Riassunto: “Leonora Addio!”

La novella “Leonora addio!”descrive una protagonista intrappolata, sia letteralmente che figurativamente, in un rapporto violento e da incubo con suo marito. La novella è, allo stesso tempo, straziante ed infuriante.

***

A venticinque anni ufficialetto di complemento, Rico Verri si piaceva della compagnia degli altri ufficiali del reggimento, tutti del Continente, i quali, non sapendo come passare il tempo in quella polverosa città dell’interno della Sicilia, s’erano messi attorno come tante mosche all’unica famiglia ospitale, la famiglia La Croce, composta dal padre, don Palmiro, ingegnere minerario (Sampognetta,come lo chiamavano tutti, perché, distratto, fischiava sempre), dalla madre, donna Ignazia, oriunda napoletana, intesa in paese La Generalae chiamata da loro, chi sa poi perché, donna Nicodema; e da quattro belle figliuole, pienotte e sentimentali; vivaci e appassionate: Mommina e Totina, Dorina e Meme.

All’inizio, ci viene presentato Rico Verri, un siciliano, giovanotto di 25 anni, che è attualmente impegnato nel servizio militare. Il Verri sia di stanza, pensiamo, in un paese vicino ad Agrigento. Nel paese, che è senza nome, c’è una famiglia in particolare, i La Croce, che accogliono la presenza di Verri ei suoi colleghi. (Rico Verri è l’unico siciliano in questo gruppo.) La famiglia è composta da don Palmiro, che è piuttosto debole; sua moglie, la donna Ignazia, una napoletana, e a tutti gli effetti il capofamiglia; e le loro quattro figlie: Mommina, Totina, Dorina e Meme.

Ci viene detto che gli ufficialetti hanno l’abitudine di comportarsi in un modo che è accettabile altrove in Italia, ma che rimane scandaloso ed inaccettabile in Sicilia.

Con la scusa che in Continente «si faceva così», quegli ufficiali tra lo scandalo e la maldicenza di tutte le altre famiglie del paese, erano riusciti a far commettere a quelle quattro figliuole le più audaci e ridicole matterie;

Siamo portati a credere che i La Croce tollerino questo comportamento perché la donna Ignazia lo consente… il che vuol dire che lei consideri accettabile il comportamento rauco e suggestivo tra gli ufficialetti e le sue figlie, cioè, entro i confini delle norme sociali (di origine napolitana, per lo meno).

a prendersi con esse certe libertà di cui ogni donna avrebbe arrossito, e anche loro certamente, se non fossero state più che sicure che, proprio, in Continente si faceva così e nessuno avrebbe trovato da ridirci

(Adesso capiamo meglio perché solo i La Croce abbiano accolto gli ufficialetti.)

Ci viene fornito un esempio del comportamento degli ufficialetti e le figlie a teatro,

Se le portavano a teatro nella loro barcaccia; e ogni sorella tra due ufficiali era da quello a sinistra sventagliata e contemporaneamente da quello a destra servita in bocca d’una caramella o d’un cioccolattino. In Continente si faceva così.

…e, quando non ci sono spettacoli teatrali, anche in casa dei La Croce.

Se il teatro era chiuso, scuola di galanteria e danze e rappresentazioni ogni sera in casa La Croce: la madre sonava a tempesta sul pianoforte tutti i «pezzi d’opera» che avevano sentito nell’ultima stagione, e le quattro sorelle, dotate di discrete vocette, cantavano in costumi improvvisati, anche le parti da uomo, coi baffetti sul labbro fatti con tappi di sughero bruciati e certi cappellacci piumati e le giubbe e le sciabole degli ufficiali. Bisognava vedere Mommina, ch’era la più pienotta di tutte, nella parte di Siebel nel Faust:

Le parlate d’amor – o cari fior…

A questo punto della storia, iniziamo a capire che il teatro, è una passione dei La Croce.

