Riassunto: Nel dubbio

Nel dubbio (L. Pirandello) è una novella sia bella ed incantevole (una meraviglia!) che inizia così:

Nella sala terrena del grazioso villino in cima al poggio, gaja di luce e del tenero verde dei bambú sorgenti da un antico sarcofago, gaja dello sprillo d’una fontanella di marmo, la vecchia minuscola marchesa donna Angeletta Dinelli, seduta presso una piccola lucida scrivania di ghisa nichelata, sonò per la terza volta il campanello, tenendo tuttavia sul naso gli occhiali e in mano la lettera della figliuola, che scriveva da Roma.

La storia è ambientata in una villa nell’Italia meridionale (forse la Sicilia), ed, particolarmente, in una stanza della villa al piano terreno con un giardino adiacente. Questa stanza è ben arredata, sembra funzionare come uno studio. (Al lettore sembra essere una stanza in cui uno potrebbe facilmente ‘perdersi’… cioè, una stanza progettata/disegnata per ‘catturare’ la più umanamente possibile le bellezze naturali della tenuta.)

Siamo immediatamente introdotti a una dei due personaggi principali della storia: la vecchia minuscola marchesa donna Angeletta Dinelli. (Per il lettore, si rivelerà essere tanto divertente conoscerla come sarà dire il suo nome!) Impariamo che donna Angeletta ha appena ricevuto una lettera da Nelda, sua figlia che vive a Roma. La lettera ha sollevato una preoccupazione che lei desidera discutere con il suo compagno (in effetti, suo sposo e l’altro protagonista della storia, il comendatore Federico Morozzi).

Tuttavia è la prima giornata ed il Morozzi è indisposto… sta prendendo la sua normale routine di balneazione e di vestirsi.

Mentre aspettiamo il Morozzi, ci viene fornito un primo ‘ritratto’ di donna Angeletta. Lei è innanzitutto diminuita… è descritta come una persona ‘minuscola’, con una ‘testolina’ e le ‘piccole mani’. Lei è vecchia (ha settant’anni) e soffre di una malattia cronica: tristemente, le sue mani mostrano le devastazioni di artrite cronica (le mani sono deformate e con ogni probabilità una fonte d’un notevole dolore cronico / costante). Donna Angeletta indossa i guanti per proteggere le mani.

La testolina incuffiata della marchesa tremolava quella mattina piú del solito con tutti i riccioli argentei che le pendevano intorno alla fronte, e anche le piccole mani deformate miseramente dall’artritide e riparate da mezzi guanti di lana.

Come indicato nel paragrafo iniziale della novella, donna Angeletta ha suonato una campana (ancora una volta!) per chiamare la sua serva… vuole sapere il luogo dove si trova il Morozzi. La serva arriva nello studio:

— Ma il commendatore? — domandò con vocetta agra di stizza alla cameriera che si presentò su la soglia.

— Avvertito, signora marchesa. Finiva di vestirsi. Ha detto che sarebbe venuto giú subito.

— Subito? Come i vecchi, doveva dire.

— Se crede…

— No, lascia, verrà.

Dopo la serva lascia lo studio, le preoccupazioni sollevate dalla lettera vengono nuovamente sottolineate: donna Angeletta legge la lettera una quarta volta, suggerendo o che lei sia sorpresa / stupita dai suoi contenuti o che sia mistificata da ciò che Nelda ha scritto.

E donna Angeletta tornò a rileggere per la quarta volta la lettera,

A questo punto siamo presentati al compagno / ‘alter ego’ di donna Angeletta… Cocò, il suo pappagallo.

…mentre una voce cornea dietro la tenda della finestra ripeteva:

— Verrà… Federico, Federico… Povero Cocò… verrà… Com-men-da-to-re…

Il pappagallo sembra prendersi gioco di lei,

La stupidissima bestia sul trespolo pareva volesse canzonare la marchesa, imitandone i tre toni di voce, con cui ella soleva chiamare il commendator Morozzi: quello frettoloso, confidenziale (Federico, Federico), quello di commiserazione un po’ derisoria (Povero Cocò) e l’ultimo, grave, e per cosí dire, di parata (Commen- da-to-re).

…ma, come spiega il Pirandello con attenzione questo non può essere il caso. In primo luogo, il pappagallo manca la capacità cognitiva di ingannarla o prendersi gioco di lei,

Pareva; perché il pappagallo poi aveva questo di buono, che non capiva nulla; e non si sognava dunque neppure di canzonar la padrona.

