Riassunto: Pubertà

Nella novella Pubertà(L. Pirandello) incontriamo Dreeta, la giovane protagonista (sospettiamo che abbia 14-15 anni), che sembra infatti essere vicino alla fine della pubertà, un processo che ha profondamente trasformato entrambi corpo e psiche.

Prima di iniziare il nostro riassunto, il seguente è una sintesi della pubertà:

La pubertà è il momento della vita in cui un ragazzo o una ragazza diventano sessualmente maturi. È un processo che di solito accade tra i 10 ei 14 anni per le ragazze e tra i 12 ei 16 anni per i ragazzi. La pubertà provoca cambiamenti fisici e colpisce i ragazzi e le ragazze in modo diverso.

Nei ragazzi:

– Il primo segno di pubertà è di solito la crescita dei testicoli e del pene.

– Poi i capelli crescono nell’area pubica e sotto le ascelle.

– I muscoli crescono, la voce si approfondisce ei peli del viso si sviluppano… man mano che la pubertà continua.

Nelle ragazze:

– Il primo segno di pubertà è di solito lo sviluppo del seno.

– Poi i capelli crescono nell’area pubica e sotto le ascelle.

– Le mestruazioni di solito avvengono per ultime.

Sia i ragazzi che le ragazze possono avere l’acne. Di solito hanno anche un rapido aumento di altezza che dura per circa 2 o 3 anni. Questo li avvicina alla loro altezza adulta, che raggiungono dopo la pubertà.

(https://medlineplus.gov/puberty.html)

Avviso Spoiler: Alla fine della novella, Dreeta, in preda alla disperazione (poverina!) sembra soffrire una rottura dalla realtà. Dunque, uno dei nostri compiti qua è quello d’evidenziare e spiegare il vortice virtuale dei suoi sentimenti ed emozioni prima della rottura… sentimenti ed emozioni che entrambi offuscano e confondono, in parte perché sono sia negativi che positivi. La rottura di Dreeta dalla realtà ci sembra causata dalla sua incapacità di dare un senso a ciò che prova.

Diremmo che nelle nostre menti, l’esperienza della pubertà di Dreeta è un po ‘esagerata’: quello che sembra sentire lei sia forse un po’ più severo di quello che altrimenti potrebb’esser considerato ‘normale’. Infatti, quest’esagerazione ha conseguenze per i lettori moderni: complessivamente, Pubertàè piuttosto dolorosa da leggere, specialmente per quelli di noi che sono genitori.

***

La novella inizia dentro la mente di Dreeta: lei afferma, chiaramente e senza esitazione, che è inappropriato ed imbarazzante l’abbigliamento che sua nonna l’ha costretta ad indossare… cioè, lo sarebbe più appropriato per una bambina piuttosto che un’adolescente.

L’abitino alla marinara non era più per lei:

Rapidamente, iniziamo a comprendere il livello di maturità di Dreeta. Da un lato si lamenta che sua nonna avrebbe dovuto saperlo… d’altro canto Dreeta comprende chiaramente che sta attraversando un periodo di transizione (cioè, dall’infanzia all’adolescenza: sarebbe descritto come una ‘tween’ nel linguaggio moderno), e, come tale, uno stile d’abbigliamento ‘appropriato’ sarebbe infatti difficile da trovare.

la nonna avrebbe dovuto capirlo.

Certo, trovare un modo grazioso di vestirla, che non fosse più da ragazzina e non ancora da grande, non era facile.

Poi, Dreeta fornisce l’esempio della Gianchi, una conoscente, il cui tentativo di trovare uno stile d’abbigliamento appropriato era un disastro: al tempo stesso maldestro ed imbarazzante, cioè, ridicolo e tutto sbagliato.

Aveva visto jeri la Gianchi: che orrore, poverina! Impastojata in un sottanone grigio peloso lungo fin quasi alla noce del piede, non sapeva più come muoverci dentro le gambe.

A questo punto, ci meravigliamo: in poche frasi, siamo arrivati a capire chiaramente che Dreeta non è più una bambina. A noi, sembra chiaro che lei:

– non sia più disposta ad obbedire semplicemente la nonna (anzi, come vedremo, non sembra più disposta ad obbedire a nessuna figura autoritaria),

– sia pienamente capace d’esprimere opinioni che crede siano nel suo stesso interesse,

– sia in grado di vedere entrambi i lati d’un problema (diremmo che lei è capace di ragionare) e

– conosca anche il valore di fornire un esempio a sostegno del suo punto di vista.