I cori li cantavano tutti a squarciagola, anche donna Nicodema dal pianoforte. In Continente si faceva così.

Oltre al teatro, i La Croce e gli ufficialetti assistono un concerto settimanale della banda reggimentale. Ancora una volta, intravediamo il divario tra ciò che la donna Ignazia considera un comportamento accettabile rispetto ai suoi vicini siciliani.

E sempre per fare come si faceva in Continente, quando la domenica sera sonava nella villa comunale la banda del reggimento, ognuna delle quattro sorelle si allontanava a braccetto d’un ufficiale per i viali più reconditi a inseguire le lucciole (niente di male!),

A questo punto arriviamo anche a capire che non ci sono ‘segreti’: i suoi vicini siciliani esprimono apertamente il loro disdegno / disapprovazione sul modo in cui le figlie Croce si comportano con gli ufficialetti, ed in cambio, la donna Ignazia risponde a loro — sgarbatamente e non meno apertamente.

mentre «La Generala» restava troneggiando a guardia delle seggiole d’affitto, disposte in circolo, vuote, e fulminava i compaesani che le lanciavano occhiatacce di scherno e di disprezzo, brutti selvaggi che non erano altro, idioti che non sapevano che in Continente si faceva così.

Poi, apprendiamo che Rico Verri ha espresso la sua solidarietà alla donna Ignazia.

Tutto andò bene finché Rico Verri, il quale s’accordava prima con donna Ignazia nell’odio per tutti i selvaggi dell’isola,

(La nostra impressione di Verri è che sia immaturo: cioè, abbia bisogno dell’approvazione da parte delle persone che lo circondano. Rico Verri, in altre parole, sembra aver una personalità malleabile e mal definita… sia capace lui, diremmo ‘to go with the flow’.)

Le sue opinioni cambiano, tuttavia, non appena Rico Verri si innamora di Mommina. Adesso, apparentemente, emergono il suo vero carattere e personalità.

a poco a poco, innamorandosi sul serio di Mommina, non cominciò a diventare un selvaggio anche lui. E che selvaggio!

(Lui diventerà, pensiamo, una versione esagerata d’un giovanotto siciliano, cioè, una caricatura.)

Adesso, Verri solo assiste ai festeggiamenti con i La Croce ma non partecipa più. Questo sembra esser un cambiamento brusco, e non sembra che ci sia più gioia nella sua vita.

Alle feste, alle matterie dei colleghi ufficiali egli veramente non aveva mai partecipato; aveva assistito soltanto, divertendocisi. Non appena aveva voluto provare a fare come gli altri, cioè a scherzare con quelle ragazze, subito, da buon siciliano, aveva preso sul serio lo scherzo.

Sfortunatamente, Verri sembra presumer d’aver il diritto di dettare il comportamento di Mommina.

E allora, addio spasso! Mommina non potè più né cantare, né ballare, né andare a teatro, e neanche più ridere come prima.

(È come se, all’improvviso / inaspettatamente, a Mommina non fosse più permesso di godersi le sue passioni di vita… come se, invece, lei fosse diventata una proprietà o uno schiavo di Verri.)

Ci viene spiegato che Mommina è una giovanotta buona (pensierosa, intelligente e premurosa), qualcuna che ha altruisticamente assunto il ruolo della madre della famiglia una volta che la donna Ignazia ha assunto il ruolo di capofamiglia.

Mommina era buona, la più saggia tra le quattro sorelle, la sacrificata, colei che preparava agli altri i divertimenti e non ne godeva se non a costo di fatiche, di veglie e di tormentosi pensieri. Il peso della famiglia era tutto addosso a lei, perché la madre faceva da uomo, anche quando don Palmiro non era alla zolfara.

Ci viene spiegato che Mommina è senza illusioni… cioè, è abbastanza perspicace da capire che è a rischio di non avere mai una famiglia: non ce l’ha in questo momento né corteggiatori né dote.

