Riassunto: Il giardinetto lassú

Che voleva dirmi?

L’affanno cresciuto non dava adito alle parole, che volevano certo esser aspre, a giudicare dagl sguardi e dai gesti con cui, tossendo, cercava di farmi comprendere.

– Il servo? – gli domandai, cercando, angustiato, un’interpretazione.

Accennò di sí piú volte col capo, irosamente; poi con la mano tremolante mi fece altri gesti.

– Lo caccio via?

Sí, sí, sí, m’accennò col capo, di nuovo.

Inizia così Il giardinetto lassú (L. Pirandello), un’opera d’arte piuttosto provocatoria, nel senso che il lettore è sia ispirato e addolorato dalla storia:

– La tristezza deriva dalla narrazione, che coinvolge la morte (o la morte imminente) di un albero vecchio, un bambino e Nonno Bauer (un vecchio, il protagonista della novella).

– D’altra parte, l’ispirazione deriva dal carattere e la personalità di Nonno Bauer.

All’inizio della novella Nonno Bauer è abbastanza sconvolto. Lui è un vecchio uomo fragile e riesce a malapena esprimere la sua rabbia, che è diretto a un servo; vuole che l’uomo d’essere licenziato.

 

Il narratore in realtà è venuto a comunicare a Nonno Bauer che, a causa delle esigenze del suo lavoro, non sarà più capace di aiutare con la sua cura. Dunque una volta che il servo è licenziato, Nonno Bauer sarà da solo… in questo momento il dilemma è che lui non è più capace di vivere in modo indipendente, e l’implicazione è che Nonno Bauer sarebbe costretto a traslocarsi a una istituzione. Questo, tuttavia, è qualcosa che Nonno Bauer decisamente non vuole.

Per quanto l’indignazione, a cui pareva in preda il povero infermo, ora si comunicasse anche a me, al pensiero che quel servo vigliacco si fosse approfittato dei brevi momenti durante la giornata, nei quali ero costretto ad allontanarmi; pure restai perplesso. Venivo proprio ad annunziargli che, d’ora in poi, non avrei piú potuto trattenermi a vegliarlo, a curarlo, come nei primi giorni della malattia. Cacciando ora il servo, poteva egli restar solo lí in casa?

Mi venne in mente lí per lí di persuaderlo a cercar ricovero o in un ospedale o in qualche casa di salute, e gliene feci la proposta.

Nonno Bauer (lo chiamavo cosí fin da quand’ero ragazzo) mi guardò con occhi smarriti, poi guardò in giro lentamente la camera, la cui vecchia suppellettile gli era tanto cara quanto la sua stessa persona, e dal seggiolone di cuojo, entro al quale stava sprofondato, volse infine gli occhi alla finestra, senza rispondermi.

In questo momento d’incertezza e di stress (e di paura e di angoscia), Nonno Bauer gira la testa a veder una finestra che si apre su un giardinetto.

C’era di là un giardinetto. Apparteneva agl’inquilini del secondo piano; ma chi veramente ne godeva era lui, Nonno Bauer, che da quella finestra bassa poteva conversar comodamente col giardiniere e, allungando appena un braccio, toccare i rami d’un mandorlo, che adesso pareva tutto fiorito di farfalle.

(Questo sembra essere un segnale per il lettore che il giardino sia fondamentale alla vita di Nonno Bauer, cioè, che il giardinetto gli fornisce un potente senso di piacere, soddisfazione e benessere.)

Il narratore si rende conto che Nonno Bauer non vuole lasciare casa sua; lui assicura Nonno Bauer con compassione che il suo desiderio sarà rispettato e che verrà trovata un’altra soluzione.

Mi accorsi che due lagrime erano sgorgate dai calvi occhi infossati del mio caro vecchietto; due lagrimoni che ora gli scorrevano su le guance di cera.

– Lei non vorrebbe, è vero? – m’affrettai a dirgli, impietosito.

Negò col capo, senza guardarmi, quasi vergognoso, mentre la commozione gli agitava le labbra.

– No? Ebbene, vuol dire che si provvederà in altro modo. Intanto Lei non si affligga.

Cominciamo a capire che Nonno Bauer è qualcuno che è perfettamente capace d’esprimere la sua gratitudine per le gentilezze che riceve nella vita.

