Riassunto: Il pipistrello

Secondo noi, dall’inizio alla fine Il pipistrello (L. Pirandello) è semplicemente una lettura meravigliosa!

La novella, immaginiamo, sia scritta da una prospettiva d’uno del settore, uno con notevole competenza — provvede al lettore l’opportunità d’intravedere il mondo d’un drammaturgo…. e, in particolare, la revisione che si verifica durante lo sviluppo d’una opera teatrale / una commedia nuova.

Ovviamente, il drammaturgo è una figura centrale: dopotutto, lui / lei è colui che concepirà la trama…. qualcuno / qualcuna che ha il talento, la determinazione, l’intelligenza e il carattere per creare un testo di valore: un’opera d’arte che ci affascina e informa, che sarà riconosciuta per il suo contributo alla società.

Tuttavia, Il pipistrello anche sottolinea che un drammaturgo non è da solo durante la gestazione d’una opera nuova. Fa parte invece, d’un ensemble — una voce, per così dire, tra le tante uguali. Un ensemble che, ad esempio, può coinvolgere gli attori e le persone che produrranno l’opera teatrale (es) le persone responsabili del finanziamento della produzione o responsabili per la gestione dello spazio di performance).

Si tratta di, poi, un ensemble delle persone con interessi, aree di competenza, e punti di vista diversi…. affinché il lavoro del drammaturgo può esser visto ed apprezzato. Come conseguenza degli sforzi dell’ensemble, e man mano che il testo viene modificato, può diventare qualcosa di diverso dall’intento originale del drammaturgo.

***

La novella è narrata da un amico ignaro del drammaturgo, il Faustino Perres. Il narratore ci spiega che l’opera teatrale del Perres vuol esser umoristica, divertente e non controversa / discussa.

Tutto bene. La commedia, niente di nuovo, che potesse irritare o frastornare gli spettatori. E congegnata con bell’industria d’effetti. 

Un prelato è uno dei personaggi centrali della commedia. È un uomo vecchio che sembra aver raggiunto un notevole potere all’interno della gerarchia della chiesa. L’ambientazione dell’opera teatrale è la residenza del prelato. All’inizio della storia, la cognata del prelato è venuta a casa per una visita. Il narratore ci spiega che il prelato era innamorato di questa donna prima di diventare un sacerdote.

Un gran prelato tra i personaggi, una rossa Eminenza che ospita in casa una cognata vedova e povera, di cui in gioventú, prima d’avviarsi per la carriera ecclesiastica, era stato innamorato. 

Il narratore ci spiega che la cognata è una vedova, impoverita; lei ha attualmente una figlia che è abbastanza grande per sposarsi. Poi impariamo anche che, da molti anni, il prelato ha assunto la responsabilità del benessere d’un giovanotto che, a qunto pare, è il figlio del segretario del prelato. La realtà, tuttavia, sembra essere che il prelato stesso sia il padre del giovanotto.

Una figliuola della vedova, già in età da marito, che Sua Eminenza vorrebbe sposare a un giovine suo protetto, cresciutogli in casa fin da bambino, apparentemente figlio di un suo vecchio segretario, ma in realtà… 

Il narratore suggerisce che questa situazione non è rara: è infatti qualcosa insignificante per qualcuno potente come il prelato. Ma…. non importa! L’intenzione di Perres è di esaminare questa apparente trasgressione, così come il matrimonio combinato, in modo spensierato ed ironico,

– insomma, via, un certo antico trascorso di gioventú, che non si potrebbe ora rimproverare a un gran prelato con quella crudezza che necessariamente deriverebbe dalla brevità d’un riassunto, 

(Sarebbe giusto riferirci all’opera teatrale di Perres come una commedia d’arte.)

….forse a causa delle differenze che esistono nella posizione sociale e nella ricchezza del prelato e sua cognata, che sono cruciali per la trama, e in particolare per il secondo atto della commedia.

quando poi è per cosí dire il fulcro di tutto il second’atto, in una scena di grandissimo effetto con la cognata, al bujo, o meglio, al chiaro di luna che inonda la veranda, poiché Sua Eminenza, prima di cominciar la confessione, ordina al suo fidato servitore Giuseppe: “Giuseppe, smorzate i lumi”.

(Allora…. non siamo sicuri del significato di questa battuta, ma ci chiediamo se, una volta le luci sono spente, avranno rapporti sessuali il prelato e sua cognata.)

