Riassunto: Candelora

Allora… caro lettore, ha mai desiderato qualcosa ‘so bad that you could taste it’? In altre parole, le sue ambizioni erano tali che ha deciso di dedicarsi, ma dedicarsi davvero, al suo unico obiettivo, in parte perché credeva di essere degno… cioè, sapeva di possedere il talento e la determinazione per avere successo, nonostante gli ostacoli (es. la natura competitiva della sua ricerca).

Poi, contro ogni probabilità, ci è riuscito! E poi, è stato celebrato dalla società per i suoi talenti e anche i suoi contributi! Ma poi… dopo un po’, le richieste sono state poste su di lei — cioè, richieste dalla società e dagli individui — per mantenere la sua celebrità. E queste richieste hanno cambiato la sua vita, irrevocabilmente, irrecuperabilmente, sia in senso buono che cattivo.

Un patto faustiano?

Caro lettore, si è mai successo?

***

Nane Papa, con le mani grassocce appese alle falde del vecchio panama sformato, dice a Candelora:

– Non ti conviene. Dai retta a me, cara. Non ti conviene.

Inizia così Candelora (L. Pirandello), un’opera d’arte bravura, magistrale ed intelligente che descrive un rapporto, tra marito e moglie, che ‘cade a pezzi’ perché non serve più al suo scopo originale… nonostante quello che crediamo sia la migliore delle intenzioni.

All’inizio della novella ci vengono presentati Nane e Loretta (‘Candelora’), marito e moglie, i Papa, i due protagonisti. Vediamo che Nane e Loretta stanno discutendo (anche se non comprendiamo ancora i dettagli del loro disaccordo). Veniamo a sapere che Loretta ha minacciato di lasciare Nane, cioè di allontanarsi dal matrimonio. Nane, a sua volta, cerca di convincere Loretta che un’azione del genere, alla fine, non ne valga la pena.

(Notiamo che Nane non sostiene mai che ama Loretta… che, per esempio, sarebbe ‘schiacciato’ se lo lasciasse.)

Loretta è furiosa — possiamo dire che lei ribolla di rabbia — e chiede a Nane, in risposta, quale valore rimarrebbe se lei restasse con lui?

E Candelora, su le furie, gli grida:

– E che mi conviene allora? rimanere con te? crepare qua di rabbia, di schifo?

Nane sembra calmo, per lo meno esteriormente, anche se sembra mostrare segni fisici d’un tumulto interiore. Chiede a Loretta la sua pazienza. Poi, Nane si riferisce a Chico, il barone (un personaggio che incontreremo un po’ più avanti nella storia), ma la riferimento a Chico infiamma ulteriormente l’argomento tra marito e moglie.

Nane Papa, placido, calcandosi sempre più il panama:

– Sì, cara. Ma senza crepare. Con un po’ di pazienza. Guarda, per dirla com’è, Chico…

– Ti proibisco di chiamarlo così!

– E non lo chiami così tu?

– Appunto perché lo chiamo io così!

Nane cerca di schivare / evitare / aggirare la questione del modo migliore per riferirsi al barone, e poi continua ad esprimere il suo punto di vista, che è il barone la ama.

– Ah, bene. Credevo di farti piacere. Vuoi allora che lo chiami il barone? Il barone. Dico che il barone ti ama, Candelora mia, e spende per te…

Tuttavia, Nane sceglie di descrivere l’amore del barone in termini del ‘munificenza e generosità’. Questo, sfortunatamente, infiamma ancora di più la loro argomento.

– Ah, per me spende? Buffone! Mascalzone! Non spende assai più per te?

Poi Nane, con brutale onestà, comincia ad amplificare quello che intendeva quando ha detto che non sarebbe valso la pena di Loretta se fosse stata lei a lasciarlo. Secondo Nane, il ‘valore’ di Loretta in questo mondo è legato al suo rapporto con Nane.

– Se non mi lasci finire… Spende per me e per te, il barone. Ma vedi? Se spende assai più per me, che significa? Sii ragionevole. Significa che dà prezzo a te unicamente perché tu ricevi lustro da me. Questo non lo puoi negare.

Questa arrogante affermazione, non a caso, fa infuriare Loretta.

– Lustro? – torna a gridare Candelora, al colmo della rabbia. – Sì, lustro di queste…

Alza un piede e gli mostra la scarpa.

– Vergogna ricevo! vergogna! vergogna!

