Riassunto: La realtà del sogno

La novella La realtà del sogno (L Pirandello), secondo noi, affronta l’isteria, una caratteristica dei disturbi in cui un paziente manifesta sintomi fisici che hanno una causa psicologica.

Ecco qualche informazione generale di base sull’isteria:

Considerazione storica

Il termine medico ‘isteria’ deriva dalla parola greca ‘hystera’ che significa il grembo. Originariamente, isteria si è riferito a un legame / una connessione diretta tra alcuni disturbi nervosi ed alcune malattie degli organi riproduttivi femminili.

I Medici Charcot e Freud

Il neurologo francese Jean Martin Charcot ha concluso che l’isteria ha derivato da una particolare disposizione ereditaria. Poi, Sigmund Freud ha svilupatto la teoria che le esperienze di vita sono state la causa dei disturbi nervosi come l’isteria. Un’implicazione del lavoro del Freud era che l’isteria non sarebbe più identificata esclusivamente con le donne — cioè, per la prima volta, l’isteria era disaccoppiata dall’utero: per Freud, invece, l’isteria era il prodotto della malinterazione da un bambino con il mondo — in altre parole, si pensava che l’isteria fosse una malattia sociale o psicosomatica. Freud ha anche sottolineato un fattore quantitativo: la gravità dei sintomi isterici era direttamente proporzionale al numero d’incontri traumatici vissuti da bambino.

Considerazioni moderne

Nella psicologia e psichiatria moderna, l’isteria è considerata una caratteristica — un componenete, cioè — di molti disturbi psicologici in cui un paziente manifesta sintomi fisici.

***

La protagonista della storia, il cui nome rimane sconosciuto, è una donna interessante, di recente sposata, e sì, con un intelletto e carattere formidabile, ma anche con una personalità difettiva.

Tutto ciò che egli diceva, pareva avesse lo stesso valore incontestabile della sua bellezza; quasi che, non potendosi mettere in dubbio che fosse un bellissimo uomo, ma proprio bello tutto, non potesse parimenti esser mai contraddetto in nulla.

E non capiva niente, proprio non capiva niente di quanto avveniva in lei!

Nel paragrafo iniziale della storia, la donna reagisce, silenziosamente (cioè nella sua mente) ad alcune delle cose, detto in precedenza, da un’amico di suo marito…. cose detto presumibilmente su di lei. La donna non è d’accordo con molte delle dichiarazioni / affermazioni di lui. Sostiene invece che lui è ignorante, cioè che non sa nulla della sua storia o del suo sviluppo e, dunque, le sue opinioni sono irrilevanti. Crede anche che l’amico è sia arrogante e dogmatico: qua, il narratore sembra suggerire l’indignazione di questa donna…. in parte a causa del fatto che, in generale, un uomo di bell’aspetto può dire quello che gli piace — non importa se la sua opinione è mal informata, scarsamente ragionata, dogmatica: lui sarà ancora considerato credibile ed autorevole, anche solo per il suo aspetto fisico…. quando, ovviamente, è vero il contrario per una donna: più è bella lei, maggiori sono le possibilità d’esser ignorata o maltrattata.

E poi, siamo indotti a credere che questa donna sia oltraggiata(potremmo dire, cioè, che lei è ‘fit to be tied’) dalle parole dell’amico.

Nel sentire le interpretazioni che dava con tanta sicurezza, di certi suoi moti istintivi, di certe sue fors’anche ingiuste antipatie, di certi suoi sentimenti, le veniva la tentazione di graffiarlo, di schiaffeggiarlo, di morderlo.

Inoltre, la donna è arrabbiata a causa dell’incapacità, o riluttanza, del marito a difenderla. La donna crede che ciò sia dovuto alla ‘bisogno / dipendenza’ del marito: è un conciliatore, qualcuno che vuole / deve rispettare il suo amico, qualcuno che cerca d’evitar il conflitto. La donna sembra credere che la personalità / il carattere di suo marito gli impediscano di comprendere la verità su di lei.