Il narratore conclude il paragrafo iniziale su una nota positiva e rassicurante: spiega che tutto è pronto per la serata inaugurale della commedia.

Tutto bene, tutto bene, insomma. Gli attori, tutti a posto; e innamorati a uno a uno della loro parte. Anche la piccola Gàstina, sí. Contentissima, contentissima della parte della nipote orfana e povera, che naturalmente non vuol saperne di sposare quel protetto di Sua Eminenza, e fa certe scene di fiera ribellione, che alla piccola Gàstina piacevano tanto, perché se ne riprometteva un subisso d’applausi.

Va tutto bene, cioè, ad eccezione di Faustino Perres, che rimane preoccupato.

Per farla breve, piú contento di cosí nell’aspettazione ansiosa d’un ottimo successo per la sua nuova commedia l’amico Faustino Perres non poteva essere alla vigilia della rappresentazione.

Il narratore spiega che il Perres sarà assente la sera prima della serata inaugurale. Tuttavia, ci sarà un pipistrello…. una creatura dannata, insolente, problematica…. una creatura che può aver costruito un nido nel soffitto dell’Arena Nazionale, dove verrà eseguita la commedia. Non importa come il pipistrello entra, ci viene detto che la creatura (dannata! insolente! problematica!) è inevitabilmente attratta al palcoscenico, dove le luci illuminano l’azione della commedia.

Ma c’era un pipistrello.

Un maledetto pipistrello, che ogni sera, in quella stagione di prosa alla nostra Arena Nazionale, o entrava dalle aperture del tetto a padiglione, o si destava a una cert’ora dal nido che doveva aver fatto lassú, tra le imbracature di ferro, le cavicchie e le chiavarde, e si metteva a svolazzar come impazzito non già per l’enorme vaso dell’Arena sulla testa degli spettatori, poiché durante la rappresentazione i lumi nella sala erano spenti, ma là, dove la luce della ribalta, delle bilance e delle quinte, le luci della scena, lo attiravano:

In effetti, il pipistrello ha imparato a volare vicino ai volti illuminati degli attori.

sul palcoscenico, proprio in faccia agli attori.

(Molti di noi sono terrorizzati dai pipstrelli, non è vero? Dopotutto, volano rapidamente e nel buio…. e nessuno vuol esser morso da un pipistrello perché la rabbia, che può esser fatale, può esser trasmesso in questo modo.)

Il narratore spiega che una degli attori in particolare, la piccola Gàstina ha paura del pipistrello. Anzi, durante le prove della commedia è volato molte volte vicino al suo viso, e povera Gàstina è già svenuta tre volte! Impariamo tuttavia che Gàstina è un’attrice professionista, cioè, qualcuna che è orgogliosa del suo lavoro, qualcuna interessata al successo della commedia. Ciònonstante, Gàstina l’ha chiarito abbondantemente a tutti gli interessati che è terrorizzata del pipistrello e che potrebbe non esser in grado d’impedirsi di svenire di nuovo.

La piccola Gàstina ne aveva un pazzo terrore. Era stata tre volte per svenire, le sere precedenti, nel vederselo ogni volta passar rasente al volto, sui capelli, davanti agli occhi, e l’ultima volta – Dio che ribrezzo! – fin quasi a sfiorarle la bocca con quel volo di membrana vischiosa che stride. Non s’era messa a gridare per miracolo. La tensione dei nervi per costringersi a star lí ferma a rappresentare la sua parte mentre irresistibilmente le veniva di seguir con gli occhi, spaventata, lo svolazzío di quella bestia schifosa, per guardarsene, o, non potendone piú, di scappar via dal palcoscenico per andare a chiudersi nel suo camerino, la esasperava fino a farle dichiarare ch’ella ormai, con quel pipistrello lí, se non si trovava il rimedio d’impedirgli che venisse a svolazzar sul palcoscenico durante la rappresentazione, non era piú sicura di sé, di quel che avrebbe fatto una di quelle sere.

Il narratore spiega che ci sono prove che il pipistrello ha costruito un nido sul tetto dell’Arena (e, dunque, la creatura sarà un problema cronico). Dato che il personaggio di Livia è essenziale, il Perres ha paura che se Gàstina svenga di nuovo, la commedia verrà rovinata. Infatti, Faustino Perres è così preoccupato che ha chiesto al capocomico dell’Arena di aiutar a risolvere il problema del pipistrello prima della serata inaugurale: infatti il Perres si è offerto di pagare il capocomico per far rimuovere il nido. Sfortunatamente, tuttavia, quest’idea è stata respinta fuori mano.