Mommina capiva tante cose: prima di tutto, che gli anni passavano; che il padre con quel disordine in casa non riusciva a mettere un soldo da parte; che nessuno del paese si sarebbe mai messo con lei, come nessuno di quegli ufficiali si sarebbe mai lasciato prendere da qualcuna di loro.

Di conseguenza, Rico Verri sembra rappresentare un’opportunità importante per Mommina, in quanto ha espresso il desiderio sincero di sposarla. Ciò che viene percepito, quindi, sia la sua opportunità di amare e d’esser amata, di aver una famiglia tutta sua, di aver una vita tutta sua.

Il Verri, invece, non scherzava; tutt’altro! e certo l’avrebbe sposata,

Poi, veniamo a conoscenza delle sfortunate condizioni del matrimonio, vale a dire che lei dev’esser fedele ed obbediente a Verri ed accettare i suoi divieti incondizionatamente. In un primo momento, queste condizioni sembrano essere un compromesso ragionevole per Mommina, e lei resiste agli avvertimenti / timori espressi da sua madre e dalle sue sorelle.

se ella avesse obbedito a quelle proibizioni, resistito a tutti i costi agli incitamenti, alle pressioni, alla rivolta delle sorelle e della madre.

Poi impariamo di più sul ‘lato oscuro’ del carrattere / della personalità di Verri. Una notte, quando alcuni degli uccialetti si comportano ‘(nor)male’, Verri provoca un improvviso (inaspettato – confuso – violento) tumulto / subbuglio / putiferio: annuncia tre sfide che portano a tre duelli.

Eccolo là: pallido, fremente, nel vederla assediata, le teneva gli occhi addosso, lì lì per scattare alla minima osservazione di uno di quegli ufficiali. E scattò di fatti una sera, e successe una parapiglia: seggiole per aria, vetri rotti, urli, pianti, convulsioni; tre sfide, tre duelli. Ferì due avversarii e fu ferito dal terzo.

Una settimana dopo, portando ancora le sue ferite, Verri si presenta in casa La Croce, dove è ‘assediato’ dalla donna Ignazia.

Quando, una settimana dopo, ancora col polso fasciato, si ripresentò in casa La Croce, fu investito dalla Generala su tutte le furie. Mommina piangeva; le tre sorelle cercavano di trattenere la madre, credendo più conveniente che intervenisse il padre, invece, a mettere a posto colui che, senz’alcuna veste, s’era permesso di dettar legge in casa d’altri. Ma don Palmiro, sordo, se ne stava al solito a fischiare di là.

(L’assalto verbale e fisico della Ignazia sembra esser stato provocato in parte dalle sue preoccupazioni di vecchia data del Verri così come sul suo comportamento più recente.)

Alla fine, lo scontro / il confronto si calma,

Svaporate le prime furie,

…e poi Verri persiste ostinatamente, riaffermando il suo desiderio di sposare Mommina una volta ha finito il suo servizio militare.

il Verri, per puntiglio, promise che, appena terminato il servizio d’ufficiale di complemento, avrebbe sposato Mommina.

In risposta, la donna Ignazia decide d’indagare sulla famiglia di Verri,

La Generala aveva già chiesto informazioni nella vicina città su la costa meridionale dell’isola

…e scopre che è benestante la famiglia e che il capofamiglia (il padre di Rico Verri) ha una reputazione per gli abusi coniugali… anzi, il padre è accusato per la morte di sua moglie.

e aveva saputo ch’egli era sì, d’agiata famiglia, ma che il padre aveva fama in paese d’usurajo e d’uomo così geloso, che in pochi anni aveva fatto morir la moglie di crepacuore.

Adesso, apparentemente con maggiore urgenza, riaffermano a Mommina le loro preoccupazioni la donna Ignazia e le sue sorelle,

Di fronte alla domanda di matrimonio volle perciò che la figlia avesse qualche giorno per riflettere. E tanto lei, quanto le sorelle sconsigliarono Mommina di accettare.