Il povero vecchio alzò gli occhi lacrimosi a ringraziarmi, e un mezzo sorriso, quasi puerile, gli affiorò alle labbra che, subito, si contrassero come per fare il greppo. Tanto intenerimento aveva provato in quel punto per sé.

Mentre la storia progredisce, il lettore ha il senso che la vita di Nonno Bauer è caratterizzato dalla presenza di un ‘positive feedback loop’… cioè,

– qualcuno è gentile e generoso con lui,

– in ritorno lui esprime la sua gratitudine,

– e poi lui è gentile e generoso a qualcun altro.

La sequenza poi si ripete.

(Nel linguaggio moderno, potremmo definire questo come “Paying it forward”.)

Veniamo a sapere che Nonno Bauer è nato in Italia, che le origini della sua famiglia erano in Alsazia (in Francia), e che è stato allevato prima dal suo nonno e poi dal padre del narratore.

Ad un certo punto della vita, dopo la morte del padre del narratore, Nonno Bauer è andato in Alsazia per trovare la sua famiglia allargata. Ha trascorso sette anni in Francia e poi è tornato in Italia. (È comodo finanziariamente a causa d’un’eredità.) Dopo il ritorno ha trovato il narratore, il quale, a questo punto, ha anche perso sua madre. Nonno Bauer ha offerto il narratore un posto di vivere (insieme), ma il narratore ha rifiutato. Ciònonostante gli uomini hanno sviluppato e mantenuto un’amicizia calorosa (il narratore la descrive come quella d’un padre e suo figlio.

Era nato in Italia, da genitori alsaziani; e, fin da giovanetto, era stato col nonno, e poi con mio padre, nell’umile ufficio di scritturale di banco. Dopo il nostro rovescio finanziario e la conseguente morte di mio padre, se n’era andato in Alsazia a trovare i parenti sconosciuti. Trascorsi circa sette anni, eccolo di ritorno in Italia, vinto dalla nostalgia per il paese in cui era nato e cresciuto.

Era per me una vera delizia la sua compagnia. Conversando con lui, mi pareva di tuffar l’anima in un bagno di antica semplicità.

Poi impariamo di più sul carattere di Nonno Bauer. È un uomo di relativamente pochi bisogni e desideri (se non altro, vive comodamente all’interno dei suoi mezzi, vale a dire, i suoi bisogni e desideri sono commisurati con la sua ‘ricchezza’). Lui è descritto come una persona ingenua, cioè, rimosso dalla complessità e la competitività della società moderna.

In contrasto alla sua natura ‘semplice’, tuttavia, apprendiamo che lui è anche curioso.

Nonno Bauer era rimasto in uno stato di vergine ignoranza per quasi tutte le cose della vita, e bisognava vedere con quale e quanta meraviglia la sua mente si aprisse man mano alle cognizioni piú ovvie, ora che la vita per lui era quasi finita. Passava ore e ore in biblioteca a leggere, a studiare, per rendersi conto di tante e tante cose che, veramente, ormai non doveva piú importargli di sapere. Restava stordito di ciò che apprendeva cosí tardi; riportava l’ammaestramento al tempo in cui avrebbe potuto giovargli, e s’immergeva allora in lunghe e profonde considerazioni, immaginando il diverso cammino che avrebbe potuto prendere con esso la sua vita.

A questo punto il lettore ha il senso che Nonno Bauer sa tutte le cose che lo rendono felice; ha anche la capacità ei mezzi per fissarsi su queste. (Questo approccio alla vita può essere ‘semplice’, certo, ma è molto molto difficile da raggiungere!)

Poi impariamo che le sue passioni sono le piante e il giardinaggio. Impariamo anche la storia d’un vecchio albero che, inverosimilmente, ha messo i suoi radici in un cortile.

Ma la sua passione piú viva erano le piante. Una volta andò via da una casa per non veder morire un albero che era cresciuto, non si sa come, in mezzo al cortile.

L’albero ha speso tutta la sua vita cercando di crescere in modo che i suoi rami sono stati più alti rispetto ai tetti degli edifici circostanti. L’albero ha speso una notevole quantità di energia e sforzo verso questo obiettivo e alla fine ha avuto successo.