…e, secondo, ci è spiegato che non c’è nessun motivo di deriderla: donna Angeletta è una buona persona, inoltre lei presenta nessun minaccia a nessuno: cioè, è vecchia, malata, in pensione e tranquilla. Sembra essere vero che lei sia vicino alla fine di vita sua e vuole semplicemente riposare. In breve donna Angeletta è semplicemente qualcuna immeritevole di scherno!

Che sugo, del resto, ci sarebbe stato, anche per un pappagallo, a canzonare una vecchina già presso ai sessant’anni, che se un tempo aveva dato pretesto a ciarle non al tutto maligne in società, da tanti anni ormai viveva ritirata e tranquilla come una tartarughina in quella sua amena e solitaria villetta umbra?

Poi, tuttavia, impariamo che c’era un tempo, molto prima nella vita sua, quando le azioni ei comportamenti di lei erano controversi: donna Angeletta era associata ad uno scandalo minore ed alcuni pettegolezzi negativi. Così:

– primo, quando donna Angeletta e il suo marito, il marchese (è morto da molti anni) sono stati presentati per la prima volta alla società, entrambi sono stati considerati come inconsequenziali.

…perché tanto lei, la marchesa, quanto lui, il marchesino, nel presentarsi la prima volta in società, avevano fatto la figura d’una coppia di ragazzetti parati per ischerzo a far da sposini, per una graziosa mascherata carnevalesca.

– poi, dopo la donna Angeletta ha dato alla luce Nelda, il marchese ha fuggito — ha scappato via a Parigi — dove per quattro anni ha speso liberamente ed irresponsabile, quasi mandando in bancarotta la ricchezza della famiglia.

…anche quando era in vita il marchese, il quale, dopo la nascita dell’unica figliuola, se n’era scappato a prender aria a Parigi: tant’aria che n’era scoppiato quattr’anni dopo; e non ci sarebbe stato niente, proprio niente di male, se in questi quattr’anni non avesse dato fondo alle sue rendite e a buona parte di quelle di lei.

Ciònonostante donna Angeletta è riuscita ad evitare un disastro economico e personale a causa del sostegno del Morozzi. Anche se il Morozzi e donna Angeletta non si sposano mai, hanno vissuto insieme per decenni, cioè, fedelmente, pienamente impegnati l’uno all’altra e con un profondo amore ed affetto. Per questo, la coppia è tenuta in grande rispetto.

Veramente donna Angeletta Dinelli, da tanto tempo vedova, avrebbe potuto sposare il commendator Federico Morozzi. Non l’aveva fatto, perché in realtà viveva con lui senza troppo scandalo quasi maritalmente…

Donna Angeletta era come una bambola, allora: e se non avesse avuto accanto il Morozzi, senza dubbio si sarebbe ridotta all’elemosina, con la figliuola. L’affetto, lo zelo, la protezione del commendatore per la minuscola marchesa erano stati molto apprezzati in Roma; e quasi quasi, era sembrato non solamente scusabile, ma logico e inevitabile che qualcuno lí, in quella casa, si fosse messo a far da uomo sul serio,

Ci viene detto che il Morozzi è considerato, in molti modi, l’opposto del marchese (cioè, il Morozzi è considerato un ‘uomo serio’).

Senza l’intervento del commendatore, uomo serio, chi sa come sarebbero andati a finire quei due bambocci! Già s’era veduto: il marchesino, quando a un certo punto aveva voluto far l’uomo, era andato a rompersi il collo a Parigi.

La descrizione della coppia è semplicemente deliziosa. (Causa il lettore a sorridere!)

Ammirabile era adesso per tutti l’esempio che quei due vecchi, il commendatore e la marchesa, offrivano d’una cosí lunga e perfetta fedeltà d’amore, della compagnia piena di squisite attenzioni che entrambi a quell’età si tenevano ancora, in quel loro dolce ritiro.

Poi impariamo che il Morozzi è anche attentissimo, a dir lo meno, al suo aspetto. È pieno di energia, non ha intenzione di ‘soccombere’ alla vecchiaia. Inoltre… il Morozzi la incoraggia donna Angeletta a fare lo stesso, con dolcezza ma persistentemente.