Ancora una volta, vediamo che Nane sembra avere controllo delle sue emozioni. Ci è spiegato che Nane e Loretta sono sposate e che, di recente, avevano trovato una notevole buona fortuna, che secondo Nane era tutto merito suo. (Loretta, diremmo, è essenzialmente ‘along for the ride’).

Nane Papa sorride, e più placido che mai risponde:

– No, scusa. Vergogna io, se mai. Sono tuo marito. E tutto qui, credi, Loretta. Se non fossi tuo marito e, sopratutto, se tu non stessi più con me, sotto questo tetto ospitale, tutto il gusto, capisci? svanirebbe. Qua possono venire a onorarti impunemente, e tutti con un piacere tanto più grande, quanto più tu, diciamo così, mi fai disonore e vergogna. Senza più me, tu, Loretta Papa, diventeresti subito una piccola cosa di poco valore e di molto rischio, per cui Chico… il barone, non spen…

Veramente? Le opinioni di Nane e il modo in cui si esprime loro sembrano essere a noi sia freddi che clinici e anche senza cuore, crudeli, sconsiderati, egocentrici ed arroganti. Quando Loretta inizia a piangere, Nane si comporta come se fosse sorpreso; quindi offre la scusa debole che stava solo scherzando.

Che fai? Piangi? Ma no, via! Io sto scherzando…

Quindi, Nane si avvicina a Loretta. Adesso lei è ancora più infuriata di prima, e si morde il braccio di Nane. A causa della sua violenza e ferocia, il morso è veramente scioccante.

Nane s’accosta a Candelora; fa per passarle una mano sotto il mento; ma Loretta gli ghermisce il braccio; apre la bocca come una belva e gli addenta quel braccio; a lungo, a lungo, senza lasciare, stringendo sempre più forte, rabbiosamente.

Vediamo che il morso ha avuto un effetto… Nane è ferito.

Curvo, per tenerle il braccio comodo all’altezza della bocca, Nane digrigna i denti anche lui, ma per sorridere muto allo spasimo che lo fa impallidire.

Gli occhi gli diventano di punto in punto più lustri e più acuti.

Infine, Loretta si lascia il braccio, che sente, ci viene detto, come se fosse in fiamme. Nane è senza parole.

Poi, quando i denti di Candelora si staccano, delizia! si sente nel braccio come una bollatura di fuoco.

Non dice nulla.

Nane si toglie la giacca, ma non riesce a togliersi la camicia: il morso era così forte, così traumatico, che ha aderito la sua carne al tessuto della camicia, che è macchiata di sangue in un modo che riflette gli impressioni dei denti di Loretta! Alla fine, Nane è in grado di togliersi la camicia e vedere le sue ferite, che, ormai, sono piene di sangue coagulato.

Tira su pian piano la manica della giacca; quella della camicia non vien su. La tela s’è affondata nella carne viva. La manica bianca è pezzata nel mezzo di rosso. Una chiostra insanguinata: la chiostra dei denti forti di Candelora, impressi lì tutti a uno a uno. A sollevarla ti voglio! Ma alla fine, sempre sorridente e ancora pallidissimo, Nane ci riesce. Il braccio è una pietà. In giro, ogni dentata, una ferita; e dentro, la carne è nera.

Nane mostra il braccio ferito a Loretta, che è impenitente per quello che ha fatto. All’inizio, Loretta si rifiuta di guardare il braccio.

– Vedi? – dice Nane, mostrandola.

– Il cuore, così, ti mangerei! – rugge Candelora, tutta aggruppata sul sedile.

Nane sembra capire che Loretta è capace di tale violenza con lui. Le chiede d’andare al suo studio (nella villa in cui vivono) per recuperare alcune forniture mediche in modo che possa pulire e ‘dress’ le sue ferite.

– Lo so, – dice Nane. – E appunto per questo desiderio vedrai che ti persuaderai a non andartene. Togliti il cappellino, via. Un po’ di tintura di jodio, per levare il veleno; la bambagia fenicata e una fascetta di garza. Su, nel cassetto della mia scrivania, Loretta: il secondo a destra. Lo so che sei una bestiolina di quelle che mordono, e appunto per questo tengo una provvista di rimedii urgenti.

A questo punto Loretta esamina il braccio ferito… Nane, inspiegabilmente dopo quello che è appena successo, viene comosso dall’attenzione di Loretta.

Candelora alza il braccio e lo guarda: guarda di sfuggita il braccio.

Nane, in quell’atto, la ammira.

Adesso, siamo informati che Loretta è una donna straordinariamente bella.