Quel povero albero – io lo ricordo – s’era levato sul magro stelo cinereo con evidente sforzo e rizzando i rami come a supplicare, desideroso di vedere il sole e l’aria libera, angosciato dalla paura di non avere in sé tanto rigoglio da arrivare oltre i tetti delle case che lo circondavano. Ma, finalmente, c’era arrivato! E come brillavano felici le frondi della cima e quanta invidia destavano in quelle che stavano giú senz’aria, senza sole! Anche nella morte, nello staccarsi dai rami, in autunno, le foglie di lassú avevano una lieta sorte: volavano via col vento, in alto, cadevano su i tetti, vedevano il cielo ancora; mentre le povere foglie basse morivano nel fango della via, calpestate.

L’albero poi è diventato un rifugio per gli uccelli.

In tutte le stagioni, all’ora del tramonto, quell’albero si popolava d’una miriade di passeri, che pareva vi si dessero convegno da tutti i tetti della città. Quei rami allora palpitavano piú d’ali che di foglie; pareva che ogni foglia avesse voce; che tutto l’albero cantasse, fremebondo.

Gli uccelli, presumibilmente felici, hanno fatto una notevole quantità di rumore. Nonno Bauer ha giocato un trucco: ha battuto le mani fortemente, gli uccelli sono stati sorpresi, poi sono diventati silenziosi, e poi hanno iniziato i cinguettii ei canzoni ancora una volta.

Dalle finestre delle case i bambini sorridevano storditi, a quel passerajo fitto, continuo, assordante. Nonno Bauer si affacciava con me; sorrideva con aria misteriosa di vecchio mago, mi diceva socchiudendo gli occhi:

– Aspetta…

E batteva forte, due volte, le mani. Subito, come per incanto, tutto l’albero taceva, esanime.

– Che te ne pare?

Ma, di lí a poco, lo sbaldore ricominciava: ogni passero tornava a inebriarsi del proprio gridío e di quello degli altri, e il concento diveniva man mano piú fitto, piú assordante di prima.

Ma poi… il proprietario ha deciso di rinnovare l’edificio circonda il cortile da aggiungendo un altro piano sul tetto dell’edificio. Come tale, l’albero non era più esposto al sole come prima; al tempo stesso, tuttavia, era incapace dell’ulteriore crescita (era esaurito e verso la fine della sua durata di vita). Nonostante l’appoggio degli uccelli e di Nonno Bauer, l’albero è morto poco dopo.

Ora avvenne che il proprietario di quella casa, un bel giorno, pensò di alzar tutto in giro il muro per fabbricare un altro piano. E allora l’albero che con tanto stento si era guadagnata la libertà del sole, dell’aria aperta, piegò avvilito la cima, si curvò sul tronco.

Nonno Bauer, vedendolo cosí, cominciò a smaniare, a sentire una pena che gli toglieva il respiro.

– Guarda, guarda! – mi diceva, mostrandomi i passerotti che dalle grondaje spiccavano il volo e si tenevano sospesi su le ali gridando quasi per esortar piú da vicino l’albero a rizzarsi.

E forse quei passerotti, anche loro, ripetevano al vecchio albero le solite frasi, gli inutili consigli, i vani ammonimenti, che si sogliono dare ai caduti, agli sconsolati: – Fatti coraggio! non bisogna avvilirsi! raccogli le forze! rialzati!

Ma il vecchio albero non aveva ormai piú forza di rialzarsi: aveva stentato tanto per arrivare fin lassú, a quell’altezza: piú sú, ormai, non poteva arrivare. Meglio morire.

Qualche tempo dopo (Nonno Bauer è nei suoi anni settanta), veniamo a sapere che lui è diventato progressivamente più fragile (es.) non è più in grado d’andare in biblioteca. Si concentra la sua attenzione invece sul giardinetto fuori dal suo appartamento (il giardino è di proprietà degli altri ed è gestito da un giardiniere che lavora per loro).

Andato via da quella casa, Nonno Bauer se n’era venuto in questa col giardinetto, che non apparteneva a lui. Non andava piú da un pezzo in biblioteca; erano cominciati gli acciacchi della vecchiaja, dopo la settantina; e Nonno Bauer, non potendo piú uscir di casa tutti i giorni, se ne stava alla finestra a conversar col giardiniere e a fare all’amore – com’egli diceva – con le rose del giardino.