…ma senza risultato. Mommina, ci viene detto, è attratta dal teatro e dal melodramma, e Verri ha certamente dimostrato d’esser capace di far questo… ma, in eccesso!

Ma Mommina, oltre alle tante cose che capiva, aveva anche la passione dei melodrammi; e Rico Verri… Rico Verri aveva fatto tre duelli per lei; Raul, Emani, don Alvaro…

Cosa, sembra chiedere Mommina, potrebbe andare male?

né toglier mi potrò l’immagin sua dal cor…

Poi, si sposano Mommina e Rico Verri.

Fu irremovibile e lo sposò.

Apprendiamo ancora una volta dall’immaturità di Verri… il suo bisogno, cioè, dell’approvazione degli altri.

ma anche per rialzarsi di fronte ai suoi compaesani, a cui era ben nota la fama che nella città vicina godeva la famiglia della moglie.

E poi il Pirandello ci chiede di considerare una domanda interessante, “Dato che il comportamento di Verri sembra assomigliare a quello di suo padre, abbia imparato ad abusare le donne guardando suo padre (in altre parole, un comportamento appreso) o, infatti, è stato ereditato il suo comportamento?”

Non sapeva a quali patti egli, per la pazzia di spuntarla contro tutti quegli ufficiali, si fosse arreso col padre usurajo, e quali altri avesse con se stesso stabiliti, non solo per compensarsi del sacrificio che gli costava quel puntiglio,

(Due domande correlate sono: “Ha importanza se il suo comportamento sia appreso o ereditato?” e “Se Verri abbia abusato sua moglie, dal punto di vista della società dovrebb’esser punito indipendentemente dalla causa / motivazione?”)

A questo punto, sfortunatamente, la storia prende una brutta svolta, malevolente e spietata, come si realizzano le peggiori paure della Ignazia: Verri sembra esser altrettanto difettoso come suo padre e forse anche di più!

Scopriamo che Mommina e Verri si trasferiscono in un nuovo paese e che la loro casa è situata su una collina isolatissima, vicino alla costa meridionale della Sicilia.

Fu imprigionata nella più alta casa del paese, sul colle isolato e ventoso, in faccia al mare africano.

A tutti gli effetti, ad eccezione d’una piccola finestra che si apre sulla campagna circostante, la loro casa è chiusa a chiave e serrata.

Tutte le finestre ermeticamente chiuse, vetrate e persiane; una sola, piccola, aperta alla vista della lontana campagna, del mare lontano. Della cittaduzza non si scorgevano altro che i tetti delle case, i campanili delle chiese: solo tegole gialligne, più alte, più basse, spioventi per ogni verso.

Rico Verri non è stato in grado di trovare un servitore che accetterebbe di lavorare in questo locale, e quindi deve fare la spesa ogni giorno mentre Mommina è costretta a prendersi cura della casa.

Non trovò una serva che volesse acconciarsi a stare in quella prigione, e si condannò a scendere ogni giorno al mercato per la spesa, e condannò la moglie ad attendere alla cucina e alle più umili faccende domestiche.

Quando parte ogni giorno, Verri blocca la porta principale usando le serrature speciali che sono state fabbricate in Germania. Solo lui ha le chiavi, e così quando esce, Mommina viene effettivamente imprigionata.

Rico Verri si fece venire dalla Germania due diverse serrature speciali; e non gli bastava ogni mattina aver chiuso con quelle due chiavi la porta; stava un pezzo a sospingerla con tutte e due le braccia furiosamente, per assicurarsi che era ben serrata.

Poi, quando Verri torna, non consente a nessuno del mercato (che potrebbe, ad esempio, averlo aiutato a portare i pacchi) di entrare in casa.