Anche perché poi, con quella freddezza e sicurezza, e quell’orgoglio di bel giovine, veniva a mancarle in certi altri momenti, allorché le s’accostava, perché aveva bisogno di lei. Timido, umile, supplichevole, allora, come insomma in quei momenti ella non lo avrebbe desiderato; sicché, anche allora, per un altro verso si sentiva irritata; tanto che, pur essendo proclive a cedere, s’induriva restia; e il ricordo d’ogni abbandono, avvelenato sul più bello da quell’irritazione, le si cangiava in rancore.

Da parte sua, tuttavia, il marito immagina che sua moglie soffra ogni volta che affronta un altro uomo, qualsiasi uomo, e che la sua sofferenza sia dovuta a una ‘fissazione’, cioè, un ossessione o un blocco mentale.

Sosteneva che fosse una fissazione in lei l’impaccio, l’imbarazzo che diceva di provare davanti a tutti gli uomini.

Impariamo che quando dice ‘fissazione’, il marito intende suggerire che sua moglie ‘ossessiona’…. cioè, ogni volta che lei affronta un uomo, pensa troppo! Il marito crede che la fissazione si sposta dalla sua subconscia alla sua mente cosciente, manifestando come i sintomi fisici e un comportamento scontroso / asociale.

– Li provi, cara, perché ci pensi, – s’ostinava a ripeterle.

(Inutile dire che questo comportamento scontroso / asociale mette a disagio suo marito, in particolare quando lui è con i suoi amici.)

L’opinione di suo marito sconvolge la donna. Lei non è d’accordo! Dice, senza mezzi termini, che non esiste una ‘fissazione’. Crede che suo marito abbia dimenticato le sue esperienze da bambina, e in particolare il modo in cui è stata trattata da suo padre. No, no! l’idea che soffre d’una fissazione è falsa, non c’è nulla che possa essere banalizzato in questo modo. Invece, è difficile esser in presenza degli uomini (Dio mio!) a causa del modo in cui lei è stata allevata!

– Ci penso, caro, perché li provo! – ribatteva lei. – Che fissazione! Li provo. E così. E debbo ringraziarne mio padre, la bella educazione che m’ha data! Vuoi mettere in dubbio anche questo?

Successivamente, apprendiamo alcuni dettagli dell’infanzia della donna. Suo padre era, a tutti gli effetti, difficile…. costrinse sua figlia, in modi estremi, ad esser casta / pudica, a mantenere cioè la sua purezza: era iperprotettivo lui, al punto che sua figlia era essenzialmente ‘avvolta’ da società — ‘fasciata’ o ‘chiusa in clausura’.

Eh, almeno questo no, era sperabile. Ne aveva fatto esperienza lui stesso durante il fidanzamento. Nei quattro mesi prima del matrimonio, là, nella cittaduzza natale, non gli era stato concesso, non che di toccarle una mano, ma neppure di scambiare con lei due paroline a bassa voce.

Più geloso d’un tigre, il padre, le aveva inculcato fin da bambina un vero terrore degli uomini; non ne aveva ammesso mai uno, che si dice uno, in casa; e tutte le finestre chiuse; e le rarissime volte che la aveva condotta fuori, le aveva imposto d’andare a capo chino come le monache, e guardando a terra quasi a fare il conto dei ciottoli del selciato.

L’opinione della donna, quindi, è che, data la gelosia e la paranoia di suo padre, non c’è da meravigliarsi se lei soffre un imbarazzo eccessivo / anormale in presenza degli uomini.

Ebbene, che maraviglia se ora alla presenza d’un uomo provava quell’imbarazzo e non riusciva a guardar negli occhi nessuno e non sapeva più né parlare né muoversi?

Eppure…. nel tempo, il difetto di personalità della donna sembra essere leggermente migliorato. Dopotutto, è stata in grado di sviluppare e mantenere un rapporto con suo marito (si sono sposati sei anni fa). Questo non vuol dire, tuttavia, che sia guarita, che non ci siano più i difetti persistenti / latenti nella sua personalità: certo trova ancora difficile esser in presenza d’un uomo. Come lei descrive, sperimenta ancora un grado scomodo d’imbarazzo in tali situazioni e, il più delle volte, il suo imbarazzo la fa arrossire. Impariamo che il difetto di personalità pesa esageratamente (es.) lei capisce bene quanto appare cattiva e sciocca nella presenza d’un uomo. Di conseguenza, ha imparato ad evitare tali situazioni.

