Riassunto: Come gemelle

Come gemelle (L. Pirandello) inizia con la nascita d’una bambina, e il lettore viene immediatamente introdotto al padre del bambino, il Marchese don Camillo Righi, che è anche il protagonista della novella.

Un lampadino acceso sotto un ritratto di Pio X rischiarava a mala pena la stanzetta, in cui il marchese don Camillo Righi s’era ritirato per non udir le grida della moglie soprapparto.

Il Righi è in una stanzetta buia vicino a un’altra dove sua moglie, che è in travaglio attivo, alla fine parterà la loro bambina. La stanzetta del Righi è dominata da un ritratto del Pio X, il suo amato Santo Patrono. Apprendiamo che, finora, il travaglio era stato prolungato e doloroso e faticoso e difficile; dopo un po’ il Righi è ritirato a sua stanza per scappare/sfuggire le grida angosciate della moglie.

Ma gli arrivavano pur lí, quelle grida strazianti, e don Camillo era costretto a turarsi forte gli orecchi con tutt’e due le mani, e ristretto, contratto in sé, come se gli abbajassero dal ventre anche a lui quelle doglie, alzava gli occhi pieni di spasimo e d’avvilimento al ritratto di Sua Santità, il quale col bonario sorriso indulgente dell’ampia faccia pacifica pareva consigliasse calma e rassegnazione, calma e rassegnazione al marchesino, figlio d’una sua vecchia guardia nobile, guardia nobile ora anche lui del suo santo successore.

(Qui, secondo me, il modo in cui lo stato mentale d’una persona influisce/distorce lo stato fisico è descritto ingegnosamente.)

Il Pirandello presenta il Righi come qualcuno che soffre un’angoscia emotiva quasi intensa come il tormento fisico della moglie… leggiamo che le emozioni che si sente — colpa, ansia, paura, rimorso — sono straordinari e potenti. Il Righi ha fatto qualcosa vergognosa e lui lo sa.

Don Camillo avrebbe forse seguito quel muto augusto consiglio paterno, se avesse avuto la coscienza tranquilla, se un certo rimorso cioè non gli avesse accresciuto la pena per gli spasimi che in quel momento sopportava la moglie. Né gli riusciva, allora, rintuzzar questo rimorso con tutte quelle considerazioni che, in altro tempo, a mente serena, quando non si sentiva sopra, come ora, lo sdegno divino e la paura del castigo, non solo bastavano a scusare innanzi agli occhi suoi la propria colpa, ma quasi gliela cancellavano del tutto.

Poi il lettore apprende che il matrimonio del Righi è senza amore. Sua moglie è presentata, in termini non ambigui e poco lusinghieri, come una persona difficile: ha preso il passo straordinario d’incoraggiare il Righi d’avere relazioni con altre donne al di fuori del matrimonio. Mentre non è chiaramente spiegato, il lettore abbia la sensazione che il Righi non è una persona duro di cuore — cioè, lui ha semplicemente voluto più dal matrimonio che sua moglie era disposta o in grado di dare (più di un rapporto? più intimità? più affetto?). La moglie sembra averlo incoraggiato a trovare queste bisogne altrove… al fine d’essere lasciata da sola, in pace.

Sua moglie, infatti, non era piú, in quel punto, la donna gelida, arcigna, scontrosa, che, per esser lasciata in pace, lo aveva abilitato a cercarsi altrove quel calor d’affetto invano cercato in lei; ma una povera creatura in pericolo che soffriva atrocemente per causa sua, senza poter trovare a quelle sofferenze un compenso, un conforto nell’amore e nella fedeltà di lui.

Infatti il Righi ha trascorso del tempo nella sala di parto, ma il suo stato emotivo l’ha portato ad interferire/disturbare/peggiorare il travaglio. Alla fine è stato chiesto di lasciare!