Rincasando, non permetteva neppure al ragazzo faservizii di salire in casa; si caricava di tutti i pacchetti e gl’involti della cesta;

Dopo che i pacchetti sono stati messi via, Verri controlla la casa per assicurarsi che tutto rimanga bloccato / chiuso / serrato… in altre parole, che Mommina resti imprigionata in modo sicuro.

richiudeva con una spallata la porta e, appena liberatosi del carico, correva a ispezionare tutte le imposte, pur assicurate internamente da lucchetti di cui egli solo teneva le chiavi.

Impariamo che con il passare del tempo, peggiora la sfiducia / la gelosia / l’abuso violente di Verri.

Gli era divampata, subito dopo il matrimonio, la stessa gelosia del padre, anzi più feroce, esasperata com’era da un pentimento senza requie e dalla certezza di non potersi guardare in alcun modo, per quante spranghe mettesse alla porta e alle finestre.

Si dice che lo stato emotivo di Verri sia insalvabile, sembra che non sia governabile, che non ci sia per lui un modo di tornare indietro. Ci viene spiegato che le sue emozioni derivano in qualche modo dal suo passato e che sono state infiammate dalla presenza di Mommina. Per Verri, tutto sembra esser sospetto e sinistro, e il tradimento sembra essere dietro ogni angolo. Comprendiamo che Momina non ha fatto nulla per provocarlo.

Per la sua gelosia non c’era salvezza: era del passato; il tradimento era lì, chiuso in quella carcere; era in sua moglie, vivo, perenne, indistruttibile; nei ricordi di lei, in quegli occhi che avevano veduto, in quelle labbra che avevano baciato. Né ella poteva negare; ella non poteva altro che piangere e spaventarsi allorché se lo vedeva sopra terribile, scontraffatto dall’ira per uno di quei ricordi che gli aveva acceso la visione sinistra dei sospetti più infami.

Ci viene poi dato un esempio delle invettive di Verri, della sua paranoia non governabile, della sua ‘pazzia’ più profonda.

– Così, è vero? – le ruggiva sul volto, – ti stringeva così… le braccia, così? la vita… come te la stringeva… così? così? e la bocca? come te la baciava? così?

È terrificante (non è vero?) specialmente perché Verri agisce sulla sua ‘pazzia’… sottopone la povera Mommina ai violenti severi abusi fisici e mentali.

E la baciava e la mordeva e le strappava i capelli, quei poveri capelli non più pettinati, perché egli non voleva che si pettinasse più, né che più tenesse il busto, né che si prendesse la minima cura della persona.

(A questo punto della storia, Mommina sembra esser stata privata della sua identità. Sembra aver fallito il suo gioco d’azzardo: Mommina è diventata uno schiavo, un pezzo di proprietà, e il suo matrimonio è una prigione. Ci sembra ovvio che Mommina non avrà, come aveva sperato, nessuna possibilità di amare e d’esser amato… che ha perso l’opportunità d’aver una vita tutta sua).

Nel tempo, nascono due figlie ma l’abuso continua senza sosta. Le figlie, mentre crescono, vengono a temere loro padree, dunque, diventano ulteriori vittime del suo abuso.

Non valse a nulla la nascita d’una prima figlia, e poi d’una seconda; crebbe anzi con esse il martirio di lei, e tanto più, quanto più le due povere creaturine man mano, con gli anni, cominciarono a comprendere. Assistevano, atterrite, a quei subiti assalti di pazzia furiosa, a quelle scene selvagge, per cui i loro visini si scolorivano e s’ingrandivano i loro occhi smisuratamente.

Ah quegli occhi, in quei visini smorti! Pareva che essi soltanto crescessero, dalla paura che li teneva sempre sbarrati.

L’unica tregua per Mommina e le figlie arriva quando Verri esce di casa ogni giorno, quando tutt’e tre sono in grado di vedere il mondo esterno dalla finestrina,

Gracili, pallide, mute, andavano dietro alla mamma nell’ombra di quella carcere, aspettando ch’egli uscisse di casa, per affacciarsi con lei a quell’unica finestretta aperta, a bere un po’ d’aria, a guardare il mare lontano e a contarvi nelle giornate serene le vele delle paranze; a guardare la campagna e a contare anche qua le bianche villette sparse tra il vario verde dei vigneti, dei mandorli e degli olivi.