Nonostante tutto ciò, Dreeta rimane frustrata dall’inadeguatezza del suo abbigliamento!

Anche lei però, con tutto quel seno in quella giubbetta da bimba!

Sbuffava e scoteva con stizza la testa.

Successivamente, apprendiamo che Dreeta usa i suoi sensi per controllare il modo in cui il suo corpo è cambiato col tempo (es.) nota bene l’odore nuovo e la consistenza nuova dei suoi capelli e anche lo sviluppo dell’odore corporeo.

L’avvertimento della fragrante esuberanza del suo corpo, in certe ore, la congestionava. L’odore dei suoi capelli densi, neri, un po’ ricciuti e aridi, quando se li scioglieva per lavarseli; l’odore che le esalava da sotto le braccia nude, quando le alzava per sollevare il soffocante volume di quei capelli; l’odore della cipria intrisa di sudore,

Per Dreeta questa trasformazione fisica sembra esser, almeno in parte, fastidiosa ed inquietante, cioe, la trasformazione sia una causa di agitazione e tumulto interiore. (Ci è stato detto che ci sono sentimenti che sembrano essere più nauseanti che inebrianti.) Per Dreeta almeno, la trasformazione sembra esser inesplicabile, violenta ed inesorabile (cioè, fuori controlla).

le davano smanie più di nausea che d’ebbrezza: per le tante cose segrete e ingombranti che quell’improvvisa e violenta crescenza le aveva d’un tratto rivelate.

I cambiamenti nel suo corpo sembrano esser associati con una ‘tempesta’ emotiva travolgente… Dreeta sembra notare tutto, e lei è — quasi nello stesso tempo — disgustata, arrabbiata e affascinata da ciò che vede.

Cose che, certe sere mentre si spogliava per andare a letto, se ci fissava appena il pensiero o un’immagine le balzava davanti, dalla rabbia e dallo schifo che n’aveva, avrebbe scaraventato le scarpette contro l’armadio laccato bianco a tre luci, dirimpetto, dove si vedeva tutta,

Inspiegabilmente forse, lei accoglieanche questi cambiamenti… è questo perché sembrano indicare a lei un nuovo capitolo di vita sua?

così mezza nuda, con una gamba tirata un po’ sconciamente sull’altra.

Mentre cerca di comprendere la sua trasformazione, Dreeta (poverina) esprime le sue emozioni: morde, graffia, piange (inconsolabilmente), ride (inconsolabilmente). Si chiede se sia una sciocca / pazza,

Si sarebbe presa a morsi, graffiata, o messa a piangere da non finir più. Poi le veniva da ridere, convulsa, tra le lagrime; e se pensava d’asciugarsi quelle lagrime, ecco che si buttava a piangere di nuovo. Forse era una sciocca.

…dopotutto, e come sembra capire lei, i cambiamenti della pubertà sono normali ed universali. Dreeta sembra non riuscire a spiegare perché è così fissata.

Chi sa perché, una cosa così naturale, le doveva parer tanto curiosa?

Per Dreeta, la pubertà sembra esser accompagnata dai cambiamenti intellettuali consapevoli nei rapporti con i ragazzi della sua età: questo sembra sia confonderla che affascinarla.

Già con quella prontezza che hanno le donne a capire da uno sguardo che s’è fatto un pensiero su loro, se un uomo la guardava per via, abbassava subito gli occhi.

(Non è vero che Dreeta voglia correre e nascondersi dai suoi incontri con i ragazzi, ma, allo stesso tempo, lei sembra esser attratta da loro, con una notevole curiosità ed interesse?)

Allora… cosa vogliono i ragazzi della sua età? …cosa stanno pensando mentre fissano alla Dreeta? Lei sembra non essere sicura della risposta, e la sua incertezza porta al disprezzo di sé.

Non capiva ancora in che potesse consistere il pensiero che un uomo può fare su una donna. Turbata con gli occhi bassi, provava un irritante ribrezzo, raffigurandosi nell’incertezza, senza volerlo, qualche intimo segreto del suo corpo, come se lo conosceva.

