Riassunto: Il capretto nero

Che cosa deve essere di originare da un luogo, diciamo la Sicilia, che è situato strategicamente, cioè, vicino al centro del Mediterraneo, ed è anche fisicamente bellissimo e fertile? Un luogo, quindi, tanto ambito dal resto del mondo da essere oggetto di invasioni e conquiste ripetute?

Possiamo dire che un invasione e conquista è, per natura, crudele. Possiamo domandare, dunque, com’è vivere con gli oggetti-ricordi che rimangono indietro dagli invasori? Oggetti-ricordi che sono così profondamente radicati nella cultura che loro rappresentano un costante richiamo ai dolori e alla crudeltà, all’arroganza e alla rottura del passato?

Allora… una lista parziale delle invasioni di Sicilia includerà i Greci, Fenici, Cartaginesi, Romani, Tedeschi, Bizantini, Musulmani, Vichinghi, Normanni, Francesi, Spagnoli… con così tante invasioni, con un elenco così vario dei invasori, è facile capire che gli oggetti-ricordi lasciati alle spalle dagli invasori sarebbe anche diversi ed onnipresenti nella società siciliana: oggetti-ricordi che includono, ad esempio, le colture (ulivi, agrumi, grano, pistacchi), l’artigianali, l’architettura, e (del popolo) il linguaggio (dialetto), i tratti genetici e le usanze / le mosse / i gesti.

Queste sono cose, francamente, che un lettore americano non può capire bene… ma perché? perché noi Americani non abbiamo un’esperienza diretta, cioè, abbiamo invaso gli altri, naturalmente, ma non siamo mai stati invasi noi stessi. Possiamo leggere la storia siciliana, ma questo è tutto.

***

Senza dubbio il signor Charles Trockley ha ragione. Sono anzi disposto ad ammettere che il signor Charles Trockley non può aver torto mai, perché la ragione e lui sono una cosa sola. Ogni mossa, ogni sguardo, ogni parola del signor Charles Trockley sono così rigidi e precisi, così ponderati e sicuri, che chiunque, senz’altro, deve riconoscere che non è possibile che il signor Charles Trockley, in qual si voglia caso, per ogni questione che gli sia posta, o incidente che gli occorra, stia dalla parte del torto.

Io e lui, per portare un esempio, siamo nati lo stesso anno, lo stesso mese e quasi lo stesso giorno; lui, in Inghilterra, io in Sicilia. Oggi, quindici di giugno, egli compie quarantotto anni; quarantotto ne compirò io il giorno ventotto. Bene: quant’anni avremo, lui il quindici, e io il ventotto di giugno dell’anno venturo? Il signor Trockley non si perde; non esita un minuto; con sicura fermezza sostiene che il quindici e il ventotto di giugno dell’anno venturo lui e io avremo un anno di più, vale a dire quarantanove.

È possibile dar torto al signor Charles Trockley?

Comincia così Il capretto nero (L. Pirandello), secondo noi un commento ironicissimo sulla storia della invasione e conquista di Sicilia.

All’inizio ci viene presentato il signor Charles Trockley, 48 anni, ufficiale del governo britannico (cioè, un invasore di Sicilia di ogni sorta), che per 26 anni ha vissuto e lavorato al Agrigento. Arriviamo a comprendere la personalità del Trockley attraverso le percezioni e le osservazioni del Narratore, un siciliano, di Agrigento, anche di 48 anni, che a quanto pare abbia conosciuto il Trockley per molti anni.

Il Trockley è britannico per eredità e per personalità: rigido, preciso, ben congegnato, infallibile, sicuro, composto, razionale, supponente. È un uomo, possiamo dire, che raramente se non mai commette un errore. Lui è, potremmo anche dire, superficiale e attento, non brillante o particolarmente innovativo, né sembra possedere una grande quantità di intelligenza nativa (buon senso). Il Trockley non è un leader.

Il Trockley, quindi, è un quintessenza carriera ufficiale del governo, non corrotto certo, ma un funzionario. (È troppo intelligente e coscienzioso per essere Donald Trump, ma potrebbe lavorare per un’agenzia nell’amministrazione del Trump!)