Già da sei anni, è vero, s’era liberata dall’incubo di quella feroce gelosia paterna; vedeva gente, per casa, per via; eppure… Non era più certamente quel puerile terrore di prima; ma quest’imbarazzo, ecco. I suoi occhi, per quanto si sforzassero, non potevano proprio sostenere lo sguardo di nessuno; la lingua, parlando, le s’imbrogliava in bocca; e d’improvviso, senza saper perché, si faceva in volto di bragia; per cui tutti potevano credere che le passasse per la mente chi sa che cosa, mentre proprio non pensava a nulla; e insomma si vedeva condannata a far cattive figure, a passare per sciocca, per stupida, e non voleva. 

Perché preferiscerebbe lei evitarle? perché in queste situazioni, il suo imbarazzo sembra esser spontaneo, imprevedibile ed incontrollabile.

Inutile insistere! Grazie al padre, doveva star chiusa, senza veder nessuno, per non provare almeno il dispetto di quello stupidissimo, ridicolissimo imbarazzo più forte di lei.

Poi apprendiamo che fino a poco tempo fa suo marito aveva avuto un gruppo piuttosto ampio degli amici maschi. Impariamo anche che la donna ha fatto tutto possibile per evitare loro, ma la sua evasione è stata interpretata come antipatia / ostilità. 

Gli amici, i migliori, quelli a cui egli teneva di più e che avrebbe voluto considerare come ornamento della sua casa, del piccolo mondo che, sei anni a dietro, sposando, aveva sperato di formarsi attorno, già s’erano allontanati a uno a uno. Sfido! Venivano in casa; domandavano:

– Tua moglie?

Sua moglie se n’era scappata a precipizio al primo squillo del campanello. Fingeva d’andare a chiamarla; andava davvero; si presentava con la faccia afflitta, le mani aperte, pur sapendo che sarebbe stato inutile; che la moglie lo avrebbe fulminato con gli occhi accesi d’ira e gli avrebbe gridato tra i denti: «Stupido!»; voltava le spalle e ritornava, Dio sa come dentro, di fuori sorridente, ad annunziare:

– Abbi pazienza, caro, non si sente bene, s’è buttata sul letto.

Suo marito (poverino), di conseguenza, ha sofferto come, uno per uno, gli amici si sono spostati su.

E una e due e tre volte; alla fine, si sa, s’erano stancati. Poteva loro dar torto?

Di recente, suo marito è stato lasciato con un piccolo gruppo di amici, due o tre…. uno dei quali, il suo migliore amico, è detto d’esser di bell’aspetto, intelligente, ben istruito, supponente; è insomma uno che sceglie d’ostentare le sue opinioni, costringendole sugli altri.

Ne restavano ancora due o tre, più fedeli o più coraggiosi. E questi, almeno questi voleva difenderseli, uno specialmente, il più intelligente di tutti, dotto sul serio e odiatore della pedanteria, fors’anche un po’ per ostentazione; giornalista argutissimo; insomma, amico prezioso.

Successivamente, apprendiamo che ci sono state volte in cui la donna non è stata in grado d’evitare gli amici di suo marito e che, spesso, era (perlomeno esternamente) affascinante, vivace, coinvolgente e gentile! tutt’altro, in altre parole, della sua reputazione.

Qualche volta da questi pochi amici superstiti sua moglie s’era fatta vedere, o perché colta di sorpresa, o perché, in un momento buono, s’era arresa alla preghiera di lui. E nossignori, non era vero niente che avesse fatto cattiva figura: tutt’altro!

Certo suo marito, sempre il conciliatore, sempre ignaro, ha colto questi momenti come un segno di speranza, di progresso, e quindi non ha esitato a lodarla calorosamente.

– Perché quando non ci pensi, vedi… quando t’abbandoni al tuo naturale… tu sei vivace…

– Grazie!

– Tu sei intelligente…

– Grazie!