E una maraviglia di forme e di colori, Candelora, una sfida dispettosa ai suoi occhi di pittore che la scoprono sempre nuova e diversa.

All’inizio della giornata, cioè prima della discussione, Loretta è tornata alla villa dalla spiaggia. È agosto nel sud Italia, e Loretta ha passato diverse ore da sola al mare. Lei è a malapena vestita.

In questa ora meridiana, qua nel giardino della villetta, sotto questo sole nero d’agosto che si frastaglia tutto d’ombre violente, è spaventosa. Ritornata questa mattina dai bagni di mare, scabra e arrostita dal sole e dalla salsedine, ha negli occhi chiari bruciati, nel mento un po’ rientrato, nei capelli gialli irruviditi, un’aria di capra addormentata nella voluttà. Con quelle robuste braccia nude spellate e quelle anche poderose par che debba stracciare a ogni mossa la fragile vesticciuola aderente, di velo azzurro, che le stride su le carni arse.

Ah, com’è ridicola quella veste!

Candelora ha nuotato nuda per mattinate intere; nuda su la spiaggia deserta s’è cosparse e maculate di rena infocata le sode carni al sole, sentendo alle piante dei piedi il fremito fresco delle spume marine. Come può più nasconderle ora la nudità prorompente quella vesticciuola celeste? Messa per decenza, in realtà la fa apparire assai più indecente che se fosse nuda.

Poi, la storia torna al presente, ma questa volta dal punto di vista di Loretta. Non siamo sicuri, ma pensiamo che Loretta e Nane hanno discusso, violentemente, poco dopo lei sia arrivata dal mare. Veniamo a sapere che Loretta è stata sopraffatta dalla sua rabbia, tuttavia, dopo Nane le ha chiesto d’andare a prendere i medicinali, lei ha esaminato il suo braccio, e poi ha notato negli occhi di Nane una punta di ammirazione. Loretta era commossa da questo gesto — brevemente, molto brevemente — ma poi, ha recuperato la sua rabbia e disprezzo per Nane e poi è andata alla villa.

Nella rabbia, ella nota l’ammirazione negli occhi di lui, e istintivamente ha un sorriso di compiacimento, che subito però la esaspera. Diventa ghigno, quel sorriso; un ghigno che a un tratto si rompe in singhiozzi.

E Candelora scappa via verso la villetta.

E poi, vediamo Nane mentre osserva Loretta mentre lei cammina verso la villa. Lui comincia a piangere.

Nane Papa, quasi senza volerlo, arriccia il volto in una smorfia monellesca, seguendola con gli occhi; poi si guarda il braccio ferito, che al sole gli brucia forte; poi, chi sa perché, si sente pungere anche lui gli occhi dal pianto.

Almeno in parte, le lacrime di Nane sembrano essere in risposta all’assurdità del suo incontro con Loretta.

E atroce, veramente, in mezzo a un afoso meriggio d’agosto, avvertire così, in una pausa, la vita che pesa, carica di vergogna e di schifo, e sentire pietà, mentre si suda, del peso sull’anima di quella vergogna e di quello schifo.

Nane è di cattivo umore. Sembra ironico a lui che si ritrovi nel mezzo della bellezza della villa, della sua grazia e dello suo splendore, quando il suo spirito è così tormentato.

Nella tetraggine di tutto quel sole torrido, sul giardino frastagliato d’ombre, ha il senso, ora, Nane Papa (un senso che l’opprime, lo urta, e quasi lo sgomenta), della presenza di tante cose immobili e come attonitamente sospese davanti a lui: gli alberi, quegli alti fusti d’acacia, la vasca con quel giro di roccia artificiale e con quello specchio verde d’acqua stagnata, i sedili.

Che aspettano?

Egli può muoversi; se ne può anche andare. Ma che stranezza! Si sente come guardato da tutte quelle cose immobili, attorno; e non solo guardato, ma anche come legato dal fascino ostile, quasi ironico, che spira dalla loro attonita immobilità e che gli fa apparire inutile, stupido, anche buffo il suo potersene andare.

Scopriamo che Nane ha di recente conseguito notevole successo nella vita sua; uno dei vantaggi di quel successo era un invito a vivere con Loretta nella villa di proprietà del barone Chico.

Rappresenta la ricchezza del barone Chico quel giardino. Egli, Nane Papa, vi sta da circa sei mesi; e solo questa mattina ha provato il bisogno irresistibile di porre sotto gli occhi a se stesso e a Candelora ritornata dal mare, la sua vergogna e quella di lei, in tutta la sua nudità; ma ridendo, perché Candelora pretendeva d’uscire da questa vergogna, ora che – a suo dire – potevano.