…ma le figlie sono lasciate solo a chiedersi se sperimenteranno mai il mondo di prima mano.

Non erano mai uscite di casa, e avrebbero tanto desiderato di esser là, in mezzo a quel verde, e domandavano alla madre se lei, almeno, fosse mai stata in campagna, e volevano sapere com’era.

Povera Mommina è sopraffatta dalla tristezza ogni volta che sente le figlie parlare in questo modo.

Nel sentirle parlare così, non poteva tenersi di piangere, e piangeva silenziosamente, mordendosi il labbro e carezzando le loro testine,

Poi, in modo allarmante, apprendiamo che la salute di Mommina è diminuita — il suo cuore in particolare — come il suo corpo si deteriora sotto la costante tensione dell’abuso sponsale.

finché il cordoglio non le faceva venire l’affanno, un affanno insopportabile, per cui avrebbe voluto balzare in piedi, smaniosa; ma non poteva. Il cuore, il cuore le batteva precipitoso come il galoppo d’un cavallo scappato. Ah, il cuore, il cuore non le reggeva più, fors’anche per tutta quella grassezza, per tutta quella gravezza di carne morta, senza più sangue.

Poteva ormai parere, tra l’altro, uno scherno atroce la gelosia di quell’uomo per una donna a cui, dietro, le spalle non più sostenute dal busto erano quasi scivolate e, davanti, il ventre salito enormemente, quasi a sorreggere il grosso petto floscio; per una donna che s’aggirava per casa, ansante, con lenti passi faticosi, spettinata, imbalordita dal dolore, ridotta quasi materia inerte.

Rico Verri, ci viene detto, non è in grado di prendere nota della trasformazione di Mommina.

Ma egli la vedeva sempre quale era stata tanti anni addietro, quando la chiamava Mommina, o anche Mummì, e subito, proferito il nome, gli veniva di stringerle le bianche e fresche braccia trasparenti sotto il merletto della camicetta nera, stringergliele di nascosto, forte forte, con tutta la veemenza del desiderio, fino a farle mettere un piccolo grido.

(L’ipotesi qui, pensiamo, è che Verri non è in grado di prendere nota della trasformazione di Mommina perché lui sia ‘accecato’ dalla gelosia / sfiducia / paranoia).

Impariamo che, ironia della sorte, tutto questo orrore accade in casa, mentre fuori è primavera e sperimenta una rinascita la campagna.

Nella villa comunale sonava allora la banda del reggimento e il profumo intenso e soave dei gelsomini e delle zagare, nel caldo alito della sera, inebriava.

Il modello di abuso di Verri sembra esser inesorabile,

Ora la chiamava Momma, o anche, quando pur con la voce la voleva percuotere: – Mò!

…anche se in questi giorni, lui passa meno tempo a casa.

Per fortuna, da qualche tempo non stava più molto in casa; usciva anche di sera e non rincasava mai prima del tocco.

A questo punto, a Mommina potrebbe interessare di meno dov’è Verri… tutto quello che conta è che è assente da casa.

Lei non si curava affatto di sapere dove andasse. La sua assenza era il più gran sollievo che potesse sperare.

Dopo che le sue figlie sono a letto, Mommina spesso guarda fuori la finestrina e fantastica sul mondo esterno.

Messe a letto le figliuole, ogni sera stava ad aspettarlo affacciata a quella finestretta. Guardava le stelle; aveva sotto gli occhi tutto il paese; una strana vista: tra il chiarore che sfumava dai lumi delle strade anguste, brevi o lunghe, tortuose, in pendio, la moltitudine dei tetti delle case, come tanti dadi neri vaneggianti in quel chiarore; udiva nel silenzio profondo dalle viuzze più prossime qualche suono di passi; la voce di qualche donna che forse aspettava come lei; l’abbajare d’un cane e, con più angoscia, il suono dell’ora dal campanile della chiesa più vicina. Perché misurava il tempo quell’orologio? a chi segnava le ore? Tutto era morto e vano.