È quasi come se Dreeta fosse costretta d’essere o seguitata / pedinata o predata.

Senza più guardare, si sentiva guardata.

Poi, mentre impariamo ancora una volta che Dreeta fatica a capire cosa vogliono i ragazzi, vediamo per la prima volta che Dreeta è da sola. Lei può indovinare, ovviamente, quello che vogliono, ma nessuno sembra esser a disposizione di lei come un allenatore o un mentore.

E si struggeva d’indovinare che cosa guardassero gli uomini a preferenza in una donna. Ma questo, forse, l’aveva già indovinato.

Allora… cosa sospetta Dreeta? Sospetta che i ragazzi siano interessati ai suoi seni e fianchi. Goffamente, tenta di verificare il suo sospetto, ma è ostacolato lo sforzo dal suo abbigliamento ‘infantile’.

Appena sola, in casa, si lasciava cader di mano i libri di scuola o i guanti, apposta per chinarsi a raccattarli. Chinandosi, dalla scollatura si sbirciava il seno. Non aveva però finito d’intravvederselo e d’avvertirne appena il peso, che s’acchiappava il grosso nodo del fazzoletto nero di seta sotto il bavero della giubbetta alla marinara e se lo strappava subito in su, in su, fino agli occhi, disgustatissima.

(Adesso, sembra a noi che l’abitino alla marinara non sia solo inappropriato per la sua età, ma anche impedisce ai ragazzi di apprezzare i cambiamenti nel suo corpo.)

Frustrata, Dreeta solleva il vestito e si esamina… è contenta di ciò che vede.

Un momento dopo, raccoglieva con l’una e con l’altra mano da ambo le parti la stoffa di quella giubbetta; se la stirava in giù, perché le aderisse al busto eretto; andava davanti allo specchio; si compiaceva anche della promettente curva dei fianchi:

– Seducentissima signorina! E scoppiava a ridere.

A questo punto della storia, la fantasticheria di Dreeta viene interrotta da sua nonna: sembra che la chiama perché Dreeta sia in ritardo per la sua lezione di lingua, che si svolge alla villa della nonna. È inquieta l’interazione tra nonna e nipote.

Sentì la vocetta bizzosa della nonna, che la chiamava giù,dall’halldel villino, per la lezione d’inglese.

La nonna, per farla stizzire, la chiamava al solito Dreina e non Dreetta come lei voleva esser chiamata. Bene: sarebbe discesa, quando finalmente alla nonna sarebbe venuto in mente di chiamarla Dreetta e non Dreina.

– Dreetta! Dreetta!

– Eccomi, nonna.

– Eh, santo Dio. Fai aspettare il professore.

– Scusami. Ho sentito ora.

Scopriamo che Dreeta non è d’accordo con l’insistenza di sua nonna che, durante l’estate, tutte le finestre della villa rimangono completamente chiuse.

D’estate, nel pomeriggio, per ordine della nonna tutte le finestre del villino erano tenute ermeticamente chiuse. Dreetta, s’intende, le avrebbe volute tutte spalancate. Le piaceva tanto, perciò, che il sole prepotentissimo, in quell’ombra voluta, ch’era quasi bujo, trovasse pur modo di penetrare.

Erano fremiti e guizzi di luce per tutte le stanze, come scoppiettìi di riso infantile nella severità d’un silenzio comandato.

(Si tratta d’una cosa piccola, vero? …ma ricordiamo che è stato complicato il rapporto di nonna e nipote da una considerevole quantità di ‘bagagli’.)

A questo punto della storia, pensiamo di Dreeta come una ‘puledra’, cioè, irritata al morso e voglia galoppare in avanti… ma insicuro di sé… ma non sia intimidita. Comprendiamo che i suoi sentimenti sembrano essersi intensificati per un periodo di diversi anni, e che, a questo punto, Dreeta sembra essere pronta per ‘esplodere’, cioè, per scoppiare a ridere, con rabbia ed in lacrime. Sempre più spesso, Dreeta sembra avere poco controllo sulle sue emozioni (diremmo che lei sembra essere ‘on edge’), Finalmente è da sola… cioè, isolata nella sua lotta per diventare una donna matura.

Anche lei, Dreetta, era spesso così tutta fremiti e guizzi, e tante volte come abbagliata, avvolta e rapita da veri lampi di follia.