La pietà non le poteva bastare; e difatti, poc’anzi, ella lo aveva scacciato dalla camera, irritata, non reggendo piú a vederselo davanti cosí compunto e afflitto; e s’era invece stretta, forte forte, alla madre, nicchiando:

– Ah mamma, muojo! Quanto soffro, mamma mia, quanto soffro!

E non poterci far nulla! Gli era sembrata anche bella, in quel momento, cosí trasfigurata dall’orrenda tortura.

All’improvviso, le grida angosciate hanno fermato. Il Righi poi presuppone che l’infante è stata nata ed affretta a raggiungere la moglie… ma solo per essere fermato da due servi che erano stati chiamati ad assistere il parto. Il Righi chiede se il travaglio sia ancora in corso e gli dicono di “Sì”.

Da parecchi minuti le grida erano cessate. In quel silenzio d’attesa angosciosa, balenò a un tratto al Marchese la speranza che il parto fosse avvenuto, finalmente! e uscí a precipizio dallo stanzino. S’imbatté però subito in due cameriere che s’avviavano in fretta alla camera della gestante.

– Ancora?

Gli risposero di sí col capo, senza voltarsi, e via.

Ci sono gli altri presenti, tra cui la madre della moglie, i suoi parenti, e un ostetrico.

Nella vasta sala dal soffitto altissimo, arredata di lugubri mobili antichi, davanti a quella camera, trovò l’ostetrico circondato da altri parenti della moglie, accorsi da poco.

– Doglie stanche, – mormorò il medico. – S’andrà per le lunghe. Ma stia tranquillo, Marchese: nessun pericolo.

(L’ostetrico informa il Righi che sebbene il travaglio era stato difficile, non c’è nessun motivo di preoccuparsi. In questo case, diremmo che esibisce un buon rapporto ‘medico-paziente’!)

Il Righi ritira ancora una volta nella sua stanzetta ma viene interrotto da un altro servo che lo informa dell’arrivo d’un visitatore. Inizialmente il Righi rifiuta di vederlo, ma poi si rende conto chi è… lo accetta con riluttanza.

Don Camillo tornava a rinchiudersi nello stanzino, quando un servitore gli s’appressò per annunziargli piano, che qualcuno chiedeva di lui.

– Non posso dare ascolto a nessuno, – rispose il Marchese, seccato. – Chi è?

– Un vecchietto, non so. Ha da parlare a Vostra Eccellenza, dice, di cosa grave e che preme.

Don Camillo ebbe un gesto di stizza, comprendendo da chi gli veniva quell’ambasciata.

– Fallo passare, – poi disse.

Il visitatore, un povero vecchietto, non è un nobile: infatti è descritto come un ‘pesce fuor d’acqua’ nel palazzo. (In una scena pieno dell’umorismo, siamo fatti sentirci il disagio del vecchio nella presenza del Righi e dei lussi del palazzo.)

Quel vecchietto entrò con la titubanza di un pollastro sperduto. Oppresso dalla ricchezza solenne e austera della casa, e non sentendo piú quasi i proprii piedi su gli spessi tappeti, s’inchinava goffamente a ogni passo.

In realtà il vecchietto è venuto ad informare il Righi che Carla, la sua amante, è anche in travaglio e che la presenza del Righi è richiesta alla casa di lei.

– So chi vi manda, – gli disse piano il Marchese. – Sú, che avete da dirmi?

– Signor Marchese, Eccellenza… la signora Carla…

– Sss… piano!

– Sissignore, dice… se può venire un momentino…

– Ora? Non posso, non posso! ditele che non posso, – rispose smaniosamente il Marchese. -Perché, del resto? Che vuole?

– Le doglie, Eccellenza, – fece timidamente il vecchietto. – Le sono sopravvenute le doglie.

– Anche a lei? Ora? Le doglie anche a lei?

– Sissignore, Eccellenza. Son corso io stesso per la levatrice. Ma Vostra Eccellenza non s’impensierisca: tutto andrà bene, con l’ajuto di Dio.