Una notte, Mommina si accorge qualche vestito di Verri che sono stati lasciati su una sedia prima che lui è uscito di casa. Lei ha intenzione di appendere i vestiti in un armadio, ma prima di farlo fruga nelle tasche, dove trova un annuncio per una nuova opera teatrale, Forza del destino, che verrà eseguita proprio quella sera.

Una di quelle sere, ritrattasi sul tardi dalla finestretta e vedendo nella camera, buttato scompostamente su una seggiola, l’abito che il marito soleva indossare (era uscito quella sera più presto del solito e s’era vestito d’un altro abito, che teneva riposto per le grandi occasioni), pensò di frugare per curiosità nella giacca, prima di appenderla nell’armadio. Vi trovò uno di quei manifestini di teatro a stampa, che si distribuiscono nei caffè e per le vie. Vi si annunziava per quella sera appunto, nel teatro della città, la prima rappresentazione dellaForza del destino.

La vista dell’annuncio serva immediatamente come un ‘grilletto’ che scatena un flusso di ricordi ed emozioni. La sua passione, prima di sposarsi, per il teatro viene ricordata insieme ad altre gioie della sua vita.

Vedere quell’annunzio, leggere il titolo dell’opera, e rompere in un pianto disperato fu tutt’uno. Il sangue le aveva fatto un tuffo, le era piombato d’un tratto al cuore e d’un tratto risalito alla testa, fiammeggiandole innanzi agli occhi il teatro della sua città, il ricordo delle antiche serate, la gioja spensierata della sua giovinezza tra le sorelle.

Sentendo le grida angosciate di sua madre, corrono da lei sue figlie.

Le due figliuole si svegliarono di soprassalto e accorsero, spaventate, in carnicina. Credevano che fosse ritornato il padre. Vedendo la madre piangere sola, con quel foglietto di carta gialla sulle ginocchia, restarono stupite.

Comprensibilmente, all’inizio, Mommina non sembra esser in grado di spiegare cos’è successo… lei è ridotta a parlare senza senso.

Allora ella, non potendo in prima articolar parola, si mise ad agitare quel manifestino, e poi, tranghiottendo le lagrime e scomponendo orribilmente il volto lagrimoso per sforzarlo a sorridere, cominciò a dire tra i singhiozzi che si mutavano in strani scatti di riso:

– Il teatro… il teatro… ecco qua, il teatro…La forza del destino.Ah voi, piecoline mie, povere animucce mie, non sapete. Ve lo dico io, ve lo dico io, venite, tornate ai vostri lettucci per non raffreddarvi. Ora ve lo faccio io, sì, sì, ora ve lo faccio io, il teatro. Venite.

Poi, la sua passione riaccesa, Mommina inizia a spiegare alle sue figlie tutto ciò che sa del teatro… è sfogato una vera effusione di intuizione, emozione e amore!

E ricondotte a letto le figliuole, tutta accesa in volto e sussultante ancora dai singulti, prese a descrivere affollatamente il teatro, gli spettacoli che vi si davano, la ribalta, l’orchestra, gli scenarii, poi a narrare l’argomento dell’opera e a dire dei varii personaggi, com’erano vestiti, e in fine, tra lo stupore delle piccine che la guardavano, sedute sul letto, con tanto d’occhi e temevano che fosse impazzita, si mise a cantare con strani gesti questa e quell’aria e i duetti e i cori, a rappresentar la parte dei varii personaggi, tuttaLa forza del destino; finché, esausta, con la faccia paonazza dallo sforzo, non arrivò all’ultima aria di Leonora: «Pace, pace, mio Dio». Si mise a cantarla con tanta passione che, dopo i versi non potè andare più avanti: scoppiò di nuovo in pianto. Ma si riprese subito; si alzò; fece ridistendere nei lettucci – le figliuole sbalordite e, baciandole e rincalzando le coperte, promise che il giorno appresso, appena uscito di casa il padre, avrebbe rappresentato loro un’altra opera, più bella, Gli Ugonotti, sì, e poi un’altra, una al giorno! Così le sue care piccine avrebbero almeno vissuto della sua vita d’un tempo.