Egli si dava tuttavia amorosissima cura della persona e voleva che anche lei se ne desse, in difesa, anzi a dispetto del tempo. Voleva che questo non gliela guastasse troppo, la sua povera bambola vecchierella, non approfittasse troppo dell’estrema gracilità di lei. Quelle povere manine! Se avesse potuto riparargliele, come già aveva fatto coi capelli! Perché non erano mica veri quei ricciolini argentei sotto la cuffia… Ma il cuore, il cuore sopra ogni altra cosa, avrebbe voluto ripararle, il cuore che le s’avvizziva troppo. Si offendeva tanto il commendator Morozzi, se donna Angeletta s’insaccava nelle spalle e, socchiudendo gli occhi, sospirava:

— Ormai, caro, ormai…

Che ormai! che ormai! Come un giovane innamorato, nelle tepide sere di primavera, egli voleva passeggiare a braccetto con lei, sotto la luna, pei viali inghiajati del giardino davanti la villa. Alto e robusto, doveva chinarsi un po’ da una parte per dar braccio a lei cosí piccina. Pareva che davvero credesse, che ancora la luna dal cielo facesse lume per loro e per loro odorassero le rose del giardino e scampanellassero i grilli lontani.

In una ‘nota’ accattivante, apprendiamo che donna Angeletta tollera gli atteggiamenti del Morozzi, ma, in realtà, preferirebbe lei accettare il proprio status della vita… con tranquilità / equanimità / grazia. Inoltre, impariamo che lei diventa facilmente esaurita — forse a causa della sua età e la malattia cronica, ma anche a causa dell’illimitata energia alta del Morozzi. A questi tempi, diciamo per compensare, donna Angeletta cerca rifugio e conforto da Cocò.

La vecchiaja a poco a poco rilascia tutto ciò che la giovinezza si era preso del mondo. Giovani, crediamo infatti che sia nostra ogni cosa, nostro o fatto per noi tutto il mondo. Vecchi, lasciamo che il mondo se lo prendano gli altri o credano di prenderselo; e ridiamo di questo inganno, d’un riso che non può non essere amaro, considerando che fu anche nostro e che ne fummo felici.

Cosí pensava ormai donna Angeletta che, se non questa, molte cose aveva già imparato dal suo vecchio amico, oltre a quelle altre che gli anni e i malanni le avevano fatto entrare a poco a poco nella testolina incuffiata, mentre negli ozii invernali si carezzava i mezzi guanti di lana protettori delle povere mani. E perciò spesso sospirava:

— Povero Cocò!

Tanto spesso, che il pappagallo aveva già imparato a ripeterlo cosí bene per conto suo.

Infine il Morozzi arriva nello studio.

Finalmente il Morozzi entrò nella sala, stropicciandosi le grosse mani pelose:

— Eccomi qua, eccomi qua…

Dopo il bagno, una passeggiatina svelta svelta in giardino… No? Perché no, quella mattina?

E il commendator Morozzi tese gl’indici e, con un gesto che gli era solito, li accostò pian pianino fino a toccarsi le punte insegate dei maschi baffoni grigi, come per accertarsi se stessero a posto.

Non poteva star fermo un minuto; a costringerlo, alzava una gamba, o spingeva un gomito, o stirava una spalla, o storceva la bocca, o contraeva una guancia, e poi dàlli con gl’indici a toccarsi le punte dei baffi, facendo il bocchino.

— Nudo, nudo, nudo, cara mia; carissima mia, nudo! Potevo venir giú? — rispose frettolosamente al rimprovero di donna Angeletta.

(Nonostante la ‘mancata corrispondenza’ — cioè, la energia di lui contro la fatica di lei, l’intensità di lui contro la stanchezza di lei — il lettore ha il senso chiaro che la coppia rimane affettuosa ed attenta come sempre!)

Il Morozzi chiede cos’è di preoccupazione. Donna Angeletta spiega che Nelda ha scritto una lettera, in confidenza,

Le si accostò, si chinò su lei, le tolse dal naso gli occhiali, come se volesse baciarla senza farglielo vedere, e:

— Che abbiamo? che è avvenuto?

— Nelda, — disse donna Angeletta, ponendogli una mano sul petto per tenerlo discosto. — Guarda che letterona…

— A me? a te?

— A me, confidenziale. Da’, da’ gli occhiali… Dove li hai messi?

Il Morozzi glieli porse; donna Angeletta tornò a inforcarseli, e…

…poi inizia a leggerla a voce alta,

— Mammina mia bella, — cominciò a leggere, — promettimi prima di tutto che non farai leggere questa lettera al commendatore…

— Brava! — esclamò questi, accigliandosi.