Si ebbe la prova che il pipistrello non entrava da fuori, ma aveva proprio eletto domicilio nelle travature del tetto dell’Arena, dal fatto che, la sera precedente la prima rappresentazione della commedia nuova di Faustino Perres, tutte le aperture del tetto furono tenute chiuse, e all’ora solita si vide il pipistrello lanciarsi come tutte le altre sere sul palcoscenico col suo disperato svolazzío. Allora Faustino Perres, atterrito per le sorti della sua nuova commedia, pregò, scongiurò l’impresario e il capocomico di far salire sul tetto due, tre, quattro operai, magari a sue spese, per scovare il nido e dar la caccia a quella insolentissima bestia; ma si sentí dare del matto.

Il tempo passa. Con l’avvicinarsi della serata inaugurale, comprendiamo che la possibile interruzione della commedia da parte del pipistrello è stata molto discussa…. tanto che il capocomico è frustrato: si rifiuta di risolvere il problema e non ne discuterà più…. tranne nel modo più assurdo.

Segnatamente il capocomico montò su tutte le furie a una simile proposta, perché era stufo, ecco, stufo stufo stufo di quella ridicola paura della signorina Gàstina per i suoi magnifici capelli.

– I capelli?

– Sicuro! sicuro! i capelli! Non ha ancora capito? Le hanno dato a intendere che, se per caso le sbatte in capo, il pipistrello ha nelle ali non so che viscosità, per cui non è piú possibile distrigarlo dai capelli, se non a patto di tagliarli. Ha capito? Non teme per altro! Invece d’interessarsi alla sua parte, d’immedesimarsi nel personaggio, almeno fino al punto di non pensare a simili sciocchezze!

Faustino Perres, che non comprende la logica del capocomico, rimane spaventato che il pipistrello rovinerà il successo della commedia.

Sciocchezze, i capelli d’una donna? i magnifici capelli della piccola Gàstina? Il terrore di Faustino Perres alla sfuriata del capocomico si centuplicò. Oh Dio! oh Dio! se veramente la piccola Gàstina temeva per questo, la sua commedia era perduta!

Gàstina, d’altra parte, è arrabbiata perché il capocomico si è rifiutato di rimuovere il nido del pipistrello. In una conversazione privata con il Perres, gli chiede se il testo della commedia possa esser rivisto in modo che la battuta “Giuseppe, smorzate i lumi”sia ripetuta…. dappertutto.

Per far dispetto al capocomico, prima che cominciasse la prova generale, la piccola Gàstina, col gomito appoggiato sul ginocchio d’una gamba accavalciata sull’altra e il pugno sotto il mento, seriamente domandò a Faustino Perres, se la battuta di Sua Eminenza al secondo atto: – “Giuseppe, smorzate i lumi” – non poteva essere ripetuta, all’occorrenza, qualche altra volta durante la rappresentazione, visto e considerato che non c’è altro mezzo per fare andar via un pipistrello, che entri di sera in una stanza, che spegnere il lume.

(Gàstina può voler la battuta, che provoca le luci affievolirsi / offuscarsi, per essero ripetuto ogni volta che lei sia sul palcoscenico, perché questo la proteggerà dal pipistrello!)

Dopo aver sentito questa domanda, il Perres ‘si congela’ sul posto: sembra a noi che debba proteggere il testo della sua commedia da qualsiasi ulteriore modifica, da qualsiasi cosa che possa sminuire il suo lavoro.

Faustino Perres si sentí gelare.

Il Perres si chiede se Gàstina stia scherzando, ma lei insiste che no, è seria…. insiste, inoltre, che non si preoccupa semplicemente del proprio benessere, ma sta anche pensando all’integrità della commedia.

– No, no, dico proprio sul serio! Perché, scusate, Perres: volete dare veramente, con la vostra commedia, una perfetta illusione di realtà?

– Illusione? No. Perché dice illusione, signorina? L’arte crea veramente una realtà.

– Ah, sta bene. E allora io vi dico che l’arte la crea, e il pipistrello la distrugge.