Adesso, ci vengono forniti qualche della retroscena di Dreeta. Scopriamo che è un’orfana che vive con sua nonna: suo padre è morto e non ha mai incontrato sua madre.

Subito dopo s’oscurava per il sospetto segreto che le venissero dalla madre ch’ella non aveva mai conosciuta e di cui mai nessuno le aveva parlato. Del padre sapeva soltanto che era morto giovane; non sapeva come.

La retroscena sembra esser associata allo scandalo, ma la nonna ha scelto di non spiegare nulla;

C’era un mistero e forse laido e truce, nella sua nascita e nella fine immatura dei suoi genitori. Bastava guardare la nonna per intenderlo: la nonna, in quel suo viso di cartilagine e in quegli occhi torbidi, su cui le grosse palpebre pareva pesassero, una più e l’altra meno. Sempre vestita di nero, aggobbita, se lo teneva stretto con tutt’e due le braccia dentro il petto, quel mistero: le mani sotto la gola: l’una, a pugno chiuso; l’altra, deformata dall’artrite, su quel pugno.

…Dreeta lei potrebbe benissimo aver interpretato la mancanza d’una spiegazione come una mancanza di fiducia che infatti potrebbe aver contribuito al suo crescente senso d’isolamento. Cosa c’è di più, attraverso le sue interazioni con i suoi vicini, Dreeta sembra sapere tutto ciò che ha bisogno di sapere della sua storia.

Ma Dreetta non voleva conoscerlo. Già le pareva di saperlo, dal modo con cui tanti la guardavano sentendola nominare, e dallo sguardo che poi si scambiavano tra loro, esclamando quasi senza volerlo – Ah, è la figlia di… –. E non aggiungevano altro.

Dreeta finge d’ignorare i commenti dei vicini,

Fingeva di non udire.

(Tuttavia, i commenti possono aver aggiunto al suo senso d’isolamento.)

…e invece, sceglie di focalizzare la sua attenzione su suo zio, che la tratta come se fosse una della sua famiglia.

Del resto, c’era adesso per lei lo zio Zeno, con la zia e le cuginette che venivano a prendersela quasi ogni giorno e le procuravano ogni sorta di svaghi.

Veniamo a sapere che Dreeta sarebbe stata allevata da suo zio se non fosse stato per la presenza di sua nonna. Infatti, in questo momento sempre più instabile della vita, la presenza della nonna sembra esser diventata una fonte di ‘disperazione’… non sarebbe scorretto forse dire che lei sia ‘vicino alla pazzia’. Dreeta (poverina), in altre parole, sembra aver raggiunto un momento critico di vita sua / un punto di rottura.

Lo zio avrebbe voluto averla in casa con sé, visto che zia Tilla, sua moglie, le voleva bene quasi quanto alle sue figliuole; ma finché la nonna era in vita, bisognava se ne stesse con lei.

Dreetta era sicura che la nonna, sempre con quel pugno sotto la gola, non sarebbe mai morta. E questa era una delle cose che più spesso le accendevano quei lampi di follia.

Di conseguenza, tutto il resto nella sua vita sembra essere irrilevante… Dreeta sembra volere solo sfuggire alla sua vita italiana (essere completamentelibera, in altre parole).

Avevano un bel mostrarle le cuginette la camera che le era già destinata, e come gliel’avrebbero adornata, e inventar la vita come insieme sempre tutt’e quattro la avrebbero allora vissuta; se ne compiaceva, diceva a tutto di sì, si buttava a inventare anche lei; ma in fondo non si faceva neppure la più lontana illusione che quel sogno si potesse avverare.

Eppure, il pensiero della libertà è gravato da un senso di incertezza ed ansia. (Diremmo: che disordine! Se solo avesse un mentore che la guiderebbe, che la farebbe vedere le cose in modo più chiaro! Adesso, Dreeta sembra esser quasi costante in uno stato di fantasticheria. Si chiede, “C’è qualcuno che si interesserà a lei? qualcuno che faciliterà la sua fuga?”)

Se mai le fosse avvenuto di potersi liberare, la liberazione doveva aspettarsela da un caso imprevedibile lì per lì: un incontro per via, per esempio. Ragion per cui, andando a passeggio con lo zio e le cuginette, o recandosi a scuola o ritornandone, era sempre accesa e come ebbra, in un’ansia fremente che non le faceva prestare orecchio a quel che le dicevano, intesa a guardare di qua e di là, con gli occhi lampeggianti e un sorriso nervoso sulle labbra, come se veramente si sentisse esposta a quel caso imprevedibile che doveva coglierla e rapirsela all’improvviso.