– E sei tutt’altro che impacciata, te lo assicuro io! Scusa, che gusto avrei a farti fare una cattiva figura? Parli con franchezza, ma sì, anche troppa talvolta… sì, sì, graziosissima, te lo giuro! T’accendi tutta, e gli occhi… altroché non saper guardare! ti sfavillano, cara mia… E dici, e dici cose anche ardite, sì… Ti maravigli? Non dico scorrette… ma ardite per una donna; con scioltezza, con disinvoltura, con spirito insomma, te lo giuro!

Dopo qualche tempo, tuttavia, la donna ha trovato tali elogi sconcertante e difficile da accettare, non importa quanto soddisfatta possa essersi sentita. Era vero che sembrava tranquilla ed assorto / preso agli altri, ma durante quest’episodi soffriva ancora di turbamento / agitazione interiore, cioè era spesso imbarazzata ed arrossiva ripetutamente.

S’infervorava nelle lodi, notando ch’ella, pur protestando di non credere affatto, ne provava in fondo piacere, arrossiva, non sapeva se sorridere o aggrottar le ciglia.

La donna non corregge suo marito, anche se crede fermamente che si sbagli: forse non sia nella sua natura, e, più probabilmente, pensiamo, non sia qualcosa comoda a causa delle sue esperienze d’infanzia: lei non è ancora nell’abitudine, pur dopo sei anni di matrimonio, di parlare contro suo marito, cioè di difendersi.

– E così, è proprio così; credi, è una vera fissazione la tua…

Avrebbe dovuto metterlo almeno in apprensione il fatto che ella non protestava contro questa sua cento volte asserita «fissazione», e accoglieva quelle lodi sul suo parlar franco e disinvolto e finanche ardito, con evidente compiacimento.

Quando e con chi aveva ella parlato così?

A questo punto della storia, vengono spiegate alcune delle opinioni dell’amico: scopriamo che le sue opinioni sono state espresse in una conversazione a casa loro (una conversazione che durata più di due ore). Riflettendo sulla conversazione, ovviamente in silenzio, la donna ammette che alcune delle sue opinioni potrebbero esser ingiuste…. ‘colorate’ come sono dalle sue esperienze d’infanzia. Ma, è migliorata lei, e infatti le sue opinioni non si estendono oggi a tutti gli uomini…. solo a coloro che sono maleducati, vale a dire arroganti, detestabili / insopportabili, troppo sicuri di sé, dogmatici.

Pochi giorni addietro, con l’amico «prezioso»; con quello che le era, naturalmente, il più antipatico di tutti. È vero che ella ammetteva l’ingiustizia di certe sue antipatie, e che sopra tutti antipatici diceva quegli uomini, davanti ai quali si sentiva più imbarazzata.

E quindi, quali sono le opinioni dell’amico? In sostanza, crede che alcune donne vivano le sue vite senza sforzo…. sono tranquille e a loro agio con se stesse, si sentono comodo ‘in their own skin’, accettano loro chi sono e il mondo così com’è. Queste donne, osserva, valgono la pena di identificarsi perché sarebbe un piacere stare con loro. Questo è al contrario alle altre donne che, forse a causa delle loro esperienze, sono essenzialmente l’opposto…. sono turbati, tormentati e hanno problemi: possono negare chi sono, tipicamente sono insoddisfatti del mondo e possono non collaborare facilmente. Come tale, ovviamente, non sarebbe divertenti per esser in giro con loro.

Ma ora il compiacimento d’aver saputo parlare davanti a quello anche con improntitudine, proveniva dal fatto che costui, (certo per pungerla sotto sotto) in una lunga discussione su l’eterno argomento dell’onestà delle donne, aveva osato sostenere che il soverchio pudore accusa infallibilmente un temperamento sensuale; sicché c’è da diffidare d’una donna che arrossisce di nulla, che non osa alzar gli occhi perché crede di scoprire da per tutto un attentato al proprio pudore, e in ogni sguardo, in ogni parola un’insidia alla propria onestà. Vuol dire che questa donna ha l’ossessione di immagini tentatrici; teme di vederle dovunque; se ne turba al solo pensiero. Come no? Mentre un’altra, tranquilla di sensi, non ha affatto di questi pudori e può parlare senza turbarsi anche di certe intimità amorose, non pensando che ci possa esser nulla di male in una… che so, in una camicetta un po’ scollata, in una calza traforata, in una gonna che lasci scorgere appena appena qualcosa più su del ginocchio.