A questo punto, iniziamo a capire come i membri dell’ensemble ‘vedono’ le soluzioni ai problemi dalle loro prospettive diverse. (Questo rende forse l’idea di ‘lavorare insieme’ più oneroso / laborioso di quanto uno potesse aver pensato in precedenza.) Abbiamo visto che il Perres è soddisfatto dell’attuale versione riveduta della sua commedia e che desidera (disperatamente?) proteggere il testo da qualsiasi ulteriore revisione. È così concentrato su questo, tuttavia, che non può (o non vuole) ascoltare ciò che Gàstina ha da dire…. un peccato perché, come vedremo, lei è perspicace / intelligente / articolata / forte.

– Come! perché?

Gàstina, d’altra parte (e al suo merito), ritiene che si debba fare qualcosa per salvare la commedia. Non sarebbe realistico, ad esempio, se gli attori accettassero il suggerimento del capocomico d’ignorar la presenza del pipistrello ogni volta che appare sul palcoscenico. Lei sostiene: se un pipistrello dovesse entrare in una casa nella vita reale, qualsiasi casa, poi tutti cesserebbe tutto immediatamente…. fino a quando il pipistrello fosse rimosso o ucciso. Gàstina sa che questa è una conoscenza comune; dunque, una conseguenza d’ignorare il pipistrello sarebbe che l’integrità della commedia sarà a rischio.

– Perché sí. Ponete il caso che, nella realtà della vita, in una stanza dove si stia svolgendo di sera un conflitto familiare, tra marito e moglie, tra una madre e una figlia, che so! o un conflitto d’interessi o d’altro, entri per caso un pipistrello. Bene: che si fa? Vi assicuro io, che per un momento il conflitto s’interrompe per via di quel pipistrello che è entrato; o si spenge il lume, o si va in un’altra stanza, o qualcuno anche va a prendere un bastone, monta su una seggiola e cerca di colpirlo per abbatterlo a terra; e gli altri allora, credete a me, si scordano lí per lí del conflitto e accorrono tutti a guardare, sorridenti e con schifo, come quella odiosissima bestia sia fatta.

Una situazione tesa…. paura di sbagliare…. ansia…. l’incapacità di ragionare bene: Faustino Perres non è preparato ad ascoltare l’argomento della Gàstina. A tutti gli effetti, non è in grado di comprendere ciò che lei dice. Di conseguenza, le sue risposte a Gàstina sono prive di senso.

– Già! Ma questo, nella vita ordinaria! – obiettò, con un sorriso smorto sulle labbra, il povero Faustino Perres. – Nella mia opera d’arte, signorina, il pipistrello, io, non ce l’ho messo.

Gàstina persiste. Senza paura, concorda con Perres che potrebbe non aver scritto un pipistrello immaginario nella commedia, ma…. mamma mia! cosa succede se un pipistrello, un vero pipistrello, appare sul palcoscenico?

– Voi non ce l’avete messo; ma se lui ci si ficca?

Faustino Perres ripete il punto di vista del capocomico: se il pipistrello appare sul palcoscenico, gli attori devono ignorarlo.

– Bisogna non farne caso!

Gàstina sostiene che il pipistrello non può esser ignorato, che gli spettatori non accetterà questo come ‘reale’, che l’integrità della commedia sarà a rischio.

– E vi sembra naturale? V’assicuro io, io che debbo vivere nella vostra commedia la parte di Livia, che questo non è naturale; perché Livia, lo so io, lo so io meglio di voi, che paura ha dei pipistrelli! La vostra Livia, – badate – non piú io. Voi non ci avete pensato, perché non potevate immaginare il caso che un pipistrello entrasse nella stanza, mentr’ella si ribellava fieramente all’imposizione della madre e di Sua Eminenza. Ma questa sera, potete esser certo che il pipistrello entrerà nella camera durante quella scena. E allora io vi domando, per la realtà stessa che voi volete creare, se vi sembri naturale che ella, con la paura che ha dei pipistrelli, col ribrezzo che la fa contorcere e gridare al solo pensiero d’un possibile contatto, se ne stia lí come se nulla fosse, con un pipistrello che le svolazza attorno alla faccia, e mostri di non farne caso. Voi scherzate! Livia se ne scappa, ve lo dico io; pianta la scena e se ne scappa, o si nasconde sotto il tavolino, gridando come una pazza.

(Siamo solidali: qua sia evidente che la interesse personale sembra aver sostituito il buon senso!)