Scopriamo anche che Nane è un pittore modernista il cui lavoro è adesso riconosciuto e ammirato. Ha raggiunto un successo sia critico che commerciale.

Già! Perché si vendono bene, ora, i quadri di Nane Papa, e il valore della sua arte nuova, personalissima, s’è imposto, non già perché sia realmente compreso, ma perché l’imbecillità dei ricchi visitatori delle esposizioni d’arte è stata costretta dalla critica a fermarsi davanti alle sue tele.

Il successo di Nane Papa è arrivato solo dopo una lunga lotta per essere riconosciuto in un campo d’attività altamente competitivo. Durante questo periodo di lotta, Loretta ha provato d’esser una fonte di sostegno e incoraggiamento incrollabile.

La critica? Via, una parola, la critica! Una parola che non vive, se non nei calzoni d’un critico. E il critico a cui Candelora un giorno, per disperata, volle andare a gridare in faccia se era giusto che un artista come Nane Papa morisse di fame, quel critico (il più ascoltato di tutti) ha voluto sì con un magistrale articolo richiamare l’attenzione degli imbecilli sull’arte nuova e personalissima di Nane Papa, ma ha voluto anche che questo riconoscimento dell’artista fosse, non diciamo pagato, ma graziosamente compensato con la più viva gratitudine di Candelora.

(Questa infatti potrebbe essere la prima volta che Nane ha usato Loretta, abusato di lei.)

Adesso, come abbiamo visto, con il successo in mano, Nane e Loretta erano invitati a vivere e lavorare nella villa del barone Chico. A causa del suo patronato, Nane e Loretta sono stati esposti agli opportunità che erano immaginabili.

E Candelora, subito, non solo a quel critico, ma a tutti gli ammiratori più fanatici dell’arte nuova del marito, inebriata della vittoria che forse le pareva dovesse costarle chi sa quanto, subito s’è dimostrata gratissima; gratissima a tutti, a quel barone Chico in ispecie che – ecco – è arrivato finanche ad alloggiarli nella sua villetta, per avere l’onore di dar ricetto a un portento dell’arte, a un figlio della gloria… E che trattamenti! che regali! che feste!

Ma infatti questa ‘nuova vita’ è stata associata a nuove esigenze così come opportunità, e Loretta sembra esser stata quella che era il più colpito (cioè, in modo negativo).

Se non le è costato nulla far così, niente di male, povera Candelora!

Le ha fatto paura la povertà, ecco. Dice di no, lei; dice che le faceva rabbia, non paura; perché quella povertà non era lo stento, non era l’avvilimento; era l’ingiustizia, dato il merito di lui. Quest’ingiustizia ha voluto vendicare. E come? Eccolo, come: la villetta, l’automobile, il canotto, ori, gemme, gite, abiti, feste…

Nane sembra non aver avuto alcuna utilità per il lusso… il suo unico interesse era la sua arte.

E ha provato un gran dispetto per lui rimasto tal quale, né triste né lieto, sciamannato come prima, senz’altra gioja fuori di quella de’ suoi colori, senz’altra voglia che di scavare, di scavare nella sua arte per il bisogno sempre insoddisfatto di andare in fondo ad essa, quanto più in fondo fosse possibile, tanto da non veder più nulla della buffa fantasmagoria della vita che gli s’agita attorno.

Verso questa fine Nane sembra aver perso la sua prospettiva, come, in sostanza, le ha abbandonato Loretta a una vita con il barone alla villa.

Forse, anzi certo, rappresenta la sua gloria, questa buffa fantasmagoria: le gemme, il lusso di Loretta, gl’inviti, le feste. La sua gloria e anche, perché no? la sua vergogna. Ma che glien’importa?

Tutta la sua vita, tutto ciò che di vivo è in lui egli lo mette, lo dà, lo spende per il gusto di far carnosa una foglia, facendosi egli stesso pasta carnosa, fibre e vene di quella foglia; rigido e nudo un sasso, che si senta e viva sasso sulla tela; e questo solo gl’importa.

Ciò che Nane sembra volere solamente che Loretta non ‘rock the boat’. Vuole, in altre parole, per lei mantenere il barone felice cosìche il suo patrocinio continuerà senza sosta. Questo, infatti, sembra essere quello che Nane abbia detto a Loretta, al mattino, dopo che lei è tornata dal mare… ciò che abbia indotto la sua rabbia, cioè, che adesso Nane la considerasse semplicemente come un mezzo per un fine, piuttosto che come sua moglie e compagna.