E come fa un uomo ad individuare / identificare una di queste donne difficili? Ebbene…. per la sua insincerità! Dopotutto lei falsificherà una certa modestia / castità, negherà la sua sessualità, fingerà imbarazzo, arrossiscerà ripetutamente, falsificherà appagamento / contentezza.

Con questo, badiamo, non diceva mica che una donna, per non essere creduta sensuale, dovesse mostrarsi sfacciata, sguajata e far vedere quello che non si deve far vedere. Sarebbe stato un paradosso. Egli parlava del pudore. E il pudore per lui era la vendetta dell’insincerità. Non che non fosse sincero per se stesso. Era anzi sincerissimo, ma come espressione della sensualità. Insincera è la donna che voglia negare la sua sensualità mostrando in prova il rosso del suo pudore su le guance. E questa donna può essere insincera anche senza volerlo, anche senza saperlo. Perché nulla è più complicato della sincerità. Fingiamo tutti spontaneamente, non tanto innanzi agli altri, quanto innanzi a noi stessi; crediamo sempre di noi quello che ci piace credere, e ci vediamo non quali siamo in realtà, ma quali presumiamo d’essere secondo la costruzione ideale che ci siamo fatta di noi stessi. Così può avvenire che una donna, anche a sua insaputa sensualissima, sinceramente creda d’esser casta e di provare sdegno e ribrezzo della sensualità, per il solo fatto che arrossisce di nulla. Questo arrossir di nulla, che è per se stesso espressione sincerissima della reale sensualità di lei, è assunto invece come prova della creduta castità; e, così assunto, diventa naturalmente insincero.

(Cari lettori, non dobbiamo eliminare dal mondo la misoginia?)

A questo punto della storia, comprendiamo che la donna è abbastanza intelligente da riconoscere che le osservazioni dell’amico non si applicano a lei. Le sue opinioni, in altre parole, ‘miss the mark’; le esperienze di vita della donna significano che le opinioni dell’amico possono essere tranquillamente ignorate…. che il suo dogmatismo non si applica a lei.

– Via, signora, – aveva concluso alcune sere fa quell’amico prezioso, – la donna, per sua natura (salve, s’intende, le eccezioni) è tutta nei sensi. Basta saperla prendere, accendere e dominare. Le troppo pudiche non hanno neppur bisogno d’essere accese: s’accendono, avvampano subito da sé, appena toccate.

Come spieghiamo in precedenza, la donna è indignata / oltraggiata dall’incapacità del marito di difenderla. Il suo fallimento, immaginiamo, debba essere sembrato un tradimento.

Non aveva dubitato un momento, ella, che tutto questo discorso si riferisse a lei; e, appena andato via l’amico, s’era rivoltata ferocemente contro il marito, che durante la lunga discussione non aveva fatto altro che sorridere come uno scimunito e approvare.

– M’ha insultata in tutti i modi per due ore, e tu, tu invece di difendermi, hai sorriso, hai approvato, lasciandogli intendere così, ch’era vero quel che diceva, perché tu, mio marito, eh tu, tu lo potevi sapere…

Il marito può infatti esser ben intenzionato e timido, ma ora vediamo che ha poco apprezzamento del punto di vista di sua moglie: invece, sembra aver adottato le opinioni dell’amico!

– Ma che cosa? – aveva esclamato lui, trasecolato. – Tu farnetichi… Io? che tu sii sensuale? Ma che dici? Se quello parlava della donna in genere, che c’entri tu? Ma se avesse per poco sospettato che tu potessi riferire a te il suo discorso, non avrebbe aperto bocca! E poi, scusa, come poteva crederlo, se non ti sei mostrata affatto con lui quella donna pudibonda di cui egli parlava? Non hai mica arrossito; hai difeso con impeto, con fervore la tua opinione. E io ho sorriso perché me ne compiacevo, perché vedevo la prova di quanto ho sempre detto e sostenuto, che cioè quando tu non ci pensi, non sei punto impacciata, punto imbarazzata: e che tutto codesto tuo presunto imbarazzo non è altro che fissazione. Che c’entra il pudore, di cui quello ti parlava?