Poi, Gàstina propone un’altra soluzione,

Vi consiglio perciò di riflettere, se proprio non vi convenga meglio di far chiamare Giuseppe da Sua Eminenza e di fargli ripetere la battuta: – “Giuseppe, smorzate i lumi”. – Oppure… aspettate! oppure… – ma sí! meglio! sarebbe la liberazione! – che gli ordinasse di prendere un bastone, montare su una seggiola, e…

….che, dal punto di vista del Perres, è insostenibile / dirompente / impossibile…. e che rappresenta una minaccia per la sua visione della commedia.

– Già! sí! proprio! interrompendo la scena a metà, è vero? tra l’ilarità fragorosa di tutto il pubblico.

Imperterrita, Gàstina persiste…. fa del suo meglio per aiutare il Perres a capire che sebbene non abbia scritto un pipistrello immaginario nel gioco, il loro pipistrello è reale e il suo apparenza può distruggere l’integrità della commedia

– Ma sarebbe il colmo della naturalezza, caro mio! Credetelo. Anche per la vostra stessa commedia, dato che quel pipistrello c’è e che in quella scena – è inutile – vogliate o non vogliate – ci si ficca: pipistrello vero! Se non ne tenete conto, parrà finta, per forza, Livia che non se ne cura, gli altri due che non ne fanno caso e seguitano a recitar la commedia come se lui non ci fosse. Non capite questo?

Ancora una volta, Faustino Perres non riesce a capire…. sembra sperare (disperatamente?) che Gàstina stia scherzando.

Faustino Perres si lasciò cader le braccia, disperatamente.

– O Dio mio, signorina, – disse. – Se volete scherzare, è un conto…

Ma Gàstina insiste che è seria.

– No no! Vi ripeto che sto discutendo con voi sul serio, sul serio, proprio sul serio! – ribatté la Gàstina.

Poi, il Perres scarta Gàstina, dicendo che è pazza; lui ha voglia di terminare la conversazione.

– E allora io vi rispondo che siete matta, – disse il Perres alzandosi. – Dovrebbe far parte della realtà che ho creato io, quel pipistrello, perché io potessi tenerne conto e farne tener conto ai personaggi della mia commedia; dovrebbe essere un pipistrello finto e non vero, insomma! Perché non può, cosí, incidentalmente, da un momento all’altro, un elemento della realtà casuale introdursi nella realtà creata, essenziale, dell’opera d’arte.

Tuttavia, Gàstina persiste. Chiede al Perres cosa accadrà se il pipistrello apparisca sul palcoscenico.

– E se ci s’introduce?

Ancora una volta, Faustino Perres può solamente difendere la sua prospettiva, la sua visione per la commedia.

– Ma non è vero! Non può! Non s’introduce mica nella mia commedia, quel pipistrello, ma sul palcoscenico dove voi recitate.

Gàstina, a questo punto, sembra capire che il Perres non è in grado di rivedere il testo della commedia. Ancora una volta, afferma che ci sono due possibilità: o la commedia di Faustino Perres è ‘vivo’ (cioè, onesto, realistico) o il pipistrello è vivo. Un pipistrello sul palcoscenico non può esser ignorato dagli attori: un’idea del genere non è realistica, non rappresenta la vita reale. Pertanto, se gli attori siano costretti ad ignorare il pipistrello quando è sul palcoscenico, la credibilità della commedia verrà distrutta.

– Benissimo! Dove io recito la vostra commedia. E allora sta tra due: o lassú è viva la vostra commedia; o è vivo il pipistrello. Il pipistrello, vi assicuro io che è vivo, vivissimo, comunque. Vi ho dimostrato che con lui cosí vivo lassú non possono sembrar naturali Livia e gli altri due personaggi, che dovrebbero seguitar la loro scena come se lui non ci fosse, mentre c’è. Conclusione: o via la vostra commedia, o via il pipistrello. Se stimate impossibile eliminare il pipistrello, rimettetevi in Dio, caro Perres, quanto alle sorti della vostra commedia. Ora vi faccio vedere che la mia parte io la so e che la recito con tutto l’impegno, perché mi piace. Ma non rispondo dei miei nervi stasera.

Il tempo passa. La prima esibizione della commedia è in corso davanti al pubblico generale. Il narratore descrive l’agonia di tutti i drammaturghi quando le luci si abbassano e inizia la commedia. Faustino Perres è totalmente concentrato sull’azione sul palcoscenico…. ogni parola, ogni inflessione, ogni movimento, ogni reazione. Sarebbe giusto dire che il Perres sia immerso — sembra abitare la commedia.