– Che ajuto di Dio! – scattò don Camillo. – Questo è il diavolo! La Marchesa, di là…

Quando ho letto questo, ho sia boccheggiato e ho riso ad alta voce! Di sicuro ero già a conoscenza della parola ‘gemelle’ nel titolo della novella, e ho pensato che la pausa nel travaglio della moglie era dovuta alla nascita di gemella A, con la nascita in attesa di gemella B da seguire!

Ma, invece… (mi ha ingannato signor Pirandello, mi ha ingannato!)

La notizia sorprendente del vecchietto ha cambiato tutto! Adesso il lettore riusciva a capire che il titolo della novella è letterale e non figurativo, cioè, ci saranno due nascite questa sera — come gemelle! — ma da due donne invece d’una. Il Righi è il padre di tutt’e due.

Inoltre le ragioni per l’angoscia emotiva del Righi sembrano venire ancor più in evidenza. Ovviamente il Righi è consapevole del fatto che entrambe le donne sono in stato di gravidanza. Il suo senso di colpa/rimorso/vergogna/paura sembra essere spinto dal fatto che l’ha impregnata sua moglie, e adesso lei soffre, anche se non ama più.

Il povero bastardo! Solo ora ha imparato che le due donne hanno iniziato insieme il travaglio… quindi dev’essere in due posti al tempo stesso! (Avrebbe certamente beneficiato della disponibilità di un clone o un avatar!)

S’interruppe, scosse le mani; strizzò gli occhi. Ah, tutt’e due, castigo di Dio! La moglie e l’amante, nello stesso tempo, castigo di Dio!

– Ma come?… – si provò a domandare, riaprendo gli occhi.

Si vide davanti quel vecchietto imbarazzato e piú che mai smarrito e provò istintivamente il bisogno di levarselo dai piedi.

– Andate, andate, – gli ordinò. – Dite cosí che… se posso… tra poco… Ora andate, andate!

Il Righi ritira dentro di sé per pensare. Sembra ovvio che non sia un uomo spietato… invece l’impressione è che il Righi sia fondamentalmente un uomo buono (cioè, maldestro lungo nella vita sua, facendo il meglio che può, proprio come la maggior parte di tutti noi).

E scappò a rintanarsi nello stanzino semibujo, con la testa tra le mani, come se temesse proprio di perderla, quella sua povera testa. Le gambe, lí, gli mancarono: cadde a sedere su una poltrona e vi si contorse, vi si raggomitolò tutto quasi per nascondersi a se stesso: ira, vergogna, angoscia, rimorso gli fecero tale impeto dentro, che s’addentò un braccio e squassò la testa fino a farsi uno strappo nella manica. Sorse in piedi:

“Ma come?”, si domandò di nuovo. “Carla, le doglie? Dunque, ha sbagliato? Dio, che rovina, che rovina, che rovina!”

Gli sovvenne a un tratto che il medico di là gli aveva detto che per la moglie c’era tempo: si recò al guardaroba lí accanto, trasse la pelliccia e il cappello dall’armadio, e uscí di furia, dicendo al servitore:

– Torno subito!

Il Righi prende una vettura a casa di Carla che è a breve distanza dal palazzo. Carla è una sarta di successo e di talento, molto richiesta, che lavora per molte delle famiglie nobili di Roma. (La moglie del Righi è infatti una dei suoi clienti.) Il suo appartamento funziona anche come il suo laboratorio.

In una scena giusta, in cui la scarpa è proprio sull’altro piede, il Righi è come un ‘pesce fuor d’acqua’ nell’appartamento buio di Carla: il Righi inciampa e cade su alcune delle sue forme ei suoi manichini.