I due uomini non sono uguali. A questo proposito, l’esempio dato è relativo alla salute, cioè, il Trockley gode di ottima salute, mentre il Narratore ha subito un declino prematuro non ulteriormente specificato. (A mio parere questa disuguaglianza sia una metafora del rapporto tra l’invasore e l’invasato.)

Il tempo non passa ugualmente per tutti. Io potrei avere da un sol giorno, da un’ora sola più danno, che non lui da dieci anni passati nella rigorosa disciplina del suo benessere; potrei vivere, per il deplorevole disordine del mio spirito, durante quest’anno, più d’una intera vita. Il mio corpo, più debole e assai meno curato del suo, si è poi, in questi quarantotto anni, logorato quanto certamente non si logorerà in settanta quello del signor Trockley. Tanto vero ch’egli, pur coi capelli tutti bianchi d’argento, non ha ancora nel volto di gambero cotto la minima ruga, e può ancora tirare di scherma ogni mattina con giovanile agilità.

Ebbene, che importa? Tutte queste considerazioni, ideali e di fatto, sono per il signor Charles Trockley oziose e lontanissime dalla ragione. La ragione dice al signor Charles Trockley che io e lui, a conti fatti, il quindici e il ventotto di giugno dell’anno venturo avremo un anno di più, vale a dire quarantanove.

Dopo l’introduzione, il narratore inizia a raccontarci una storia. (In realtà non incontriamo mai il Narratore, ma la sua “voce” è complessa ed interessante… un affascinante misto / miscela di cortesia, ossequiosità ed ironia (cioè, mordente-irremovibile-tagliente ironia).

Premesso questo, udite che cosa è accaduto di recente al signor Charles Trockley e provatevi, se vi riesce, a dargli torto.

La storia inizia in primavera. Una giovanotta ricca-privilegiata, la signorina Ethel Holloway, figlia di Sir WH Holloway, ha iniziato in un tour europeo — un’esperienza di formazione. Lei è già arrivata ad Agrigento, dove il Trockley sarà il suo ospite, la sua guida. Le rovine greche vicino ad Agrigento rappresentano un’attrazione principale.

Lo scorso aprile, seguendo il solito itinerario tracciato dal Baedeker per un viaggio in Italia, Miss Ethel Holloway, giovanissima e vivacissima figlia di Sir W. H. Holloway, ricchissimo e autorevolissimo Pari d’Inghilterra, capitò in Sicilia, a Girgenti, per visitarvi i maravigliosi avanzi dell’antica città dorica. Allettata dall’incantevole piaggia tutta in quel mese fiorita del bianco fiore dei mandorli al caldo soffio del mare africano pensò di fermarsi più d’un giorno nel grande Hôtel des Temples che sorge fuori dell’erta e misera cittaduzza d’oggi, nell’aperta, campagna, in luogo amenissimo.

Il Trockley è particolarmente appassionato / affezionato per le rovine: le visita quasi ogni giorno.

Da ventidue anni il signor Charles Trockley è vice–console d’Inghilterra a Girgenti, e da ventidue anni, ogni giorno, sul tramonto, si reca a piedi, col suo passo elastico e misurato, dalla città alta sul colle alle rovine dei Tempii akragantini, aerei e maestosi su l’aspro ciglione che arresta il declivio della collina accanto, la collina akrea, su cui sorse un tempo, fastosa di marmi, l’antica città da Pindaro esaltata come bellissima tra le città mortali.

Le rovine sono storicamente significative, di sicuro, una parte importante del patrimonio siciliano… forniscono un collegamento importante alla bellezza e allo splendore della civiltà greca antica (e anche la crudeltà dell’invasione e della conquista).

Dicevano gli antichi che gli Akragantini mangiavano ogni giorno come se dovessero morire il giorno dopo, e costruivano le loro case come se non dovessero morir mai. Poco ora mangiano, perché grande è la miseria nella città e nelle campagne, e delle case della città antica, dopo tante guerre e sette incendii e altrettanti saccheggi, non resta più traccia. Sorge al posto di esse un bosco di mandorli e d’olivi saraceni, detto perciò il Bosco della Cìvita. E i chiomati olivi cinerulei s’avanzano in teoria fin sotto alle colonne dei Tempii maestosi e par che preghino pace per quei clivi abbandonati.