Poi il Nonno Bauer decide d’avere il proprio giardinetto.

Di quelle rose e degli altri fiori s’innamorò tanto, che cominciò a struggersi dal desiderio di avere anche lui un giardinetto. Gli venne allora un’idea che non mi piacque affatto quando me la manifestò, quantunque la fondasse in un ragionamento pieno di buon senso.

– Alla mia età, – mi disse, – bisogna pensare, figliuolo mio, anche alla morte. E giacché non ho tanti quattrini da farmi due case con due giardinetti, me ne farò una sola, ma bella, e con un giardinetto che varrà per due. Questo mi servirà per sfogare ora il desiderio che m’è nato, quella che mi servirà per poi… E quando questo poi sarà arrivato, al giardinetto di Nonno Bauer verrai a pensarci tu.

A questo fine acquista un piccolo pezzo di terra che si trova in un cimitero situato a una certa distanza sopra sua casa. C’è un piccolo rifugio sulla proprietà.

Cosí acquistò un buon pezzo di terra al camposanto.

La casa, sotto, invece che sopra; e senza nessuna pretesa. Una piccola nicchietta, e lí. Perché i morti hanno questo di buono: che possono anche fare a meno di star comodi, e dell’aria e del sole e d’ogni altra cosa, visto e considerato che si son tolto per sempre il fastidio di muoversi, di respirare, e che, se son freddi, non sentono piú nessun bisogno di riscaldarsi.

Il giardinetto è un luogo di conforto, d’appagamento e del piacere. Anche se Nonno Bauer è chiaramente rimosso dalla società moderna, lui non sembra essere in ritiro. Invece, lui adatta: cioè, sebbene le possibilità della sua vita sono limitate da età e la malattia, lui restringe le sue attività a solo quelle cose che ama. Nonno Bauer accetta la sua vita. Lui cerca solamente quelle cose che sono possibili e che renderlo felice.

Poi apprendiamo che gli ultimi 15 giorni sono stati difficili. La salute del Nonno Bauer ha preso una svolta per il peggio e lui non è capace di andare fuori casa sua. (A causa della sua salute in declino, aveva chiesto il suo servo a prendersi cura del giardinetto, ma in seguito ha appreso che il servo non l’ha fatto. Per non dire altro, il pensiero che il suo giardinetto è stato trascurato era molto molto fastidioso.)

Ora, inchiodato da quindici giorni in quel seggiolone di cuojo, da cui non doveva piú rialzarsi, egli non sentiva altra pena che quella di non poter recarsi, neanche in vettura, a vedere il suo caro giardinetto lassú. Ed era per lui una consolazione veder quest’altro, invece, dalla finestra, sollevandosi un poco su la vita, a stento, e allungando il collo quanto piú poteva. Le rose che vi fiorivano non erano forse sorelle delle rose che fiorivano lassú? Meno belle, ma sorelle.

E sapete perché quel giorno io trovai Nonno Bauer cosí arrabbiato contro il suo servo? Perché non era vero che questi si fosse recato ogni mattina al camposanto a curare il giardinetto, come Nonno Bauer gli aveva ordinato. Il vicino giardiniere, venuto quella mattina a fargli visita, gliene aveva dato la brutta notizia.

Non ci fu verso: dovetti cacciar via il servo: lo cacciai anche, in verità, perché lo ritenevo infedele e sgarbato. Il vicino giardiniere promise che ci sarebbe andato lui ogni giorno a curare le piante, sorelle piú belle, e cosí Nonno Bauer si tranquillò.

Il narratore ora crede che Nonno Bauer morirà presto. (La sua è la seconda morte della novella.) Una volta che ha licenziato il servo, il narratore assolda due suore a prendersi cura di lui a casa sua. La fine della vita di Nonno Bauer è a portata di mano.

Ogni giorno, andando a visitarlo, mi sorgeva innanzi alla porta la speranza che la mia assidua costernazione dovesse essere ovviata da un repentino miglioramento; ma la men giovane delle suore che veniva ad aprirmi la porta, rispondeva sempre con un gesto di triste rassegnazione alla mia prima, ansiosa domanda.