Ritorna Rico Verri più tardi quella sera; è immediatamente consapevole di qualcosa che ha sconvolto Mommina e le figlie;

Rincasando dal teatro, Rico Verri notò subito nel volto della moglie un’accensione insolita. Ella temette che il marito la toccasse: si sarebbe accorto allora del fremito convulso che ancora la agitava tutta. Quando, la mattina seguente, egli notò qualcosa d’insolito anche negli occhi delle figliuole, entrò in sospetto; non disse nulla; ma si propose di scoprire se mai ci fosse qualche accordo segreto, sopraggiungendo in casa all’improvviso.

…i suoi sospetti sono confermati durante la sera del giorno successivo.

Nel sospetto si raffermò la sera del dì seguente, trovando la moglie disfatta, con un affanno da cavallo, gli occhi schizzanti, il volto congestionato, incapace di reggersi in piedi; e le figliuole addirittura imbalordite. TuttiGli Ugonotti tutti, dalla prima all’ultima battuta, aveva loro cantato, e non solo cantato, anche rappresentato, sostenendo a volta a volta, e anche a due e tre alla volta, tutte le parti. Le bimbe avevano ancora negli orecchi l’aria di Marcello:

Pif, paf, pif. Dispersa seri vada La nera masnadae il motivo del coro che avevano imparato a cantare insieme con lei:

Al rezzo placido Dei verdi faggi Correte, o giovani Vaghe beltà…

Scopriamo che Verri (bastardo! cretino! schemo!) ha saputo per qualche tempo che Mommina soffre d’un disturbo cardiaco. Fantastica che il suo disturbo peggiorerà.

Rico Verri sapeva che da qualche tempo la moglie soffriva di mal di cuore, e finse di credere a un improvviso assalto del male.

Il giorno dopo, mentre ritorna in casa dopo lo shopping, Verri sente qualcuna che canta.

Il giorno dopo, rincasando due ore prima del solito, nell’introdurre le due chiavi tedesche nei buchi delle serrature, credette di udire strane grida nell’interno della casa; tese l’orecchio; guardò, infoscandosi, le finestre serrate… Chi cantava in casa sua? «Miserere d’un uom che s’avvia…» Sua moglie? Il Trovatore ?

 

Sconto col sangue mio

L’amor che posi in te!

Non ti scordar, non ti scordar di me,

Leonora, addio!

Tuttavia, mentre Verri si precipita verso il suono, si interrompe bruscamente. Siamo inorriditi nell’apprendere che, mentre ricreava un’amata opera teatrale per sue figlie, Mommina è crollata di fronte a loro. Lei è morta.

Si precipitò in casa; salì a balzi la scala; trovò in camera, dietro la cortina del letto, il corpo enorme della moglie buttato per terra con un cappellaccio piumato in capo, i baffetti sul labbro fatti col sughero bruciato; e le due figliuole sedute su due seggioline accanto, immobili, con le mani su le ginocchia, gli occhi spalancati e le boccucce aperte, in attesa che la rappresentazione della mamma seguitasse.

Rico Verri con un urlo di rabbia s’avventò sopra il corpo caduto della moglie e lo rimosse con un piede.

Era morta.

***

Per Mommina:

“Pazzo non è chi butta tutto all’aria e ricomincia. Pazzo è chi lascia tutto in ordine restando immobile nella sua infelicità.”

Per Rico Verri:

“Il miglior modo per stare bene con gli altri è imparare a stare bene da soli. A quel punto la compagnia sarà una scelta e non più una necessità.”

 

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