Tuttavia, per il Trockley, le rovine sono anche un punto dolente. I siciliani sembrano avere poca considerazione per le rovine. Invece di riverenza, loro le sembrano incorporare, senza sforzo, nella loro vita quotidiana.

Sotto il ciglione scorre, quando può, il fiume Akragas che Pindaro glorificò come ricco di greggi. Qualche greggiola di capre, attraversa tuttavia il letto sassoso del fiume: s’inerpica sul ciglione roccioso e viene a stendersi e a rugumare il magro pascolo all’ombra solenne dell’antico tempio della Concordia, integro ancora. Il caprajo, bestiale e sonnolento come un arabo, si sdraja anche lui sui gradini del pronao dirupati e trae qualche suono lamentoso dal suo zufolo di canna.

In particolare il Trockley si è lamentato ripetutamente ma senza successo con le autorità sul comportamento e l’atteggiamento dei pastori siciliani, che portano i loro greggi sulle rovine.

Al signor Charles Trockley questa intrusione delle capre nel tempio è sembrata sempre un’orribile profanazione; e innumerevoli volte ne ha fatto formale denunzia ai custodi dei monumenti, senza ottener mai altra risposta che un sorriso di filosofica indulgenza e un’alzata di spalle. Con veri fremiti d’indignazione il signor Charles Trockley di questi sorrisi e di queste alzate di spalle s’è lagnato con me che qualche volta lo accompagno in quella sua quotidiana passeggiata.

Lui si è anche lamentato del comportamento dei pastori a vari gruppi di turisti britannici che visitano Agrigento. (Veniamo a sapere che non tutti i turisti sono solidali con il suo ranting.)

Avviene spesso che, o nel tempio della Concordia, o in quello più su di Hera Lacinia, o nell’altro detto volgarmente dei Giganti, il signor Trockley s’imbatta in comitive di suoi compatriotti, venute a visitare le rovine. E a tutti egli fa notare, con quell’indignazione che il tempo e l’abitudine non hanno ancora per nulla placato o affievolito, la profanazione di quelle capre sdrajate e rugumanti all’ombra delle colonne. Ma non tutti gl’inglesi visitatori, per dir la verità, condividono l’indignazione del signor Trockley. A molti anzi sembra non privo d’una certa poesia il riposo di quelle capre nei Tempii, rimasti come sono ormai solitari in mezzo al grande e smemorato abbandono della campagna. Più d’uno, con molto scandalo del signor Trockley, di quella vista si mostra anzi lietissimo e ammirato.

Mentre il Trockley mostra le rovine a signorina Holloway, incontra un gregge di capre, e per caso lei nota la presenza di un capretto nero appena nato, con il quale lei è immediatamente affascinata. Il fascino è intenso, spontaneo, improvviso… è basato sull’emozione piuttosto che sulla ragione.

Più di tutti lieta e ammirata se ne mostrò, lo scorso aprile, la giovanissima e vivacissima Miss Ethel Holloway. Anzi, mentre l’indignato vice–console stava a darle alcune preziose notizie archeologiche, di cui né il Baedeker né altra guida hanno ancor fatto tesoro, Miss Ethel Holloway commise l’indelicatezza di voltargli le spalle improvvisamente per correr dietro a un grazioso capretto nero, nato da pochi giorni, che tra le capre sdraiate springava qua e là come se per aria attorno gli danzassero tanti moscerini di luce, e poi di quei suoi salti arditi e scomposti pareva restasse lui stesso sbigottito, ché ancora ogni lieve rumore, ogni alito d’aria, ogni piccola ombra, nello spettacolo per lui tuttora incerto della vita, lo facevano rabbrividire e fremer tutto di timidità.

Il Narratore ha accompagnato il Trockley nel tour di signorina Holloway. È felice per l’estatica scoperta della signorina, ma triste a causa di ciò che il capretto nero rappresenta per il Trockley: la signorina Holloway si è imbattuta, senza saperlo, nel ‘punto debole’ (diciamo ‘pet peeve’, gioco di parole!) del Trockley.