Mi trattenevo da lui qualche ora; la conversazione però languiva, poiché egli, dopo avermi accolto con un sorriso mesto e muto di riconoscenza, spesso richiudeva gli occhi; e allora io, per non disturbarlo, me ne stavo zitto, come le due suore assistenti. Veramente, quegli occhi, non si sapeva piú come guardarglieli, cosí scavati dentro com’erano nel male che lo consumava.

Un giorno Nonno Bauer ha chiesto il narratore su la comparsa del suo giardinetto. (È ormai chiaro che Nonno Bauer capisce che morirà presto; inoltre ha intenzione d’essere sepolto lì.) Il narratore esagera la bellezza della giardinetto.

Un giorno Nonno Bauer mi domandò se ero stato a vedere il suo giardinetto. C’ero stato, ma non avevo voluto dirglielo.

– Perché non me l’hai detto? – fece egli. – Qua o là, ormai, non è lo stesso? Anzi, meglio là… Hai visto come è bello? Vi tengo tutti impicciati, e io ho tanta voglia di dormire…

Gli parlai allora delle sue piante tutte in fiore, esagerando, per fargli piacere, la mia ammirazione. Gli occhi di Nonno Bauer si avvivarono di contentezza.

– Ci andrò presto… Peccato, che non possa piú vederlo…

Il narratore si meraviglia della tranquillità del Nonno Bauer di fronte alla sua morte imminente.

Lo spettacolo di quell’essere ancor del tutto cosciente che con tanta tranquillità s’era conciliato col pensiero della morte, mi cagionava un occulto, indefinibile sentimento. Ma, di lí a pochi giorni, un’altra cosa doveva stupirmi maggiormente.

Qui, l’intenzione sembra essere descrivere uno ‘stato laico di fede’. Con questo, intendo dire che Nonno Bauer è ora in pace a causa della vita che ha condotto finora, vale a dire, una vita che è stata relativamente semplice e lineare, una vita con tanti piaceri sia personali e ricambiati. In altre parole, uno stato laico di fede (invece della ‘fede cieca’ della religione) che gli permette d’accettare il suo destino con grazia, dignità, umiltà e tranquillità.

L’ultima morte è quella d’un ragazzo che ha contratto tifo (è il figlio dei cari amici del narratore).

Il narratore condivide la storia del ragazzo con Nonno Bauer, che offre consulenza medica.

– Quanti giorni sono? – domandò dopo un lungo tratto, senza aprire gli occhi.

Non potendo supporre che egli pensasse ancora a quel fanciullo infermo e non intendendo perciò la domanda, gli domandai a mia volta:

– Quanti giorni di che?

– Che il bambino è ammalato? – spiegò Nonno Bauer, come se parlasse in sogno.

– Nove giorni, – risposi. – E la febbre sempre alta a un modo.

– Bagni freddi, gliene fanno? Anche uno ogni due ore, senza paura… Diglielo al tuo amico.

Alla fine, il ragazzo muore. Il narratore informa Nonno Bauer, che disinteressatamente e generosamente offre al ragazzo un posto dove stare… insieme a lui, nel suo giardinetto.

Purtroppo però il fanciullo era spacciato. Il giorno in cui diedi a Nonno Bauer la triste notizia, c’era da lui a visita il vicino giardiniere, il quale era venuto a riferirgli che il rosajo tutto intorno aveva gettato tanto, che la pietra sepolcrale ne era quasi nascosta.

– Signor Bauer, le rose dicono: là dentro non ci si va.

Ma Nonno Bauer stava peggio anche lui, quel giorno. Guardava con occhi spenti; pareva non intendesse.

Andato via il giardiniere, cadde in letargo. Poi, si riscosse con un sospiro e disse:

– Se volessero portarlo lí…

Credetti che vaneggiasse, e, per richiamarlo in sensi, gli domandai:

– Dove, Nonno Bauer?

– Lí…

E alzò appena la mano.

Compresi, e provai una viva tenerezza. Egli intendeva nel suo giardinetto, lassú, al camposanto. Voleva con sé il bambino, lí, nella nicchietta, sotto le rose.

– Diglielo… diglielo… – riprese con insistenza, rianimandosi un po’ e guardandomi negli occhi: – Glielo dirai?

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