Dreeta, naturalmente, pensa che sia pronta adesso… per uno straniero, forse… qualcuno che potrebbe portarla via dall’Italia… forse qualcuno che abbia il coraggio di chiedere a suo zio il permesso di sposarla!

Era pronta. Nessun vecchio signore inglese o americano s’invaghiva di lei fino al punto di venire a chiedere allo zio:

– La sua mano?

Questo ovviamente sarebbe impossibile!

– No! che!

Anche se l’idea del matrimonio sembra essere sempre presente nel suo subconscio, il nostro senso è che Dreeta devi evitare qualsiasi pensiero del matrimonio perché ne la travolge. Invece, si impegna in una fantasia in cui un vecchio — uno straniero, forse un americano o un inglese — accetterà di adottarla, poi la trasporterà nel suo paese d’origine e poi la presenterà a uno dei suoi parenti (un figlio o un nipote, ad esempio) che sposerà!

La concessione d’adottarla per portarsela via, via lontano dall’incubo di quella nonna, dalla benevolenza così ostentatamente pietosa della zia; a Londra, in America, per poi sposarla colà a un nipote o al figlio d’un amico?

Questa stramberia del vecchio signore inglese o americano le era entrata nella testa per non ammettere che, almeno subito, la liberazione le potesse venire da un matrimonio. Da quelle torbide sensazioni che le ingombravano impetuosamente l’animo di vergogna e di dispetto per le precoci esuberanze del suo corpo, e anche da come gli uomini la guardavano per via, glien’era già nata l’idea, come d’una cosa possibile, ma da arrossirne: eh via, sì! sposare, alla sua età!

Questo, per noi, è piuttosto triste: Dreeta sembra aver immaginato una realtà alternativa per affrontare lo stress che prova.

Per non arrossirne, ci metteva di mezzo, come a riparo, l’inverosimiglianza di quel caso d’adozione da parte d’un vecchio signore inglese o americano; inglese o americano perché, dovendo sposare – ah questo sì, sul serio – non avrebbe sposato che un inglese o un americano, lavato a sette acque e con un po’ di cielo, con un po’ di cielo almeno negli occhi.

Ci sembra anche che Dreeta sia stata sotto il peso di questa fantasia per qualche tempo: l’ha spinta la sua fantasia ad imparare la lingua inglese!

Studiava l’inglese per questo.

Ironicamente, apprendiamo che Dreeta non ha mai pensato prima al suo insegnante d’inglese come qualcuno che poteva salvarla… forse anche come qualcuno che poteva sposarla.

Curioso che, tenendo così lontana l’idea del matrimonio per non arrossirne, non avesse finora veduto nella persona di Mr. Walston, suo professore, vicinissimo l’inglese che avrebbe potuto sposarla.

Tuttavia, una volta che il pensiero le viene in mente, Dreeta (poverina) sperimenta sia l’incertezza che il disgusto;

Subito diventò di bragia, come se Mr. Walston le stesse lì davanti per questo; e si sentì raccapricciare da capo a piedi notando che anche lui, a sua volta, arrossiva.

…cosa c’è di più, la sua insegnante è descritta in termini orribilmente poco lusinghieri.

Eppure sapeva bene che il signor Walston per sua natura arrossiva di nulla: ne aveva tanto riso come di cosa ridicolissima in un uomo di così potente corporatura, quantunque veramente dall’aria bambinesca.

Pareva più enorme, lì in piedi, presso il gracile tavolinetto dorato del salotto, davanti la finestra, dove di solito le impartiva la lezione. Tutto vestito estivamente di grigio chiaro: la camicia celeste, le scarpe gialle. E sorrideva d’un sorriso vano, scoprendo nell’apertura della larga bocca i pochi denti che per un’infermità delle gengive gli restavano. Sorrideva, senza neppur sapere d’avere arrossito nell’alzarsi all’entrata della sua piccola alunna, lontanissimo com’era dal pensiero che questa aveva fatto su lui. Invitato a sedere, prese dal tavolino la grammatica inglese, guardò di sopra le lenti con gli occhi azzurri inteneriti l’alunna come a raccomandarsi di non essere interrotto nella lettura dai soliti irrefrenabili scatti di riso alla pronunzia di certe parole; e si mise a leggere, accavalciando una gamba sull’altra.