Quel giorno, io ero col signor Trockley, e se molto mi compiacqui della gioja di quella piccola Miss, così di subito innamorata del capretto nero, da volerlo a ogni costo comperare; molto anche mi dolsi di quanto toccò a soffrire al povero signor Charles Trockley.

– Comperare il capretto?

– Sì, sì! comperare subito! subito!

E fremeva tutta anche lei, la piccola Miss, come quella cara bestiolina nera; forse non supponendo neppur lontanamente che non avrebbe potuto fare un dispetto maggiore al signor Trockley, che quelle bestie odia da tanto tempo ferocemente.

Il Trockley tenta di dissuadere la signorina Holloway ma senza risultato. Lei, allora e là (immediatamente), paga per l’animale e ritorna in hotel. Affida il capretto nero al direttore dell’albergo, informandolo / istruendogli che farà in modo che l’animale le venga inviato al suo ritorno a Londra, nel corso dell’anno.

Invano il signor Trockley si provò a sconsigliarla, a farle considerare tutti gl’impicci che le sarebbero venuti da quella compera: dovette cedere alla fine e, per rispetto al padre di lei, accostarsi al selvaggio caprajo per trattar l’acquisto del capretto nero.

Miss Ethel Holloway, sborsato il denaro della compera, disse al signor Trockley che avrebbe affidato il suo capretto al direttore dell’Hôtel des Temples, e che poi, appena ritornata a Londra, avrebbe telegrafato perché la cara bestiolina, pagate tutte le spese, le fosse al più presto recapitata; e se ne tornò in carrozza all’albergo, col capretto belante e guizzante tra le braccia.

A questo punto siamo trattati per una descrizione della bellezza di Agrigento in primavera,

Vidi, incontro al sole che tramontava fra un mirabile frastaglio di nuvole fantastiche, tutte accese sul mare che ne splendeva sotto come uno smisurato specchio d’oro, vidi nella carrozza nera quella bionda giovinetta gracile e fervida allontanarsi infusa nel nembo di luce sfolgorante; e quasi mi parve un sogno.

…è questa è seguita da una descrizione della vita spensierata di una ricca giovanotta inglese in vacanza, cioè, qualcuna inesperta nei modi del mondo ma con i mezzi per sopravvivere nello grande stile.

Poi compresi che, avendo potuto, pur tanto lontana dalla sua patria, dagli aspetti e dagli affetti consueti della sua vita, concepir subito un desiderio così vivo, un così vivo affetto per un piccolo capretto nero, ella non doveva avere neppure un briciolo di quella solida ragione, che con tanta gravità governa gli atti, i pensieri, i passi e le parole del signor Charles Trockley.

Il Narratore riconosce che signorina Holloway dev’essere trattata bene; ha il senso che il Trockley non abbia altra scelta, che dovrebbe rispettare i desideri della signorina, anche se questi siano in conflitto con le sue opinioni.

E che cosa aveva allora al posto della ragione la piccola Miss Ethel Holloway?

Nient’altro che la stupidaggine, sostiene il signor Charles Trockley con un furore a stento contenuto, che quasi quasi fa pena, in un uomo come lui, sempre così compassato.

La ragione del furore è nei fatti che son seguiti alla compera di quel capretto nero.

(Qui, vediamo che il Trockley è capace di ignorare i suoi principi per mantenere il suo lavoro.)

Signorina Holloway lascia Agrigento per la Grecia. I suoi viaggi includeranno una visita in Egitto e in India. Torna a Londra a novembre, dopo quasi otto mesi di viaggio. Una volta a Londra, scrive al Trockley e gli chiede di mandarle il capretto.

Miss Ethel Holloway partì il giorno dopo da Girgenti. Dalla Sicilia doveva passare in Grecia, dalla Grecia, in Egitto; dall’Egitto nelle Indie.

È miracolo che, arrivata sana e salva a Londra su la fine di novembre, dopo circa otto mesi e dopo tante avventure che certamente le saranno occorse in un così lungo viaggio, si sia ancora ricordata del capretto nero comperato un giorno lontano tra le rovine dei Tempii akragantini in Sicilia.