Fatti pochi passi nella saletta d’ingresso al bujo, don Camillo inciampò in un fantoccio da sarta; all’inciampone, un altro fantoccio dietro a quello gli cadde in testa; il Marchesino, già col piede alzato, se lo trovò fra le gambe; cadde anche lui. Al fracasso, accorse una vecchia incuffiata, con un lumetto in mano. Ma don Camillo s’era già alzato e dava un calcio a quell’arnese di vimini.

– Maledetti impicci!

Il lettore è introdotto alla Carla.

Dalla camera attigua tuonò la voce imperiosa di Carla:

– Lasciatemi fare! Voglio passeggiare, e passeggio!

Carla è meravigliosa: di sicuro non sarà intimidita dal travaglio & parto.

Don Camillo, infatti, la trovò in piedi, discinta e maestosa, coi magnifici capelli fulvi scomposti intorno al bel volto pallido.

– Carla!

– Marchese birbone! Oh, ma che hai, figlio mio? Anche tua moglie? Ho saputo! Sú, sú, coraggio, caro: non è niente! Cosí sembrerà che abbia partorito tu, due volte. Ahi ahi… ahi ahi… Gli posò le mani su le spalle, appoggiò la fronte madida sulla fronte di lui: attese un momento cosí.

– Niente: è passata! Asciúgati la fronte; scusami; e levami un dubbio, Marchese: le hai detto un maschio a tua moglie?

– Non capisco…

– Che ti facesse un maschio?

– Ma no, non le ho detto niente.

– Ti farà una femmina, puoi esserne certo! Va’, esci un momentino, ora, e non ti spaventare. L’avrai subito da me, il maschio: contaci! Subito subito, sí. Vedo che hai premura.

Don Camillo sorrise, senza volerlo, e si ritirò nella stanzetta attigua.

Bizzarra nei modi e nel linguaggio, pure in quel momento, che differenza!

(Il contrasto tra le due donne non potrebb’essere più netto.)

Poi si verifica una notevole trasformazione meravigliosa: nella presenza di Carla Il Righi è un uomo diverso… ha trovato, per grande fortuna, qualcuno che ama veramente.

Uggito, oppresso, contrariato in tutto e per tutto dalla moglie, egli, solo a vedere questa donna, ecco, si sentiva subito tutto rianimato: un altro. Che donna! Spregiudicata e franca, con l’esuberanza d’una vitalità indiavolata, talvolta anche indiscreta nella furia di fare il bene, sincera, veemente, affettuosa, gli aveva comunicato un fuoco, un fervore, di cui non si sarebbe mai sentito capace. E che fierezza! Non aveva voluto mai accettar da lui, se non qualche regaluccio di poco conto, come testimonianza d’affetto.

Carla è una notevole donna meravigliosa! Il suo amore per il Righi sembra essere tanto vero e onesto e semplice e sentito come l’amore del Righi per lei.

– Sono piú ricca di te, – soleva dirgli. – Cucio e mangio!

Serviva difatti le piú cospicue famiglie aristocratiche e borghesi, ed era stata anche la sarta della marchesa Righi; ma s’era veduta cosí maltrattata da costei, cosí contrariata anch’essa nei suoi gusti, nei suoi suggerimenti, che aveva giurato di vendicarsi, non tanto per il dispetto che ne aveva provato, quanto per pietà di quel povero Marchesino che con gli occhi le aveva sempre dimostrato d’esser d’accordo con lei, d’esser una vittima anche lui di quella donna magra, sgarbata, insoffribile. E da un anno e mezzo, il marchesino Righi, amato da Carla, si sentiva proprio un altr’uomo.

[Posso facilmente immaginare la Carla. Lei è molto intelligente, articolata del linguaggio, bellissima, imperiosa, sicura, aperta, forte, gioiosa, piena di vita, energica, accettando ma non debole, coraggiosa con il cuore d’un leone, avventurosa, con esperienza, calda, affettuosa, intima, riflessiva/pensosa. Scommetto che lei ha un tic verbale accattivante che usa per mettere in pausa mentre sposta da un argomento di conversazione ad un altro… forse qualcosa come “Comunque, insomma, va bene”. È giusto concludere che il Righi è un uomo molto fortunato davvero.]