— Scrivo a te solamente, — seguitò ella, — e voglio che tu laceri la lettera appena avrai finito di leggerla. Si tratta…

…e poi ferma per spiegare l’intenzione di Nelda, ed, al tempo stesso, il fatto che non capisce affatto che cosa Nelda vuol dire.

Donna Angeletta s’interruppe; guardò di su gli occhiali il Morozzi, e:

— Non te la leggo, per ubbidire, — disse. — Si tratta che io dovrei fingere di non aver ricevuto questa lettera, e che, discorrendo cosí… tra noi, mi venisse a un tratto la curiosità di sapere se Giulio…

— Ah, — esclamò egli aggrondato, offeso, — si tratta di suo marito?

— Già… Ma non ci capisco nulla, — disse donna Angeletta.

Il Morozzi, che ha una routine ogni mattina, cerca di fuggire nel giardino,

— Brava! Nulla ci capisci tu; nulla voglio saperne io, — soggiunse il Morozzi, — me ne vado subito in giardino!

…ma donna Angeletta lo impedisce. Spiega che Nelda ha scritto in confidenza perché vuole esprimere una preoccupazione con suo marito, Giulio. Nelda sa bene che il Morozzi è molto appassionato di Giulio e può essere sconvolto quando apprende la natura della sua preoccupazione.

— Aspetta! — esclamò donna Angeletta, accennando di levarsi. — Nelda scrive a me, non perché non si voglia confidare con te, ma per non darti un dispiacere: me lo dice in fondo alla lettera espressamente. Sempre furie! sempre furie!

— Che dispiacere? — domandò il Morozzi, voltandosi, di nuovo con gl’indici tesi su le punte dei baffi. — Le solite sciocchezze!

— Già! Perché tu sempre hai protetto Giulio, — rispose la marchesa.

— Protetto? io? — esclamò il commendatore. — Perché se lo merita, se mai… Sta’ pur sicura, bella mia, che non ha fatto nulla di male, Giulio; perché, se qualcosa avesse fatto di male, Nelda, la signora baronessa, avrebbe scritto a me, a me, a me, non a te, per farmi un piacere!

In effetti donna Angeletta chiede: “Sostiene ancora Giulio se la preoccupazione fosse basata su un vecchio peccato?”

— E se non fosse cosa d’ora? — disse donna Angeletta. — Se si trattasse d’un vecchio peccataccio, che tu sai?

Apprendiamo che Giulio era coinvolto con un’altra donna prima del suo matrimonio a Nelda, e che l’altra donna ha dato alla luce un figlio.

— La Zena? — domandò allora il Morozzi. — Si tratta di quella povera diavola?

— Ecco! — fece la Dinelli.

— Ma se è tutto finito, strafinito, arcifinito! Ancora? Perbacco! Se tutto era già finito due anni prima, due, due anni prima che Giulio sposasse la Nelda! A quella povera diavola avevo dato marito io…

— E il figlio? — domandò donna Angeletta, con un tono che lasciava intendere che qui lo aspettava.

— Il figlio? — disse il Morozzi, restando. — Che figlio? il figlio che Giulio ebbe da…?

La domanda che Nelda chiede a sua madre è in effetti: “Sei sicuro che Giulio fosse il padre del figlio?”

— L’ebbe di sicuro? — tornò a domandare donna Angeletta. — Ecco il punto! Nelda vuol sapere proprio questo.

Il Morozzi chiede perché Nelda vuole sapere questo? Donna Angeletta risponde, dicendo che infatti Nelda non spiega chiaramente perché! (Questo è ciò che è tanto preoccupante per donna Angeletta.)

— Se Giulio ebbe un figlio? E perché?

— Perché… il perché non lo dice. Ma io temo che vogliano giocargli qualche tiro. Sapessi come insiste Nelda, perché tu prenda esattissime informazioni, fino ad acquistar la certezza assoluta che il figlio sia stato proprio di Giulio. Capirai che, avendo avuto da fare con una donna come…

A questo punto il Morozzi diventa molto letterale / concreto (proprio come qualsiasi uomo)! Non riesce a vedere / condividere la preoccupazione di Nelda, dato che è morto il figlio all’infanzia. (In altre parole, “fuori vista, fuori mente”!!!)

— Che! che! che! — proruppe a questo punto il commendator Morozzi. — La Zena? Ma fammi il piacere! Quella povera figliuola? Diciassette anni aveva… figlia d’onesti contadini! Incapace! E poi, se il bambino è morto…

— Morto?