Ogni scrittore, quand’è un vero scrittore, ancor che sia mediocre, per chi stia a guardarlo in un momento come quello in cui si trovava Faustino Perres la sera della prima rappresentazione, ha questo di commovente, o anche, se si vuole, di ridicolo: che si lascia prendere, lui stesso prima di tutti, lui stesso qualche volta solo fra tutti, da ciò che ha scritto, e piange e ride e atteggia il volto, senza saperlo, delle varie smorfie degli attori sulla scena, col respiro affrettato e l’animo sospeso e pericolante, che gli fa alzare or questa or quella mano in atto di parare o di sostenere.

Il primo atto giunge al termine ed inizia il secondo atto cruciale. Il narratore, che è al fianco del Perres, riconosce la immersione totale dell’amico; anzi, è chiaro al narratore che il Perres ha dimenticato la possibilità che il pipistrello possa apparire sul palcoscenico.

Posso assicurare, io che lo vidi e gli tenni compagnia, mentre se ne stava nascosto dietro le quinte tra i pompieri di guardia e i servi di scena, che Faustino Perres per tutto il primo atto e per parte del secondo non pensò affatto al pipistrello, tanto era preso dal suo lavoro e immedesimato in esso. E non è a dire che non ci pensava perché il pipistrello non aveva ancor fatto la sua consueta comparsa sul palcoscenico. No. Non ci pensava perché non poteva pensarci.

Alla fine, naturalmente, il pipistrello appare; il narratore informa il Perres.

Tanto vero, che quando, sulla metà del second’atto, il pipistrello finalmente comparve, egli nemmeno se n’accorse; non capí nemmeno perché io col gomito lo urtassi e si voltò a guardarmi in faccia come un insensato:

– Che cosa?

Infatti, apprendiamo che l’attenzione del Perres sulla commedia è dovuta in parte alla sua percezione che gli spettatori non si stiano godendo la commedia…. che il testo rivisto sia un fallimento.

Cominciò a pensarci solo quando le sorti della commedia, non per colpa del pipistrello, non per l’apprensione degli attori a causa di esso, ma per difetti evidenti della commedia stessa, accennarono di volgere a male. Già il primo atto, per dir la verità, non aveva riscosso che pochi e tepidi applausi.

(Dovremmo dire che il primo atto ‘bombed’.)

Povero Faustino Perres…. il primo atto è fallito ed adesso è apparsa sul palcoscenico la sua nemesi il pipistrello. Il Perres suda freddo. La sua attenzione ora si rivolge al pipistrello. Il corpo del povero Perres si contorce mentre segue il percorso della creatura.

– Oh Dio mio, eccolo, guarda… – cominciò a dire il poverino, sudando freddo; e alzava una spalla, tirava indietro o piegava di qua, di là il capo, come se il pipistrello svoltasse attorno a lui e volesse scansarlo; si storceva le mani; si copriva il volto. – Dio, Dio, Dio, pare impazzito…

Arriva il grande momento…. le luci illuminano il volto del prelato mentre Gàstina fa il suo ingresso.

Ah, guarda, a momenti in faccia alla Rossi!… Come si fa? come si fa? Pensa che proprio ora entra in iscena la Gàstina!

– Sta’ zitto, per carità! – lo esortai, scrollandolo per le braccia e cercando di strapparlo di là.

Ma non ci riuscii. La Gàstina faceva la sua entrata dalle quinte dirimpetto, e il Perres, mirandola, come affascinato, tremava tutto.

Il narratore ci speiga che la Gàstina è consapevole della presenza del pipistrello sopra testa, ma si concentra invece sugli applausi che riceve mentre fa l’ingresso.

Il pipistrello girava in alto, attorno al lampadario che pendeva dal tetto con otto globi di luce, e la Gàstina non mostrava d’accorgersene, lusingata certo dal gran silenzio d’attesa, con cui il pubblico aveva accolto il suo apparire sulla scena. E la scena proseguiva in quel silenzio, ed evidentemente piaceva.

Il pipistrello vola verso la luce che illumina il viso di povera Gàstina.

Ah, se quel pipistrello non ci fosse stato! Ma c’era! c’era! Non se n’accorgeva il pubblico, tutto intento allo spettacolo; ma eccolo lí, eccolo lí, come se, a farlo apposta, avesse preso di mira la Gàstina, ora, proprio lei che, poverina, faceva di tutto per salvar la commedia, resistendo al suo terrore di punto in punto crescente per quella persecuzione ostinata, feroce, della schifosa, maledettissima bestia.