Carla dà alla luce una figlia.

Un ululo lungo, quasi ferino, scosse don Camillo da queste riflessioni. Balzò in piedi. Udí la voce della levatrice, che diceva di là:

– Fatto! Zitta. Brava.

Il Righi rimane nell’appartamento abbastanza a lungo per esprimere il suo amore e poi si ritorna al palazzo,

Padre, dunque! Ecco, già padre! Una strana ansia lo prese di veder la creaturina che in quel momento entrava nella vita, per lui. Ma due, due, in quella stessa notte, signore Iddio! Forse in quel punto stesso, nel suo palazzo, nasceva un’altra creaturina, pur sua. Ed egli era ancora qua! L’ansia, a questo pensiero, diventò smania. Ancora? ancora?

– Signor Marchese!

Don Camillo accorse. Carla, dal letto, pallidissima, abbandonata, gli sorrise.

– Femmina, sai? Troverai il maschietto di là. Va’, dammi un bacio, e scappa, caro!

Il Righi si chinò a baciarla appassionatamente; ma prima di scappare a casa, volle veder la bambina. Se ne pentí. Vide un mostriciattolo ancor tutto paonazzo, che incuteva ribrezzo.

– Vedrà, eh vedrà fra qualche ora… – gli disse però la levatrice. – Piú bella della mamma!

…dove scopre che sua moglie è morta dopo anche aver dato alla luce una figlia.

Poco dopo, rientrando nel suo palazzo, il Marchesino non poté piú ricordarsi di ciò che aveva lasciato nella piazzetta solitaria di San Salvatore in Lauro.

Sua moglie era morta di parto, da mezz’ora, lasciando, mal viva, una povera bambina.

Il lettore può facilmente comprendere la rabbia della famiglia della moglie, una volta che loro imparano il perché non era presente il Righi quando sua moglie è morta.

– I parenti di lei?

– Figúrati! M’hanno lasciato solo! Intanto ho paura che anche quest’altra balia non abbia latte abbastanza.

Nonostante la tristezza delle circostanze, la novella conclude in modo positiva. Carla accetta l’altra bambina del Righi come la sua. Poi la nuova famiglia di quattro persone fugge da Roma e si trasferirsce in campagna per iniziare le loro vite insieme.

Risolvette d’allontanarsi per sempre da Roma. Si sarebbe ritirato nelle sue terre di Fabriano. Pregò Carla d’accettare per suo amore quel rifugio; si mise d’accordo con lei, e la fece partire avanti, con la bambina e quella vecchia zia.

Dopo una ventina di giorni, sistemato tutto, partí anche lui per la campagna, con la povera piccina senza madre.

Fin dal primo momento Carla ebbe per lei affetto e cure piú che materni. Tanto che don Camillo stesso provò quasi rimorso per quell’altra bambina, ch’era pur sua, temendo non fosse trascurata troppo.

– No, che dici? Milluccia, per il momento, non ha tanto bisogno di me. Tinina sí, invece. Ma già, vedi, vedi come s’è fatta bella?

Era rifiorita veramente, in quei pochi giorni, la povera bambina, con la primavera che rideva e brillava dalla campagna a tutte le finestre della villa piena di sole. Ancora, messa accanto all’altra, nel lettuccio comune, pareva piú piccina.

– Ma vedrai fra qualche mese. Sembreranno proprio come gemelle, e non sapremo piú distinguere l’una dall’altra.

Don Camillo Righi sapeva dell’indignazione che aveva cagionato a Roma, nei parenti e negli amici, la notizia scandalosa ch’egli aveva dato ad allevar la figliuola alla propria amante. Ma voleva che venissero qua, tutti, a vedere quelle due piccine, l’una accanto all’altra, e l’amore e le cure di quella madre per esse.

– Imbecilli!

 

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