Appena arrivata, secondo il convenuto, scrisse per riaverlo al signor Charles Trockley.

Le cose hanno un modo per diventare complicate, eh? Veniamo a sapere che l’Hotel des Temples normalmente chiude durante l’estate. Mentre si allontana per le vacanze, l’albergatore affida il capretto nero al custode dell’albergo, che poi affida l’animale al pastore da cui l’animale è stato originariamente acquistato, che poi affida l’animale a un altro pastore!

L’Hôtel des Temples si chiude ogni anno alla metà di giugno per riaprirsi ai primi di novembre. Il direttore, a cui Miss Ethel Holloway aveva affidato il capretto, alla metà di giugno, partendo, lo aveva a sua volta affidato al custode dell’albergo, ma senz’alcuna raccomandazione, mostrandosi anzi seccato più d’un po’ del fastidio che gli aveva dato e seguitava a dargli quella bestiola. Il custode aspettò di giorno in giorno che il vice–console signor Trockley, per come il direttore gli aveva detto, venisse a prendersi il capretto per spedirlo in Inghilterra, poi, non vedendo comparir nessuno, pensò bene, per liberarsene, di darlo in consegna a quello stesso caprajo che lo aveva venduto alla Miss, promettendoglielo in dono se questa, come pareva, non si fosse più curata di riaverlo, o un compenso per la custodia e la pastura, nel caso che il vice–console fosse venuto a chiederlo.

Segue un panico dal ricevimento della lettera di signorina Holloway. Il secondo pastore viene alla fine trovato. Viene anche prodotto un animale (“un orribile bestione cornuto, fetido, dal vello stinto rossigno strappato e tutto incrostato di sterco e di mota”), sebbene non ci sia affatto chiaro che questo è il capretto nero che è stato originariamente acquistato.

Quando, dopo circa otto mesi, arrivò da Londra la lettera di Miss Ethel Holloway, tanto il direttore dell’Hôtel des Temples, quanto il custode, quanto il caprajo si trovarono in un mare di confusione; il primo per aver affidato il capretto al custode; il custode per averlo affidato al caprajo, e questi per averlo a sua volta dato in consegna a un altro caprajo con le stesse promesse fatte a lui dal custode. Di questo secondo caprajo non s’avevano più notizie. Le ricerche durarono più d’un mese. Alla fine, un bel giorno, il signor Charles Trockley si vide presentare nella sede del vice–consolato in Girgenti un orribile bestione cornuto, fetido, dal vello stinto rossigno strappato e tutto incrostato di sterco e di mota, il quale, con rochi, profondi e tremuli belati, a testa bassa, minacciosamente, pareva domandasse che cosa si volesse da lui, ridotto per necessità di cose in quello stato, in un luogo così strano dalle sue consuetudini.

Il Trockley agisce in modo deciso: una volta che l’animale viene prodotta, anche se è in forma orribile, la invia in barca, dal Porto Empedocle, a signornina Holloway. (Empedocle naturalmente era un filosofo greco presocratico e un cittadino di Acragas, una città greca in Sicilia. La filosofia di Empedocle è meglio conosciuta per aver originato la teoria cosmogenica dei quattro elementi classici.)

Ebbene, il signor Charles Trockley, secondo il solito suo, non si sgomentò minimamente a una tale apparizione; non tentennò un momento: fece il conto del tempo trascorso, dai primi d’aprile agli ultimi di dicembre, e concluse che, ragionevolmente, il grazioso capretto nero d’allora poteva esser benissimo quest’immondo bestione d’adesso. E senza neppure un’ombra d’esitazione rispose alla Miss, che subito gliel’avrebbe mandato da Porto Empedocle col primo vapore mercantile inglese di ritorno in Inghilterra. Appese al collo di quell’orribile bestia un cartellino con l’indirizzo di Miss Ethel Holloway e ordinò che fosse trasportata alla marina. Qui, lui stesso, mettendo a grave repentaglio la sua dignità, si tirò dietro con una fune la bestia restia per la banchina del molo, seguito da una frotta di monellacci; la imbarcò sul vapore in partenza, e se ne ritornò a Girgenti, sicurissimo d’aver adempiuto scrupolosamente all’impegno che s’era assunto, non tanto per la deplorevole leggerezza di Miss Ethel Holloway, quanto per il rispetto dovuto al padre di lei.