— Morí dopo due mesi.

Poi il Morozzi prende la lettera; cammina verso una ventana per leggere la lettera per se stesso,

— E allora? — disse donna Angeletta, non sapendo piú che pensare.

— Da’ qua la lettera, — riprese con fare sbrigativo il commendatore. — Andiamo per le spicce.

S’accostò alla finestra per legger meglio. Doveva leggere a distanza, a braccio teso, perché – prèsbite – s’ostinava a credere di non aver punto bisogno degli occhiali. S’impostò lí in un atteggiamento eroico;

…quando Cocò (cioè, donna Angeletta!) morde la mano.

ma a un tratto diede un balzo. Il pappagallo, dietro la cortina, per fargli a suo modo una carezza, gli aveva pinzato la mano con cui reggeva la lettera.

— Brutta bestiaccia! — gridò. — Parola d’onore, le tiro il collo qualche volta…

Tutti e due, donna Angeletta e il pappagallo, gli risposero con lo stesso tono:

— Povero Cocò!

Frustrato ed impaziente il Morozzi lascia lo studio, entra nel giardino.

— Permetti? — disse allora il Morozzi su le furie. — Vado a leggere in giardino.

E uscí a passi concitati.

Dopo 30 minuti il Morozzi torna allo studio, ridendo… capisce bene la domanda di Nelda.

Rideva ancora, rideva forte, quando, di lí a mezz’oretta, rientrò in sala, agitando la lettera.

— Ma non hai capito nulla? proprio nulla?

Donna Angeletta lo guardò un pezzetto, un po’ urtata da quel riso, perplessa, ma già inchinevole a sorridere anche lei della propria costernazione.

— Tu hai capito?

— Io? Ma perfettamente! — esclamò il commendatore. — È cosí chiara la ragione della lettera… Si capisce dal tono, scusa!

Il Morozzi spiega che Nelda e Giulio sono stati sposati per quattro anni e rimangono senza figli. Nelda si è preoccupata che Giulio possa essere incapace d’avere un figlio, cioè, che lui è infertile.

Di’ un po’, quanti anni sono che Nelda è maritata?

— Quattro, a ottobre.

— E niente figliuoli! — soggiunse subito il Morozzi.

Il Morozzi continua, dicendo che Nelda sembra molto più simile a lui invece di sua madre… lei è robusta, fisicamente imponente, piena di energia e di vita, quindi è improbabile (cioè, impossibile!) che lei sarebbe infertile.

— Nelda non somiglia mica a te! Nelda, dico… se non mi passa, è alta quanto me, e… dico, florida, robusta come me… Non si persuade, che possa mancare per lei. Capisci adesso?

— D’aver figliuoli?

Il Morozzi spiega poi che probabilmente Nelda ha ricordato una lontana conversazione (che ha sentito), in cui donna Angeletta e il Morozzi hanno discusso / interrogato la paternità del figlio dell’altra donna.

Il Morozzi le rispose con un gesto espressivo delle mani, e aggiunse:

— Ma s’è ricordata, com’ella dice, che da ragazza «colse a volo» qualche discorso tra me e te, sul conto di Giulio, qualche accenno a quel trascorso giovanile di lui, alla nascita di quel bambino… Vedi che ne parla cosí, senza darci alcun peso, mentre insiste molto invece su le ricerche scrupolose da fare per venir bene in chiaro se il figlio fosse proprio di Giulio… Ne dubita, è evidente! E perché ne dubita?

La memoria di questa conversazione, insieme ai problemi della coppia con la gravidanza, ha portato Nelda a dubitare il Giulio, chiedendo a sua madre, in modo indiretto, se lui potesse essere infertile?

Il Morozzi respinge la preoccupazione di Nelda come una sciocchezza. Lui è del parere che Nelda non abbia motivo di preoccuparsi, che deva restarsi paziente (e fiduciosa).

Tornò a rider forte il commendator Morozzi e concluse:

— Sciocchezze! sciocchezze! sciocchezze!

— Risponderò allora… — prese a dire donna Angeletta.