(A questo punto della storia ci ammettiamo d’esser un po’ confusi: dopotutto, il marito e la moglie hanno espresso interpretazioni divergenti di ciò che è accaduto durante la conversazione di due ore…. possiamo solo chiedere, Quale di queste opinioni è più giusta?)

La donna non discute. (Questo, ovviamente, non è salutare per il suo matrimonio, perché può portare a risentimento.) Tuttavia, rimane ferma: lei è com’è non perché ha una fissazione (cioè, non perché è isterica); piuttosto, è il prodotto del modo in cui è stata trattata da bambina.

Non aveva trovato da rispondere a questa giustificazione del marito. S’era chiusa in sé, cupa, a rimuginare perché si fosse sentita così a dentro ferire dal discorso di colui. Non era pudore, no, no e no, non era pudore il suo, quel tal pudore schifoso di cui quegli parlava; era imbarazzo, imbarazzo, imbarazzo; ma certo un maligno come quello poteva scambiare per pudore quell’imbarazzo, e perciò crederla una… una a quel modo, ecco!

Ancora una volta, la donna esprime la sua convinzione che sia ignaro suo marito.

Se veramente, però, non s’era mostrata imbarazzata, come il marito asseriva; l’imbarazzo tuttavia lo provava; poteva qualche volta vincerlo, forzarsi a non mostrarlo; ma lo provava. Ora, se il marito negava in lei quest’imbarazzo, voleva dire che non s’accorgeva di nulla. Non si sarebbe perciò neanche accorto se quest’imbarazzo fosse in lei un’altra cosa, cioè quel tal pudore di cui quello aveva parlato.

A questo punto, la storia prende una svolta inaspettata e drammatica. La donna, stimolata dal suo tumulto interiore, sperimenterà una rivelazione…. sotto forma d’un sogno!

Possibile? Ah Dio, no! Il solo pensiero le faceva schifo, orrore.

Eppure…

Fu nel sogno la rivelazione.

(Riteniamo che il Pirandello abbia scelto apposta di descrivere il sogno come una rivelazione…. era un commento su un altro contributo di Freud al campo della psicoanalisi: https://psychclassics.yorku.ca/Freud/Dreams/dreams.pdf )

Impariamo che la donna sogna d’un incontro sessualmente carico con l’amico di suo marito! Il sogno sembra di vagare…. da una vera discussione all’intimità!

Cominciò come una sfida, quel sogno, come una prova, a cui quell’uomo odiosissimo la sfidasse, in seguito alla discussione avuta con lei tre sere avanti.

Ella doveva dimostrargli che non avrebbe arrossito di nulla; che egli poteva fare su lei qualunque cosa gli piacesse, ch’ella non si sarebbe né turbata né punto scomposta.

Ed ecco, egli cominciava con fredda audacia la prova. Le passava prima lievemente una mano sul volto. AI tocco di quella mano ella faceva uno sforzo violento su se stessa per nascondere il brivido che le correva per tutta la persona, e non velare lo sguardo e tener fermi e impassibili gli occhi e appena sorridente la bocca. Ed ecco, ora egli le accostava le dita alla bocca; le rovesciava delicatamente il labbro inferiore e annegava lì, nell’interno umidore, un bacio caldo, lungo, d’infinita dolcezza. Ella serrava i denti; s’interiva tutta per dominare il tremito, il fremito del corpo; e allora egli prendeva tranquillamente a denudarle il seno, e… Che c’era di male? No no, nulla, nulla di male. Ma… oh Dio, no… egli s’indugiava perfidamente nella carezza… no, no… troppo… e… Vinta, perduta, dapprima senza concedere, cominciava a cedere, non per forza di lui, no, ma per il languore spasimoso del suo stesso corpo; e alla fine…

Poi — improvvisamente, violentemente — la donna si sveglia dal sogno.

Ah! Balzò dal sogno convulsa, disfatta, tremante, piena di ribrezzo e d’orrore.

Inorridita, controlla per accertarsi che suo marito sia ancora addormentato…. inconsapevole, cioè, di ciò che è appena accaduto.