Ora avvenne che, così grosso com’era, nell’accavalciare la gamba scoprì sopra la calza bianca di filo quasi tutto il polpaccio, con l’elastico tirato della vecchia giarrettiera color di rosa. Dreetta lo intravide e subito ne provò schifo: quello schifo che pure attira a guardare. Notò che la pelle di quel polpaccio era d’un bianco smorto e che su quella pelle s’arricciolava qua e là qualche metallico peluzzo rossiccio.

Dreeta sembra essere combattuta tra emozioni contrastanti,

Nella penombra tutto il salotto pareva in un’immobile attesa, come per fare avvertire di più in più a Dreetta il contrasto tra la sua strana ansia esasperata da quello schifo, quasi da un contatto scottante di vergogna, e la placidità estranea e pensante di quel grosso inglese che leggeva, col polpaccio scoperto, come un qualunque marito già sordo a tutte le sensibilità della moglie.

– Present Time:I do not go,io non vado;thou dost not go,tu non vai;he does not go,egli non va.

…e poi:

…sembra soffrire una sorta di rottura dalla realtà. Lei urla, nell’apparente disperazione, e poi fa delle convulsioni e poi corre fuori della villa.

Tutt’a un tratto, Mr. Walston si sentì intronare le orecchie da un grido e, sollevando gli occhi dal libro, vide stolzare la sua alunna, come se qualche cosa le fosse passata per le carni all’improvviso, e precipitarsi fuori del salotto urlando frenetica col viso nascosto tra le braccia.

(Ci chiediamo se la sua apparente rottura dalla realtà possa essere caratterizzata come una forma di mania, che è definita come“una forma di mania, che è definita come “uno stato di eccitazione, affetto e livello di energia anormalmente elevati, o uno stato di intensa attivazione generale con una maggiore espressione affettiva insieme a labilità di influenzare. L’umore elevato può essere sia euforico che irritabile; infatti, man mano che la mania si intensifica, l’irritabilità può essere più pronunciata e provocare violenza o ansia. I sintomi della mania includono umore elevato (o euforico o irritabile); fuga di idee e pressione della parola; e aumento di energia, diminuzione del bisogno di sonno e iperattività. Sono palesemente evidenti in stati ipomaniacamente sviluppati; in piena mania, tuttavia, subiscono progressivamente gravi esacerbazioni e diventano sempre più oscurati da altri segni e sintomi, come le delusioni e la frammentazione del comportamento.” (https://en.wikipedia.org/wiki/Mania)

Preoccupata, sua nonna si precipita nella stanza,

Stonato, col volto in fiamme, si guardava ancora attorno per raccapezzarsi, quando si vide davanti la vecchia nonna che quasi ballava, convulsa dallo sdegno, gridando parole incomprensibili.

…mentre l’insegnante è sbalordita ed inutile.

Tutto poteva immaginarsi il pover’uomo tranne che il sorriso vano, di smarrimento, nel suo faccione affocato, potesse in quel momento esser preso come un sorriso d’impudenza.

Arriva un camiere; afferra Dreeta.

Si vide afferrare per il petto da un cameriere accorso alle grida e cacciare a spintoni fuori della porta, nel giardino.

Dreeta (poverina) chiama il suo insegnante per chiedere aiuto.

Ebbe appena il tempo d’alzare il capo a uno strillo che veniva dall’alto:

– Professore, mi prenda!

La storia sembra finire male per Dreeta. Possiamo solo sperare che lei si riprenda e acquisisca un senso di equilibrio, che troverà un mentore… qualcuna, cioè, di cui si fida, una che può aiutarla a guidarla verso la gioventù e l’età adulta.

Intravide un corpo penzolante dal cornicione del villino: Dreetta scarmigliata, con gli occhi lampeggianti di follia, che serrava i denti, per terrore, e s’agitava come per riprendersi, pentita: poi, un riso lacerante, che rimaneva un attimo nell’aria, scia dell’orribile tonfo di quel corpo che s’abbatteva sfragellandosi ai suoi piedi.

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