Poi, mentre il Perres osserva quello che sembra esser il crollo della sua commedia, Gàstina urla e poi crolla — sviene tra le braccia del prelato! La commedia si ferma!

A un tratto Faustino Perres vide l’abisso spalancarglisi davanti agli occhi sulla scena, e si recò le mani al volto, a un grido improvviso, acutissimo della Gàstina, che s’abbandonava tra le braccia di Sua Eminenza.

Fui pronto a trascinarmelo via, mentre dalla scena gli attori si trascinavano a loro volta la Gàstina svenuta.

E poi…. e poi…. Faustino Perres arriva gradualmente a rendersi conto che gli spettatori sono in piedi, applaudendo, in segno di apprezzamento! Esulta il publico per apprezzare la verosimiglianza sul palcoscenico!

Nessuno, nel subbuglio del primo momento, là sul palcoscenico in iscompiglio, poté pensare a ciò che intanto accadeva nella sala del teatro. S’udiva come un gran frastuono lontano, a cui nessuno badava. Frastuono? Ma no, che frastuono! Erano applausi. – Che? – Ma sí! Applausi! applausi! Era un delirio d’applausi! Tutto il pubblico, levato in piedi, applaudiva da quattro minuti freneticamente, e voleva l’autore, gli attori al proscenio, per decretare un trionfo a quella scena dello svenimento, che aveva preso sul serio come se fosse nella commedia, e che aveva visto rappresentare con cosí prodigiosa verità.

(Ahahahahahaha! Il pubblico apprezza quanto sia reale il svenimento di Gàstina!)

Anche se è stato interrotto, la commedia è un trionfo! Povero Faustino Perres: applausi? ovazione? il suo lavoro è stato appena interrotto! ….nel mezzo del secondo atto! Sbalordito, ancora una volta il Perres si è ‘congelato’ sul posto. Al contrario, il capocomico, consapevole del fatto che la commedia è un trionfo, sa cosa dev’esser fatto: Faustino Perres deve salutare il suo pubblico adorante!

Che fare? Il capocomico, su tutte le furie, corse a prendere per le spalle Faustino Perres, che guardava tutti, tremando d’angosciosa perplessità, e lo cacciò con uno spintone fuori delle quinte, sul palcoscenico. Fu accolto da una clamorosa ovazione, che durò piú di due minuti. 

Il pubblico vuole di più! Vuole Gàstina…. vuole riconoscere l’attrice il cui lavoro li ha ispirati!

E altre sei o sette volte dovette presentarsi a ringraziare il pubblico che non si stancava d’applaudire, perché voleva alla ribalta anche la Gàstina.

– Fuori la Gàstina! Fuori la Gàstina!

Certo, Gàstina non è disponibile: è attualmente nel suo camerino, sopraffatta…. non completamente guarita dal suo crollo sul palcoscenico.

Ma come far presentare la Gàstina, che nel suo camerino si dibatteva ancora in una fierissima convulsione di nervi, tra la costernazione di quanti le stavano attorno a soccorrerla?

A questo punto, il capocomico appare sul palcoscenico per ‘spiegare’ perché povera Gàstina non è in grado di apparire.

Il capocomico dovette farsi al proscenio ad annunziare, dolentissimo, che l’acclamata attrice non poteva comparire a ringraziare l’eletto pubblico, perché quella scena, vissuta con tanta intensità, le aveva cagionato un improvviso malore, per cui anche la rappresentazione della commedia, quella sera, doveva essere purtroppo interrotta.

Grandissima ironia: la commedia di Faustino Perres è un trionfo…. e deve il suo successo al pipistrello! Qualcosa potrebbe andare peggio?

Si domanda a questo punto, se quel dannato pipistrello poteva rendere a Faustino Perres un servizio peggiore di questo.

In precedenza, il Perres aveva considerato il pipistrello come una scusa per salvare il suo ego se la commedia avesse fallito. Adesso, tuttavia, il pipistrello era responsabile per il trionfo del Perres…. un trionfo dovuto all’apparenza incontrollata / imprevedibile / non duplicabile del pipistrello sul palcoscenico.

Sarebbe stato in certo qual modo un conforto per lui attribuire a esso la caduta della commedia; ma dovergli ora il trionfo, un trionfo che non aveva altro sostegno che nel pazzo volo di quelle sue ali schifose!

Il Perres sa che sarà impossibile riprodurre quello che è successo stasera.