Guatò il marito, che le dormiva ignaro accanto; e l’onta che sentiva per sé si cangiò subito in abominazione per lui, come se lui fosse cagione dell’ignominia di cui provava ancora il piacere e il raccapriccio: lui, lui per la stupida ostinazione d’accogliere in casa quegli amici.

La donna si rende conto adesso che ha appena tradito suo marito nel sogno!

Ecco: ella lo aveva tradito in sogno; tradito, e non ne aveva rimorso, no, ma rabbia per sé, d’essere stata vinta, e rancore, rancore contro di lui, anche perché in sei anni di matrimonio non aveva saputo mai, mai farle provare quel che aveva or ora provato in sogno, con un altro.

Ah, tutta nei sensi… Dunque, era vero?

(L’ironia della situazione è, secondo noi, enorme, travolgente, quasi schiacciante. La donna sembra chiedersi, Dopotutto era corretto mio padre? e forse altrettanto importante, Era giustificata l’opinione dell’amico?)

Con fervore (immaginiamo anche con un po’ di disperazione) la donna incolpa il marito per il sogno!

No, no. La colpa era di lui, del marito che, non volendo credere al suo imbarazzo, la forzava a vincersi, a far violenza alla sua natura, la esponeva a quelle prove, a quelle sfide, dond’era nato il sogno. Come resistere a una tal prova? La aveva voluta lui, il marito. E questo era il castigo. Ne avrebbe goduto, se dalla gioja maligna che provava al pensiero del castigo per lui, avesse potuto staccare l’onta che provava per sé.

Si chiede, E ora? cioè, Come posso andare avanti con la vita dopo questo mio tradimento?

E ora?

Il giorno dopo è difficile. La donna è silenziosa, isolata dai suoi pensieri, con la sua costernazione…. incapace di parlare con suo marito.

L’urto avvenne nel pomeriggio del giorno appresso, dopo il duro silenzio mantenuto per tutta la giornata contro ogni insistente domanda del marito, che voleva sapere perché fosse così e che cosa le fosse accaduto.

Alla fine, suo marito annuncia che il suo amico (l’amante!) verrà a trovarci. Poco dopo, l’amico arriva.

Avvenne all’annunzio della solita visita di quell’amico prezioso.

Udendo nella saletta d’ingresso la voce di lui, ella sussultò, d’improvviso scontraffatta. Un’ira furibonda le guizzò negli occhi. Saltò addosso al marito e, fremente da capo a piedi, gl’intimo di non ricevere quell’uomo.

La donna, adesso più disperata che mai, rifiuta violentemente d’esser alla presenza dell’amico.

– Non voglio! Non voglio! Fallo andar via!

(Immaginiamo che la donna non abbia ancora avuto il tempo sufficiente per riordinare i suoi sentimenti, cioè, per capire il significato del suo sogno. Lei sembra anche temere di non esser in grado di controllare le sue emozioni quinde lei è a rischio rivelare il contenuto del suo sogno.)

Suo marito, ignaro, non comprende.

Egli restò in prima, più che stupito, quasi sgomento di quello scatto furioso. Non potendo comprendere la ragione di tanta ripugnanza, quando già credeva che l’amico anzi, per quanto egli aveva detto dopo quella discussione, fosse entrato un po’ nelle grazie di lei, s’irritò fieramente all’assurda, perentoria intimazione.

A questo punto, il marito si arrabbia a causa del comportamento inspiegabile di sua moglie; si scaglia contro sua moglie e chiede al loro serva di scortare l’amico da casa loro.

– Ma tu sei pazza, o vuoi farmi impazzire! Debbo perdere davvero per la tua stupida follia tutti gli amici?

E, divincolandosi da lei, che gli s’era aggrappata addosso, ordinò alla serva di far passare il signore.

La donna si ritira in un’altra stanza; si nasconde, da sola. Soffre da significativi disordini interiori…. solo il suono della voce dell’amico è sufficiente a spingere / indurre il ricordo del suo sogno. Cosa farebbe, come reagirebbe se l’amico la toccasse? Oh Dio!

Ella balzò a rintanarsi nella camera accanto, lanciandogli, prima di scomparire dietro la portiera, uno sguardo d’odio e di sprezzo.