E così, come da lontano, ha detto a Loretta, questa mattina, che gli sarebbe piaciuto, certo – oh, ma senza dare alcun peso alla cosa – gli sarebbe piaciuto trovarsi accanto nella vita una compagna buona, a cui la povertà non avesse fatto tutta quella rabbia; una compagna umile e mite, sul cui seno avesse potuto riposarsi; che gli avesse ispirato con le sue sofferenze la stessa pena che gl’ispirava allora la sua arte misconosciuta.

Una volta che Loretta ha capito l’ intenzione di Nane, la sua rabbia, come abbiamo visto, è rapidamente sfuggita al controllo.

Loretta, naturalmente, gli è saltata addosso come una gatta inferocita.

A questo punto della storia, Nane si chiede perché Loretta non debba ancora tornare con le forniture mediche.

Ma che fa, intanto? Non ritorna giù con la tintura di jodio, la bambagia e la fascetta? Se n’è andata su piangendo, poverina…

Poi, Nane sembra capire che Loretta non possa più tollerare la sua indifferenza, che sia infelice lei con la sua vita nella villa, e che desideri un ritorno al passato, cioè un periodo quando lei e Nane hanno lottato per il riconoscimento, per il successo.

Vuol essere amata, adesso, Loretta. Amata da lui, forse per dispetto della sua indifferenza. Non è una pazzia? Se egli la amasse davvero, dovrebbe ucciderla. Ci vuole quella indifferenza, come condizione imprescindibile per sopportare la vergogna ch’ella gli rappresenta accanto. Uscire da questa vergogna? E come è più possibile ormai, se tutti e due l’hanno dentro, fuori, attorno? L’unica è questa, non darci importanza, e seguitare, lui a dipingere, lei a divertirsi, con Chico per ora, poi con un altro, ma anche con Chico e un altro insieme, allegramente.

L’atteggiamento di Nane, tuttavia, sembra essere che la villa rapprasenti l’opportunità di una vita, e che non c’è altra scelta che sfruttare il patrocinio del barone per quanto possibile.

Cose della vita, sciocchezze… In un modo o nell’altro, passano e non lasciano traccia. Ridere, intanto, di tutte le cose nate male, che restano a penare nelle Ior forme sgraziate o sconce, finché col tempo non crollano in cenere. Ogni cosa porta con sé la pena della sua forma, la pena d’esser così e di non poter più essere altrimenti. E appunto in questo il nuovo della sua arte, nel far sentire questa pena della forma. Sa bene lui che ogni gobbo bisogna che si rassegni a portare la sua gobba. E come le forme sono i fatti. Quando un fatto è fatto, è quello, non si cangia più. Candelora, per quanto faccia, non potrà più, per esempio, ritornar pura come quando era povera. Sebbene pura, forse, non è stata mai, Candelora, neppure da bambina. Non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto; e goderne, dopo.

Ma come mai, così all’improvviso, questa nostalgia di purezza; di mettersi con lui, adesso, appartata, tranquilla, modesta, amorosa? Con lui, dopo quanto è avvenuto? Quasiché lui, adesso, sia più in grado di prendere sul serio qualche cosa, nella vita; e l’amore, poi! e un amore poi, così tutto gualcito, come quello di lei, con l’immagine buffa di Chico e di quel critico e di tanti altri che, attorno a lei e a lui idillicamente abbracciati, si metterebbero a fare giro giro tondo…

Il tempo passa, e ancora Loretta non è tornata dalla villa. Nane cammina verso la villa e chiama il suo nome ma non c’è risposta.

Ohe, al sole, il sangue s’è tutto aggrumato e incrostato su le dentate; e il polso, e anche un po’ la mano gli si sono gonfiati; e incordate le vene.

Nane Papa si scuote dalle sue considerazioni e s’avvia per salire alla villetta. Chiama due volte, prima dalla scala, poi dalla saletta d’ingresso:

– Candelora! Candelora!

Nane entra lo studio, dove trova Loretta sul pavimento. È macchiata di iodio. Nane presume che lei abbia bevuto l’iodio in un tentativo di suicidio.