E il commendatore:

— Risponderai cosí: Sciocchezze, dice Federico; dice che… già no! non dico nulla, io, poiché la signora baronessa s’è vergognata di rivolgersi a me: ma glielo puoi dire tu, da te, forte, che è una sciocchissima creatura! Non sono ancora quattr’anni! Godete finché siete giovani, senza pensieri! I figliuoli verranno… S’è dato il caso d’aver figliuoli anche dopo quindici anni. E quanto a Giulio dille che non mi faccia il torto di dubitare d’un marito che le ho scelto io! Il figliuolo era proprio suo e ci posso metter le mani sul fuoco, perché quella Zena, povera figliuola… ma figurarsi! So io quel che mi ci volle per rimediare… Suo, suo, suo; si metta il cuore in pace la signora Nelda e aspetti…

— Paziente e fiduciosa…

— Ecco, benissimo, cosí! Paziente e fiduciosa.

Infatti una seconda lettera arriva quattro giorni dopo, in cui Nelda annuncia d’essere incinta!

Quattro giorni dopo, arrivò da Roma a donna Angeletta Dinelli, quest’altra letterina breve breve della figliuola:

Mammina mia bella,

Due paroline in fretta e furia per non tenerti in pensiero.

Che predicone m’hai fatto, tu mammina mia piccola e

cara! E fuor di luogo, sai?

Non tenere piú in alcun conto la mia lettera precedente,

che tu avrai lacerata. Te l’ho scritta… non so piú

neanch’io bene perché. Fisime!

Sappi che già… non vorrei dirtelo ancora; ma temo,

temo fortemente, che da due mesi, tu abbia cominciato

a esser nonnina, ecco!

Aspetta ancora un po’ per annunziarlo al Commendatore.

Un bacio in fretta dalla tua

NELDA

— E allora? — domandò il commendator Morozzi, sgranando tanto d’occhi, appena donna Angeletta ebbe finito di leggere. — Tutto quell’impegno di sapere se Giulio aveva proprio avuto un figliuolo?

A questo punto, ci viene rivelato che donna Angeletta ha un suo segreto,

Donna Angeletta si portò alla fronte una di quelle sue povere mani; poi, sotto lo sguardo di lui ancor pieno distupore, disse:

— Chi sa che storie, pazzerella…

E non disse altro.

Ma questa volta aveva capito lei, invece.

…cioè, impariamo della possibilità che Nelda infatti sia la figlia del Morozzi!

Che cosa? Non volle dirlo; se lo chiuse in cuore, per non amareggiare invano dopo tanti anni il suo povero Cocò.

Era sicurissimo infatti, il povero Cocò, che la Nelda fosse sua figlia; e lei non aveva mai detto una sillaba per toglierlo da questa sicurezza. Ma ne era ugualmente sicura lei?

Conviveva allora anche col marito, col marchesino…

Il fatto che donna Angeletta ha dubitato la paternità di Nelda è associata con rimorso e rimpianto. La gravidanza è un tempo ambiguo nella vita di una donna… c’è la gioia e anche il dolore.

Che senso di smanioso tormento, quali fitte di rimorso le aveva cagionato il non sapere, il non poter dire neanche a se stessa a chi appartenesse veramente il nuovo essere che cominciava a viverle in grembo; a chi dovesse lei stessa le ansie trepide, i dolori della maternità, da cui, pur caduta, quantunque in peccato, si sentiva dinanzi a sé stessa nobilitata; a chi avrebbe dovuto domani le gioje che dal frutto delle proprie viscere le sarebbero venute! E che strazio anche dipoi, nel vedere, nel sentire la propria creatura ignara tendere le manine e dir babbo a chi forse non era tale!

Ah, per perversa che sia una moglie, e quantunque nemica, a torto o a ragione, del proprio marito, vorrebbe aver sempre la certezza che appartiene a questo il frutto delle proprie viscere, non foss’altro per non sentir lo strazio della menzogna incosciente su le tenere e pure labbra della propria creaturina!

Ora Nelda…

Alla fine sembra esser vero che il dubbio di Nelda e la sua gravidanza hanno portato alla luce alcune vecchie memorie dolorose per donna Angeletta. Avrà il coraggio di condividere queste memorie con il Morozzi?

Ma poteva confidar queste cose donna Angeletta Dinelli al commendator Federico Morozzi?

***

Secondo me, l’incertezza della paternità di Nelda può anche spiegare il comportamento del marchese: adesso ci rendiamo conto che può essersi vero che lui ha fuggito per Parigi a causa del tradimento della moglie. Invece d’essere profligato e immaturo, il lettore ora capisce che il marchese potrebb’essere stato profondamente ferito ed imbarazzato.

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