Cascò su la poltrona, come se le gambe d’un tratto le si fossero stroncate; ma tutto il sangue le frizzava per le vene e tutto l’essere le si rivoltava dentro, in quell’abbandono disperato, udendo attraverso l’uscio chiuso le espressioni di festosa accoglienza del marito a colui, con cui ella la notte avanti, nel sogno, lo aveva tradito. E la voce di quell’uomo… oh Dio… le mani, le mani di quell’uomo…

Poco dopo, la donna, sopraffatta dall’emozione, crolla sul pavimento, incosciente.

D’improvviso, mentre si convelleva tutta su la poltrona, strizzandosi con le dita artigliate le braccia e il seno, cacciò un urlo e cadde a terra, in preda a una spaventosa crisi di nervi, a un vero assalto di pazzia.

Entrambi l’amico, ancora in casa, e il marito sentono il tonfo del corpo dopo il collasso. Si precipitano nella stanza; il marito tenta di sollevarla dal pavimento. L’amico lo assiste e, così facendo, la tocca. All’improvviso, lei inizia a tremare, violentemente.

I due uomini si precipitarono nella camera; restarono un istante atterriti alla vista di lei che si contorceva per terra come una serpe, mugolando, ululando; il marito si provò a sollevarla; l’amico accorse ad ajutarlo. Non l’avesse mai fatto! Sentendosi toccata da quelle mani, il corpo di lei, nell’incoscienza, nell’assoluto dominio dei sensi ancor memori, prese a fremere tutto, d’un fremito voluttuoso; e, sotto gli occhi del marito, s’aggrappò a quell’uomo, chiedendogli smaniosamente, con orribile urgenza, le carezze frenetiche del sogno.

Inorriditi, i due uomini riescono a spostare il corpo su un letto.

Inorridito, egli la strappò dal petto dell’amico: ella gridò, si dibatté, poi gli si arrovesciò tra le braccia quasi esanime, e fu messa a letto.

I due uomini si guardarono esterrefatti, non sapendo che pensare, che dire.

Nessuno degli uomini è a conoscenza del sogno. Gli uomini lasciano la stanza, e il marito fa una scusa per quello che è successo.

L’innocenza era così evidente nello sbalordimento doloroso dell’amico che nessun sospetto fu possibile al marito. Lo invitò ad uscire dalla camera; gli disse che dalla mattina la moglie era turbata, in uno stato di strana alterazione nervosa; lo accompagnò fino alla porta, domandandogli scusa se lo licenziava per quel doloroso, improvviso incidente; e ritornò di corsa alla camera di lei.

Il marito ritorna nella stanza dopo la partenza dell’amico. Sua moglie è ovviamente malata; non più in controllo delle sue emozioni, urla: Il sogno! il sogno!

La ritrovò sul letto, già rinvenuta, aggruppata come una belva, con gli occhi in vetrati; tremava in tutte le membra, come per freddo, con scatti violenti e sussultava di tratto in tratto.

Com’egli le si fece sopra, fosco, per domandarle conto di quanto era accaduto, ella lo respinse con ambo le braccia e a denti stretti, con voluttà dilaniatrice gli avventò in faccia la confessione del tradimento. Diceva, con un sorriso convulso, malvagio, stringendosi in sé e aprendo le mani:

– Nel sogno!… Nel sogno!…

La donna, completamente scombussolata / sconcertata dal sogno, crede d’aver tradito suo marito. Non è più in grado di distinguere la finzione dalla realtà.

E non gli fece grazia d’alcun particolare. Il bacio nell’interno del labbro… la carezza sul seno… Con la perfida certezza ch’egli, pur sentendo come lei che quel tradimento era una realtà e, come tale, irrevocabile e irreparabile, perché consumato e assaporato fino all’ultimo, non poteva imputarglielo a colpa. Il suo corpo – egli poteva batterlo, straziarlo, dilaniarlo – ma eccolo qua, era stato d’un altro, nell’incoscienza del sogno. Non esisteva nel fatto, per quell’altro, il tradimento; ma era stato e rimaneva qua, qua, per lei, nel suo corpo che aveva goduto, una realtà.

La storia termina con una nota profondamente ambigua. Chi è la colpa qui? Chi è giustificato? Soffre la donna di isteria?

Di chi la colpa? E che poteva egli farle?

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