La sua voce rintrona nelle stanze vuote. Nessuno risponde. Entra nella stanza accanto allo studio, ov’è la scrivania, e dà un balzo indietro. Nella gran luce, ferma in quella stanza bianca, Candelora è buttata per terra, lunga, stirata, con le vesti scomposte, come se si fosse rotolata; una coscia scoperta. Accorre, le solleva la testa. Oh Dio, che ha fatto? La bocca, il mento, il collo, il seno, sono macchiati d’un giallo nerastro. Ha bevuto la boccetta del jodio.

(Quello che crediamo noi, invece, sia che Loretta sia entrata nello studio e abbia raccolto l’iodio, ma poi sia stata sopraffatta dall’emozione, cioè da un intenso disprezzo, come l’atto di sostenere Nane ancora una volta, dopo tutto che abbia passato, le abbia provato d’esser più di quanto potesse sopportare. Poi si sia sparata ed uccisa, mentre tenesse l’iodio in mano, che si riversasse su di lei mentre cadesse a terra.)

Inizialmente, Nane cerca di confortare Loretta. Poi, lui prova… ma non è in grado di muoverla.

– E niente! è niente! – le grida. – Candelora mia, ma che sciocchezza hai fatto? Bambina mia… Ma non è niente! Ti brucerà un po’ lo stomaco… Su! su!

Cerca di sollevarla, e non ci riesce, perché la poverina s’è indurita nello spasimo. Ma non le dice poverina, lui: – Bambina… bambina… – perché gli pare un po’ buffo il fatto che abbia bevuto la tintura di jodio. – Bambina… – le ripete, e la chiama anche scioccherella sua… E cerca di tirar la veste azzurra, labile, su quella coscia scoperta che l’offende; e torce gli occhi per non vederle la bocca così tutta nera… La vesticciuola si lacera allo strappo della sua mano convulsa e scopre di più la coscia.

Nane è solo, non c’è nessun altro nella villa; ma poi, fortunatamente, arriva il barone.

E solo nella villa. Loretta, ritornata quella mattina dai bagni di mare, prima di partire volle licenziare le donne di servizio. Nessuno dunque può ajutarlo a sollevarla da terra; nessuno può correre a chiamare una vettura per farla trasportare a un ospedale per un pronto soccorso. Ma per fortuna, ecco dalla via la tromba dell’automobile di Chico, il barone. E, poco dopo, Chico appare, sbalordito, con la faccia gialla di vecchio ebete sul corpo giovanile, sperticato, elegantissimamente vestito.

– Oh! e che è?

 

Nane lo implora per l’aiuto, ei due uomini sollevano Loretta dal pavimento,

Senza volerlo, sporge l’occhio con la caramella, a fissar quella coscia scoperta.

– Ajutami a sollevarla, perdio! – gli grida Nane, esasperato dagli inutili sforzi.

…quando si rendono conto che Loretta si è sparata e che è morta.

Ma appena la sollevano, dalla mano rimasta schiacciata sotto il fianco casca a terra una rivoltella, e lì, dov’era il fianco, si scopre una chiazza di sangue.

– Ah! ah! – geme allora Nane, trasportandola con Chico verso la camera da letto.

Non è indurita dallo spasimo, Loretta, ma dalla morte.

Poi, incredibilmente, Nane tenta di spostare la colpa della disperazione di Loretta sul barone e sulla sua cerchia di amici, con i quali Loretta ha interagito negli ultimi sei mesi. Il barone è sbalordito.

Nane Papa, come impazzito, appena disteso il cadavere sul letto, grida a Chico:

– Chi era ai bagni con voi? dimmi chi era ai bagni con voi quest’estate?

Chico, smarrito, fa alcuni nomi.

– Ah, perdio! – esclama allora Nane, feroce, venendogli addosso, afferrandolo per il petto e scrollandolo tutto. – Ma è possibile che dobbiate essere tutti quanti così stupidi, vojaltri che avete un po’ di quattrini?

– Così stupidi? noi? – fa Chico, più che mai imbalordito, rinculando a ogni scrollone.

Anche il lettore è sbalordito. Nane Papa sembra essere completamente isolato, in una ‘bolla’ di sua creazione, divorziato dalle sue responsabilità e dai suoi impegni, inconsapevole e insensibile fino al punto di crudeltà, uno schiavo della sua ambizione.

– Ma sì! ma sì! ma sì! – seguita a inveire Nane Papa. – Così stupidi da far nascere la voglia a questa poverina d’essere amata da me! Capisci? Da me! da me! Amata da me!

E rompe in un pianto disperato abbattendosi sul cadavere di Loretta.

 

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