Il Trockley scopre presto, tuttavia, che non tutto va bene.

Ieri, il signor Charles Trockley è venuto a trovarmi in casa in tali condizioni d’animo e di corpo, che subito, costernatissimo, io mi son lanciato a sorreggerlo, a farlo sedere, a fargli recare un bicchier d’acqua.

– Per amor di Dio, signor Trockley, che vi è accaduto?

Non potendo ancora parlare, il signor Trockley ha tratto di tasca una lettera e me l’ha porta.

Sir HW Holloway ha scritto per lamentarsi del modo spudoratamente, irresponsabile ed inaccettabile in cui il Trockley ha trattato sua figlia.

Era di Sir H. W. Holloway, Pari d’Inghilterra, e conteneva una filza di gagliarde insolenze al signor Trockley per l’affronto che questi aveva osato fare alla figliuola Miss Ethel, mandandole quella bestia immonda e spaventosa.

Il Trockley incolpa Miss Holloway.

Questo, in ringraziamento di tutti i disturbi, che il povero signor Trockley s’è presi.

Ma che si aspettava dunque quella stupidissima Miss Ethel Holloway? Si aspettava che, a circa undici mesi dalla compera, le arrivasse a Londra quello stesso capretto nero che springava piccolo e lucido, tutto fremente di timidezza tra le colonne dell’antico Tempio greco in Sicilia? Possibile? Il signor Charles Trockley non se ne può dar pace.

Il Narratore tenta di sostenere il suo amico,

Nel vedermelo davanti in quello stato, io ho preso a confortarlo del mio meglio, riconoscendo con lui che veramente quella Miss Ethel Holloway dev’essere una creatura, non solo capricciosissima, ma oltre ogni dire irragionevole.

– Stupida! stupida! stupida!

…ma poi, il più delicatamente possibile (sembrerebbe!), corregge il Trockley,

– Diciamo meglio irragionevole, caro signor Trockley, amico mio. Ma vedete, – (mi son permesso d’aggiungere timidamente) – ella, andata via lo scorso aprile con negli occhi e nell’anima l’immagine graziosa di quel capretto nero, non poteva, siamo giusti, far buon viso (così irragionevole com’è evidentemente) alla ragione che voi, signor Trockley, le avete posta davanti all’improvviso con quel caprone mostruoso che le avete mandato.

…che è colto di sorpresa e arrabbiato.

– Ma dunque? – mi ha domandato, rizzandosi e guardandomi con occhio nemico, il signor Trockley. – Che avrei dovuto fare, dunque, secondo voi?

Il narratore spiega poi cosa avrebbe fatto — un siciliano — per risolvere il problema (l’ovvio problema) posto dalla bestione. Lui avrebbe o informato la signorina Holloway che il capretto nero era morto in sua assenza (desiderando lei!) o avrebbe acquistato un altro capretto nero simile all’originale.

– Non vorrei, signor Trockley, – mi sono affrettato a rispondergli imbarazzato, – non vorrei sembrarvi anch’io irragionevole come la piccola Miss del vostro paese lontano, ma al posto vostro, signor Trockley, sapete che avrei fatto io? O avrei risposto a Miss Ethel Holloway che il grazioso capretto nero era morto per il desiderio de’ suoi baci e delle sue carezze; o avrei comperato un altro capretto nero, piccolo piccolo e lucido, simile in tutto a quello da lei comperato lo scorso aprile e gliel’avrei mandato, sicurissimo che Miss Ethel Holloway non avrebbe affatto pensato che il suo capretto non poteva per undici mesi essersi conservato così tal quale. Seguito con ciò, come vedete, a riconoscere che Miss Ethel Holloway è la creatura più irragionevole di questo mondo e che la ragione sta intera e tutta dalla parte vostra, come sempre, caro signor Trockley, amico mio.

Questo non è solamente intelligente, giudizioso ed efficace, è anche ragionevole ed astuto… una classica soluzione ‘siciliana’!!

Vendetta!!

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