Riavutosi appena dal primo stordimento, ancora piú morto che vivo, corse incontro al capocomico che lo aveva spinto con tanta mala grazia sul palcoscenico a ringraziare il pubblico, e con le mani tra i capelli gli gridò:

– E domani sera?

Il capocomico non ha preoccupazioni del genere…. bisogna trovare un modo!

– Ma che dovevo dire? che dovevo fare? – gli urlò furente, in risposta, il capocomico. – Dovevo dire al pubblico che toccavano al pipistrello quegli applausi, e non a lei? Rimedii piuttosto, rimedii subito; faccia che tocchino a lei domani sera!

Ne segue una conversazione tra il povero Perres e il capocomico, cioè, i critici spiegheranno il trionfo! Ha bisogno di riveder il testo della commedia! Di aggiungere un pipistrello immaginario al secondo atto! gli attori sono professionisti! faranno sembrare loro l’azione reale!

– Già! Ma come? – domandò, con strazio, smarrendosi di nuovo, il povero Faustino Perres.

– Come! Come! Lo domanda a me, come?

– Ma se quello svenimento nella mia commedia non c’è e non c’entra, commendatore!

– Bisogna che lei ce lo faccia entrare, caro signore, a ogni costo! Non ha veduto che po’ po’ di successo? Tutti i giornali domattina ne parleranno. Non se ne potrà piú fare a meno! Non dubiti, non dubiti che i miei attori sapranno far per finta con la stessa verità ciò che questa sera hanno fatto senza volerlo.

Faustino Perres ha i suoi dubbi, ma il capocomico rimane fermo nelle sue convinzioni.

– Già… ma, lei capisce, – si provò a fargli osservare il Perres, – è andato cosí bene, perché la rappresentazione, lí, dopo quello svenimento, è stata interrotta! Se domani sera, invece, deve proseguire…

– Ma è appunto questo, in nome di Dio, il rimedio che lei deve trovare! – tornò a urlargli in faccia il commendatore.

A questo punto appare la Gàstina…. ricorda agli uomini che il loro pipistrello è vivo quindi può ancora apparire anche se il testo viene modificato.

Se non che, a questo punto:

– E come? e come? – venne a dire, calcandosi con ambo le mani sfavillanti d’anelli il berretto di pelo sui magnifici capelli, la piccola Gàstina già rinvenuta. – Ma davvero non capite che qua deve dirlo il pipistrello e non voi, signori miei?

Il capocomico, a quanto pare, può pensare solo in termini della sua interesse personale, cioè, un trionfo! il profitto! Sembra incapace di buon senso.

– Lei la finisca col pipistrello! – fremette il capocomico, facendolesi a petto, minaccioso.

Poi, Gàstina spiega razionalmente il pericolo intrinseco d’un pipistrello vivo.

– Io, la finisco? Deve finirla lei, commendatore! – rispose, placida e sorridente, la Gàstina, sicurissima di fargli cosí, ora, il maggior dispetto. – Perché, guardi, commendatore, ragioniamo: io potrei aver sotto comando uno svenimento finto, al secondo atto, se il signor Perres, seguendo il suo consiglio, ce lo mette. Ma dovreste anche aver voi allora sotto comando il pipistrello vero, che non mi procuri un altro svenimento, non finto ma vero al primo atto. O al terzo, o magari nel secondo stesso, subito dopo quel primo finto! Perché io vi prego di credere, signori miei, che sono svenuta davvero, sentendomelo venire in faccia, qua, qua, sulla guancia! E domani sera non recito, no, no, non recito, commendatore, perché né lei né altri può obbligarmi a recitare con un pipistrello che mi sbatte in faccia!

Il capocomico non ha risposta.

– Ah no, sa! Questo si vedrà! questo si vedrà! – le rispose, crollando il capo energicamente, il capocomico.

Tuttavia, il povero Faustino Perres sa cosa fare. La sua commedia è andato fuori controllo. È esausto, sconfitto. Decide di chiudere la commedia dopo una sola esibizione!

Ma Faustino Perres, convinto pienamente che la ragione unica degli applausi di quella sera era stata l’intrusione improvvisa e violenta di un elemento estraneo, casuale, che invece di mandare a gambe all’aria, come avrebbe dovuto, la finzione dell’arte, s’era miracolosamente inserito in essa, conferendole lí per lí, nell’illusione del pubblico, l’evidenza d’una prodigiosa verità, ritirò la sua commedia, e non se ne parlò piú.

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