi di passione, la commiserassero a lor volta, la compiangessero di quell’abbandono, del sacrifizio non rimeritato, dell’amore che le restava chiuso in seno quasi tesoro in uno scrigno, di cui egli avesse le chiavi, ma per non servirsene mai, come l’avaro.

 

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